La guida di Alberto

Alberto
La guida di Alberto

Cose da Fare a Genova

Benvenuti alla scoperta del centro storico di Genova pronti per iniziare un nuovo viaggio alla scoperta di una città nascosta che ha molto da offrire. Un viaggio che si snoda attraverso il nucleo della città vecchia organizzato nel dedalo di vicoli (caruggi) di origine medievale che si sviluppa - da est ad ovest - Potrai aggirarti comodamente e sempre a piedi per il centro storico, visitando gli antichi Palazzi dei Rolli e mangiando nelle rosticcerie e botteghe tipiche, ripercorrendo i passi di un giovane Fabrizio De Andrè nei suoi vicoli o contando il numero dei campanili che assordarono il giovane Charles Dickens Chiuso nella sua Pink Jail.
Il Palazzo Reale o Palazzo Stefano Balbi è uno dei maggiori edifici storici di Genova inserito il 13 luglio del 2006 nella lista tra i 42 palazzi iscritti ai Rolli di Genova, divenuti in tale data patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. È un polo museale costituito dalla dimora storica, dall'annesso giardino e dalla pinacoteca, la galleria di Palazzo Reale che costituisce una delle principali quadrerie cittadine. Situato in via Balbi 10, a poca distanza dalla sede universitaria e dalla stazione ferroviaria di Genova Piazza Principe, fa parte di un importante complesso architettonico sei-settecentesco in stile barocco genovese, del quale sono conservati intatti gli interni di rappresentanza, dagli affreschi agli stucchi, dai quadri agli arredi. Nel 2015 il Palazzo Reale di Genova ha fatto registrare 66 625 visitatori.
108 recommandé par les habitants
Palais royal de Gênes
10 Via Balbi
108 recommandé par les habitants
Il Palazzo Reale o Palazzo Stefano Balbi è uno dei maggiori edifici storici di Genova inserito il 13 luglio del 2006 nella lista tra i 42 palazzi iscritti ai Rolli di Genova, divenuti in tale data patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. È un polo museale costituito dalla dimora storica, dall'annesso giardino e dalla pinacoteca, la galleria di Palazzo Reale che costituisce una delle principali quadrerie cittadine. Situato in via Balbi 10, a poca distanza dalla sede universitaria e dalla stazione ferroviaria di Genova Piazza Principe, fa parte di un importante complesso architettonico sei-settecentesco in stile barocco genovese, del quale sono conservati intatti gli interni di rappresentanza, dagli affreschi agli stucchi, dai quadri agli arredi. Nel 2015 il Palazzo Reale di Genova ha fatto registrare 66 625 visitatori.
L'area interessata, detta comunemente anche "Expo", avendo ospitato le esposizioni dell'Expo '92 Genova, si estende in lunghezza da Piazza Cavour fino a Ponte Parodi ed è costeggiato, nel lato a monte, dalla strada sopraelevata. Il suo totale restauro è stato completato nel 1992 su progetto dell'architetto Renzo Piano, in occasione delle celebrazioni del cinquecentenario della scoperta dell'America. Per la gestione dell'area, considerata il nuovo waterfront della Genova del terzo millennio, fu costituita un'apposita società, la Porto Antico di Genova S.p.A., a partecipazione mista ma controllata dal Comune di Genova.
57 recommandé par les habitants
Porto Antico
57 recommandé par les habitants
L'area interessata, detta comunemente anche "Expo", avendo ospitato le esposizioni dell'Expo '92 Genova, si estende in lunghezza da Piazza Cavour fino a Ponte Parodi ed è costeggiato, nel lato a monte, dalla strada sopraelevata. Il suo totale restauro è stato completato nel 1992 su progetto dell'architetto Renzo Piano, in occasione delle celebrazioni del cinquecentenario della scoperta dell'America. Per la gestione dell'area, considerata il nuovo waterfront della Genova del terzo millennio, fu costituita un'apposita società, la Porto Antico di Genova S.p.A., a partecipazione mista ma controllata dal Comune di Genova.
La Villa del Principe, Palazzo del Principe o Palazzo di Andrea Doria a Fassolo (Lingua ligure: Villa do Prinçipe o Paxo do Dria Döia) è una delle principali ville storiche di Genova, edificata nel Cinquecento in una zona che, al tempo della costruzione della villa, si trovava fuori delle mura della città. Costruita come residenza strettamente privata del principe ammiraglio genovese Andrea Doria - che pure vi ricevette sovrani e diplomatici di ogni nazione - non fu censita come Palazzo dei Rolli della Repubblica di Genova in quanto si trattava di una villa suburbana e non di un palazzo di città. Dalla sua reggia, posta immediatamente al di fuori dall'antica porta di San Tomaso, verso Capo di Faro ove sorge la Lanterna, Andrea Doria manteneva la sua influenza sulla città pur rimanendo a distanza dal Palazzo Ducale, dove l'oligarchia aristocratica decideva ufficialmente le sorti della città in seguito alla restaurazione della Repubblica oligarchica. Ancora di proprietà degli eredi Doria Pamphilj, la villa del Principe e il suo parco sono aperti al pubblico come istituzione museale.
53 recommandé par les habitants
Villa del Principe
4 Piazza del Principe
53 recommandé par les habitants
La Villa del Principe, Palazzo del Principe o Palazzo di Andrea Doria a Fassolo (Lingua ligure: Villa do Prinçipe o Paxo do Dria Döia) è una delle principali ville storiche di Genova, edificata nel Cinquecento in una zona che, al tempo della costruzione della villa, si trovava fuori delle mura della città. Costruita come residenza strettamente privata del principe ammiraglio genovese Andrea Doria - che pure vi ricevette sovrani e diplomatici di ogni nazione - non fu censita come Palazzo dei Rolli della Repubblica di Genova in quanto si trattava di una villa suburbana e non di un palazzo di città. Dalla sua reggia, posta immediatamente al di fuori dall'antica porta di San Tomaso, verso Capo di Faro ove sorge la Lanterna, Andrea Doria manteneva la sua influenza sulla città pur rimanendo a distanza dal Palazzo Ducale, dove l'oligarchia aristocratica decideva ufficialmente le sorti della città in seguito alla restaurazione della Repubblica oligarchica. Ancora di proprietà degli eredi Doria Pamphilj, la villa del Principe e il suo parco sono aperti al pubblico come istituzione museale.
La fondazione del complesso si deve a Fra Guglielmo de Vultabio o Voltaggio (commendatore del Sovrano militare ordine di Malta ). Il complesso serviva principalmente come ricovero per i pellegrini diretti in Terrasanta, all'epoca delle crociate (da Genova salpava infatti in quegli anni la terza crociata).
20 recommandé par les habitants
Church of St. John of Prè
1 Piazza della Commenda
20 recommandé par les habitants
La fondazione del complesso si deve a Fra Guglielmo de Vultabio o Voltaggio (commendatore del Sovrano militare ordine di Malta ). Il complesso serviva principalmente come ricovero per i pellegrini diretti in Terrasanta, all'epoca delle crociate (da Genova salpava infatti in quegli anni la terza crociata).
La stazione di Darsena è una stazione della metropolitana di Genova. Si tratta di una stazione sotterranea, posta sotto via Gramsci.Al suo interno è presente l'allestimento della mostra permanente ArcheoMetro, che tramite plastici e pannelli informativi mostra lo sviluppo del Porto di Genova nei secoli. La banchina (che si trova a una profondità di oltre 12 metri) è centrale con i due binari ai lati, tipologia già adottata per le fermate Principe e San Giorgio.
9 recommandé par les habitants
Darsena station
9 recommandé par les habitants
La stazione di Darsena è una stazione della metropolitana di Genova. Si tratta di una stazione sotterranea, posta sotto via Gramsci.Al suo interno è presente l'allestimento della mostra permanente ArcheoMetro, che tramite plastici e pannelli informativi mostra lo sviluppo del Porto di Genova nei secoli. La banchina (che si trova a una profondità di oltre 12 metri) è centrale con i due binari ai lati, tipologia già adottata per le fermate Principe e San Giorgio.
624 recommandé par les habitants
Aquarium de Gênes
Ponte Spinola
624 recommandé par les habitants
Palazzo San Giorgio rientra nel Progetto nazionale “Beni promossi dai volontari FAI”: luoghi di particolare interesse storico e culturale che le Delegazioni si impegnano a far conoscere, aprendoli per eventi e iniziative.
20 recommandé par les habitants
Palazzo di San Giorgio
2 Palazzo San Giorgio
20 recommandé par les habitants
Palazzo San Giorgio rientra nel Progetto nazionale “Beni promossi dai volontari FAI”: luoghi di particolare interesse storico e culturale che le Delegazioni si impegnano a far conoscere, aprendoli per eventi e iniziative.
Railway Principe - Granarolo
4 Piazza del Principe
Via Magazzini del Cotone
Via Magazzini del Cotone
La Cattedrale di San Lorenzo si trova al centro della città medievale ed è circondata da edifici di grande valore religioso e civile: il battistero, il palazzo arcivescovile, il chiostro di San Lorenzo e il Palazzo Ducale. La Cattedrale di San Lorenzo, in passato stretta tra vicoli e piazzette, venne liberata dall'isolamento nell'Ottocento con la creazione di piazza Matteotti e via San Lorenzo e l'ingrandimento di piazza San Lorenzo. Sulla fondazione della cattedrale i pareri degli studiosi sono discordi: probabilmente la chiesa di San Lorenzo doveva essere già cattedrale dal Vl secolo come recenti studi hanno dimostrato, mentre secondo la tradizione la prima cattedrale fino al IX secolo fu la chiesa di San Siro e a San Lorenzo si trovava una basilica, sede del vescovo di Milano (in fuga per l'invasione dei Longobardi). Fu ristrutturata nel XI secolo quando Genova divenne una grande potenza economica e ricostruita in forme romaniche dai Maestri Antelami nel XII secolo (la consacrazione è del 1118, ma i lavori si protrassero per i decenni seguenti). Già nel 1118 papa Gelasio ne consacrò una prima parte. Attorno al 1225 venne operata una radicale trasformazione secondo i canoni gotici: maestranze francesi, su modello delle chiese della Francia settentrionale (il progettista era franco-normanno e si avvalse del Maestro dell'Arca del Battista, scultore francese), lavorarono alla facciata e all'atrio interno. Della chiesa precedente furono conservati una parte dell'abside e del coro, i fianchi e i portali laterali e alcune parti della navata centrale. Il cantiere subì varie disavventure: fu prima interrotto, quindi subì un incendio (1296), quindi nei secoli seguenti si realizzarono nuovi interventi alla facciata (1476), alla torre nord (la loggetta venne terminata attorno al 1445) e alla torre nord (terminata nel 1522). Ma anche l'interno subì continui interventi: come nell'abside (ristrutturata attorno al 1520 e quindi nel Seicento) e come nella sistemazione degli altari e delle cappelle laterali.
153 recommandé par les habitants
Cathédrale Saint-Laurent - Cathédrale de Gênes
Piazza San Lorenzo
153 recommandé par les habitants
La Cattedrale di San Lorenzo si trova al centro della città medievale ed è circondata da edifici di grande valore religioso e civile: il battistero, il palazzo arcivescovile, il chiostro di San Lorenzo e il Palazzo Ducale. La Cattedrale di San Lorenzo, in passato stretta tra vicoli e piazzette, venne liberata dall'isolamento nell'Ottocento con la creazione di piazza Matteotti e via San Lorenzo e l'ingrandimento di piazza San Lorenzo. Sulla fondazione della cattedrale i pareri degli studiosi sono discordi: probabilmente la chiesa di San Lorenzo doveva essere già cattedrale dal Vl secolo come recenti studi hanno dimostrato, mentre secondo la tradizione la prima cattedrale fino al IX secolo fu la chiesa di San Siro e a San Lorenzo si trovava una basilica, sede del vescovo di Milano (in fuga per l'invasione dei Longobardi). Fu ristrutturata nel XI secolo quando Genova divenne una grande potenza economica e ricostruita in forme romaniche dai Maestri Antelami nel XII secolo (la consacrazione è del 1118, ma i lavori si protrassero per i decenni seguenti). Già nel 1118 papa Gelasio ne consacrò una prima parte. Attorno al 1225 venne operata una radicale trasformazione secondo i canoni gotici: maestranze francesi, su modello delle chiese della Francia settentrionale (il progettista era franco-normanno e si avvalse del Maestro dell'Arca del Battista, scultore francese), lavorarono alla facciata e all'atrio interno. Della chiesa precedente furono conservati una parte dell'abside e del coro, i fianchi e i portali laterali e alcune parti della navata centrale. Il cantiere subì varie disavventure: fu prima interrotto, quindi subì un incendio (1296), quindi nei secoli seguenti si realizzarono nuovi interventi alla facciata (1476), alla torre nord (la loggetta venne terminata attorno al 1445) e alla torre nord (terminata nel 1522). Ma anche l'interno subì continui interventi: come nell'abside (ristrutturata attorno al 1520 e quindi nel Seicento) e come nella sistemazione degli altari e delle cappelle laterali.
19 recommandé par les habitants
Centro Storico
19 recommandé par les habitants
La funicolare del Righi regala al viaggiatore un panorama mozzafiato. Nella parte superiore del tracciato la pendenza si aggira intorno al 35%. Il percorso, fra gli stretti muretti che costeggiano i binari vi si aprirà regalandovi ben presto una splendida vista della città . La velocità è di circa 6 mt/s ma la pendenza del tratto superiore vi regalerà la sensazione di cadere a precipizio. Per gli amanti delle passeggiate panoramiche immersi nella natura, del trekking, del trail runner, della mountain bike il cui trasferimento è possibile sulla funicolare, al capolinea troverete il punto di partenza per quel che più amate fare a contatto con la natura. Consigliatissimo il percorso delle farfalle in primavera/estate.
18 recommandé par les habitants
Funicolare Zecca-Righi station
18 recommandé par les habitants
La funicolare del Righi regala al viaggiatore un panorama mozzafiato. Nella parte superiore del tracciato la pendenza si aggira intorno al 35%. Il percorso, fra gli stretti muretti che costeggiano i binari vi si aprirà regalandovi ben presto una splendida vista della città . La velocità è di circa 6 mt/s ma la pendenza del tratto superiore vi regalerà la sensazione di cadere a precipizio. Per gli amanti delle passeggiate panoramiche immersi nella natura, del trekking, del trail runner, della mountain bike il cui trasferimento è possibile sulla funicolare, al capolinea troverete il punto di partenza per quel che più amate fare a contatto con la natura. Consigliatissimo il percorso delle farfalle in primavera/estate.
Ci sono posti semplici che hanno un fascino molto particolare. L'Isola delle Chiatte (Island Barges) è uno di questi luoghi. In fondo al molo che ospita l' Acquario di Genova sono state ancorate alcune vecchie chiatte, e su queste è stato costruito un basamento di legno, con ringhiere di protezione ed alcune panchine. L'Isola delle Chiatte (Island Barges) non è più di questo. Si possono vedere le navi partire ed arrivare dal livello del mare. Il fascino di questa piccola isola non è solo nel panorama, L'Isola delle Chiatte (Island Barges) è intitolata al compositore Luciano Berio e ricorda realmente la musica del maestro compositore, soprattutto nelle ventose sere di inverno. Nel silenzio del porto osservando il mare scuro, cullati dal lento dondolio delle chiatte, arriverà alle orecchie il dolce gemito delle strutture delle chiatte che si torcono e si scontrano fra loro, forzano il legno del basamento, picchiano contro il molo, tendono e tirano le piastrelle. E' la musica del mare e del porto, che richiama i genovesi fino all'isola, anche se non ci sono negozi o bar di tendenza eppure dopo esserci stati, resta il ricordo di un piccolo posto sereno, musicale, nel quale poter fermarsi a pensare.
Island Barges
Via al Mare Fabrizio de André
Ci sono posti semplici che hanno un fascino molto particolare. L'Isola delle Chiatte (Island Barges) è uno di questi luoghi. In fondo al molo che ospita l' Acquario di Genova sono state ancorate alcune vecchie chiatte, e su queste è stato costruito un basamento di legno, con ringhiere di protezione ed alcune panchine. L'Isola delle Chiatte (Island Barges) non è più di questo. Si possono vedere le navi partire ed arrivare dal livello del mare. Il fascino di questa piccola isola non è solo nel panorama, L'Isola delle Chiatte (Island Barges) è intitolata al compositore Luciano Berio e ricorda realmente la musica del maestro compositore, soprattutto nelle ventose sere di inverno. Nel silenzio del porto osservando il mare scuro, cullati dal lento dondolio delle chiatte, arriverà alle orecchie il dolce gemito delle strutture delle chiatte che si torcono e si scontrano fra loro, forzano il legno del basamento, picchiano contro il molo, tendono e tirano le piastrelle. E' la musica del mare e del porto, che richiama i genovesi fino all'isola, anche se non ci sono negozi o bar di tendenza eppure dopo esserci stati, resta il ricordo di un piccolo posto sereno, musicale, nel quale poter fermarsi a pensare.
12 recommandé par les habitants
Torre degli Embriaci
15 Salita alla Torre degli Embriaci
12 recommandé par les habitants
Il museo di Palazzo Rosso si trova all'interno di un palazzo costruito tra il 1671 e il 1677, la cui paternità è riconducibile all'architetto Pietro Antonio Corradi, mentre il cantiere e le opere furono diretti da Matteo Lago maggiore. L'edificio è impostato su uno schema di pianta ad U, derivato dalle tipologie applicate da Bartolomeo Bianco: le due ali sono unite da logge che definiscono il cortile interno a pianta quadrata. Ciascuno dei due piani nobili presenta la consueta disposizione che prevede loggia e salone in posizione assiale, e una fila di sale ai due lati. A Ridolfo Maria, il primogenito, toccò il secondo piano nobile, a Gio. Francesco il primo, ma nel 1683 Ridolfo morì senza eredi maschi e il fratello, divenuto l'unico proprietario, si trasferì al secondo piano nobile, riscattò i ritratti dei genitori dalla nipote Paola, sposa di Carlo Spinola e avviò la decorazione ad affresco lungo le sale del secondo piano nobile, ponendo le premesse perchè venisse estendendosi oltre l'ala est - terminata alla sua morte - a tutte le altre sale degli ammezzati. Gli artisti che, tra il 1679 e il 1694, parteciparono a questo primo intervento decorativo furono Domenico Piola (1627-1703) e Gregorio De Ferrari (1647-1726), e, più tardi, Paolo Gerolamo Piola (1666-1724), coadiuvati dai quadraturisti e dagli stuccatori. Risultarono decorati, a conclusione di questo primo intervento, il Salone, con le prospettive sulle pareti dei bolognesi Gio.Enrico e Antonio Haffner, e l'affresco sulla volta, capolavoro di Gregorio De Ferrari, purtroppo distrutto dai bombardamenti dell'ultima guerra; quattro sale a levante, ciascuna con soggetti ispirati ad una stagione dell'anno, ed infine la loggia, alla quale, in occasione di questi interventi, vennero chiuse le aeree arcate, trasformandola in una piccola galleria, dove il Codazzi dipinse le finte rovine e Paolo Gerolamo Piola i soggetti del mito di "Diana ed Endimione". Nella primavera del 1691 prese il via una seconda fase decorativa, che nel giro di un anno interessò le quattro sale del lato a ponente: la stanza della Vita dell'uomo e quella delle Arti Liberali furono affrescate da Gio.Andrea Carlone (1639-1697) con l'aiuto di Antonio Haffner per le quadrature che, sulle pareti della seconda, si aprono su Paesaggi di Carlo Antonio Tavella (1668-1738); l'ambiente dell'alcova - che attualmente presenta in parte una decorazione più tarda - ancora da Gio.Andrea Carlone e da suo fratello Nicolò; l'ultima sala interamente da Bartolomeo Guidobono (1654-1709), la cui Fucina di Vulcano sulla volta andò purtroppo perduta e sostituita, nel 1736, dalla Gioventù in cimento di Domenico Parodi. Gli interventi di restauro e completamento dell'apparato decorativo continuarono fino alla metà del XIX secolo e, contemporaneamente, cresceva, in qualità e numero di opere, la collezione Brignole-Sale che, pochi anni dopo la morte di Gio.Francesco, verrà arricchita da un importante apporto del suocero Giuseppe Maria Durazzo. Continuatore della committenza artistica di Gio.Francesco fu suo nipote Gio.Francesco II (1695-1760), cui si deve l'incarico all'architetto Francesco Cantone per il decoro della facciata di Palazzo Rosso e dell'attiguo "Palazzetto", che nel 1746 assunsero l'attuale aspetto, connotato dalle caratteristiche protomi leonine che segnano gli architravi delle finestre dei due piani nobili, con preciso riferimento all'arma araldica dei Brignole, raffigurante un leone rampante sotto un albero di prugne (in dialetto genovese "brignole"). La missione diplomatica svolta a Parigi fra il 1737 e il 1739 diede a Gio.Francesco II la possibilità di apprezzare lo stile "Reggenza" allora imperante: commissionò i ritratti suo e della moglie al "pittore del re", Rigaud, e a Genova volle rinnovare ambienti e arredi secondo la nuova moda. In questo programma si collocano i lavori nel mezzanino fra il primo e il secondo piano nobile: la decorazione di Lorenzo De Ferrari, figlio di Gregorio, nella prima sala delle cosiddette "dipendenze" del palazzo. Questa politica di magnificenza artistica venne coronata nel 1746 dall'elezione di Gio.Francesco II a doge della Repubblica di Genova. Nuovi interventi, consistiti nella realizzazione di un nuovo appartamento nelle cosiddette "mezzarie superiori", ubicate sopra il secondo piano nobile, datano al 1783 circa, quando Anton Giulio II (1764-1802) si sposò con una vivace e colta esponente del patriziato senese: Anna Pieri. Purtroppo la serie di sale in questione, i cui soggetti erano ispirati a temi di contenuto vagamente illuminista e i cui motivi ornamentali erano fra lo stile "Luigi XVI" e un proto-neoclassicimo, è andata in gran parte distrutta a seguito dei bombardamenti dell'ultima guerra. Ancor prima della metà dell'Ottocento, quando il palazzo apparteneva ad Antonio Brignole-Sale, furono rifatti i pavimenti in pregiati marmi policromi, e ridipinte le quadrature ornamentali delle pareti in funzione di una disposizione della quadreria. La figlia maggiore di Antonio, Maria, più nota a Genova come "duchessa di Galliera", coerede di Palazzo Rosso alla morte del padre, ne ottenne l'intero usufrutto alla morte della sorella, e visto che il figlio Filippo, avuto dal marchese Raffaele De Ferrari, non mostrava alcuna propensione ad interessarsi del patrimonio e delle tradizioni delle due casate da cui discendeva, nel gennaio 1874 si decise a donare Palazzo Rosso alla sua città per "accrescere il decoro e l'utile" di Genova e, nel contempo, con l'evidente idea di fare dell'edificio, con le sue collezioni d'arte, un vero e proprio monumento alla stirpe dei Brignole-Sale.
104 recommandé par les habitants
Palais Rouge
18 Via Garibaldi
104 recommandé par les habitants
Il museo di Palazzo Rosso si trova all'interno di un palazzo costruito tra il 1671 e il 1677, la cui paternità è riconducibile all'architetto Pietro Antonio Corradi, mentre il cantiere e le opere furono diretti da Matteo Lago maggiore. L'edificio è impostato su uno schema di pianta ad U, derivato dalle tipologie applicate da Bartolomeo Bianco: le due ali sono unite da logge che definiscono il cortile interno a pianta quadrata. Ciascuno dei due piani nobili presenta la consueta disposizione che prevede loggia e salone in posizione assiale, e una fila di sale ai due lati. A Ridolfo Maria, il primogenito, toccò il secondo piano nobile, a Gio. Francesco il primo, ma nel 1683 Ridolfo morì senza eredi maschi e il fratello, divenuto l'unico proprietario, si trasferì al secondo piano nobile, riscattò i ritratti dei genitori dalla nipote Paola, sposa di Carlo Spinola e avviò la decorazione ad affresco lungo le sale del secondo piano nobile, ponendo le premesse perchè venisse estendendosi oltre l'ala est - terminata alla sua morte - a tutte le altre sale degli ammezzati. Gli artisti che, tra il 1679 e il 1694, parteciparono a questo primo intervento decorativo furono Domenico Piola (1627-1703) e Gregorio De Ferrari (1647-1726), e, più tardi, Paolo Gerolamo Piola (1666-1724), coadiuvati dai quadraturisti e dagli stuccatori. Risultarono decorati, a conclusione di questo primo intervento, il Salone, con le prospettive sulle pareti dei bolognesi Gio.Enrico e Antonio Haffner, e l'affresco sulla volta, capolavoro di Gregorio De Ferrari, purtroppo distrutto dai bombardamenti dell'ultima guerra; quattro sale a levante, ciascuna con soggetti ispirati ad una stagione dell'anno, ed infine la loggia, alla quale, in occasione di questi interventi, vennero chiuse le aeree arcate, trasformandola in una piccola galleria, dove il Codazzi dipinse le finte rovine e Paolo Gerolamo Piola i soggetti del mito di "Diana ed Endimione". Nella primavera del 1691 prese il via una seconda fase decorativa, che nel giro di un anno interessò le quattro sale del lato a ponente: la stanza della Vita dell'uomo e quella delle Arti Liberali furono affrescate da Gio.Andrea Carlone (1639-1697) con l'aiuto di Antonio Haffner per le quadrature che, sulle pareti della seconda, si aprono su Paesaggi di Carlo Antonio Tavella (1668-1738); l'ambiente dell'alcova - che attualmente presenta in parte una decorazione più tarda - ancora da Gio.Andrea Carlone e da suo fratello Nicolò; l'ultima sala interamente da Bartolomeo Guidobono (1654-1709), la cui Fucina di Vulcano sulla volta andò purtroppo perduta e sostituita, nel 1736, dalla Gioventù in cimento di Domenico Parodi. Gli interventi di restauro e completamento dell'apparato decorativo continuarono fino alla metà del XIX secolo e, contemporaneamente, cresceva, in qualità e numero di opere, la collezione Brignole-Sale che, pochi anni dopo la morte di Gio.Francesco, verrà arricchita da un importante apporto del suocero Giuseppe Maria Durazzo. Continuatore della committenza artistica di Gio.Francesco fu suo nipote Gio.Francesco II (1695-1760), cui si deve l'incarico all'architetto Francesco Cantone per il decoro della facciata di Palazzo Rosso e dell'attiguo "Palazzetto", che nel 1746 assunsero l'attuale aspetto, connotato dalle caratteristiche protomi leonine che segnano gli architravi delle finestre dei due piani nobili, con preciso riferimento all'arma araldica dei Brignole, raffigurante un leone rampante sotto un albero di prugne (in dialetto genovese "brignole"). La missione diplomatica svolta a Parigi fra il 1737 e il 1739 diede a Gio.Francesco II la possibilità di apprezzare lo stile "Reggenza" allora imperante: commissionò i ritratti suo e della moglie al "pittore del re", Rigaud, e a Genova volle rinnovare ambienti e arredi secondo la nuova moda. In questo programma si collocano i lavori nel mezzanino fra il primo e il secondo piano nobile: la decorazione di Lorenzo De Ferrari, figlio di Gregorio, nella prima sala delle cosiddette "dipendenze" del palazzo. Questa politica di magnificenza artistica venne coronata nel 1746 dall'elezione di Gio.Francesco II a doge della Repubblica di Genova. Nuovi interventi, consistiti nella realizzazione di un nuovo appartamento nelle cosiddette "mezzarie superiori", ubicate sopra il secondo piano nobile, datano al 1783 circa, quando Anton Giulio II (1764-1802) si sposò con una vivace e colta esponente del patriziato senese: Anna Pieri. Purtroppo la serie di sale in questione, i cui soggetti erano ispirati a temi di contenuto vagamente illuminista e i cui motivi ornamentali erano fra lo stile "Luigi XVI" e un proto-neoclassicimo, è andata in gran parte distrutta a seguito dei bombardamenti dell'ultima guerra. Ancor prima della metà dell'Ottocento, quando il palazzo apparteneva ad Antonio Brignole-Sale, furono rifatti i pavimenti in pregiati marmi policromi, e ridipinte le quadrature ornamentali delle pareti in funzione di una disposizione della quadreria. La figlia maggiore di Antonio, Maria, più nota a Genova come "duchessa di Galliera", coerede di Palazzo Rosso alla morte del padre, ne ottenne l'intero usufrutto alla morte della sorella, e visto che il figlio Filippo, avuto dal marchese Raffaele De Ferrari, non mostrava alcuna propensione ad interessarsi del patrimonio e delle tradizioni delle due casate da cui discendeva, nel gennaio 1874 si decise a donare Palazzo Rosso alla sua città per "accrescere il decoro e l'utile" di Genova e, nel contempo, con l'evidente idea di fare dell'edificio, con le sue collezioni d'arte, un vero e proprio monumento alla stirpe dei Brignole-Sale.
54 recommandé par les habitants
Galerie nationale du Palazzo Spinola (Gênes)
1 Piazza di Pellicceria
54 recommandé par les habitants
75 recommandé par les habitants
Palazzo Bianco
11 Via Garibaldi
75 recommandé par les habitants
13 recommandé par les habitants
Jardins Luzzati
1 Piazza Giardini Luzzati
13 recommandé par les habitants
18 recommandé par les habitants
Castelletto
18 recommandé par les habitants
Una passeggiata sulle alture della città, immersi nella natura. Il Forte Diamante venne costruito nella seconda metà del Settecento dalla Repubblica di Genova (fu ultimato nel 1758). Nella primavera del 1800, durante l'assedio austriaco di Genova, il forte fu teatro di violentissimi combattimenti tra i Francesi, che tenevano la città, e le truppe degli Asburgo. Alla battaglia parteciparono anche alcuni patrioti italiani tra cui il giovane poeta Ugo Foscolo, luogotenente della Repubblica Cisalpina, che fu ferito durante l'assalto alle posizioni austriache dei Due Fratelli. Dopo la fine dell'era napoleonica e l'annessione di Genova al Regno di Sardegna, il forte subì delle trasformazioni e degli ampliamenti ad opera del Genio Militare Sardo assumendo così il suo aspetto odierno
18 recommandé par les habitants
Forte Diamante
18 recommandé par les habitants
Una passeggiata sulle alture della città, immersi nella natura. Il Forte Diamante venne costruito nella seconda metà del Settecento dalla Repubblica di Genova (fu ultimato nel 1758). Nella primavera del 1800, durante l'assedio austriaco di Genova, il forte fu teatro di violentissimi combattimenti tra i Francesi, che tenevano la città, e le truppe degli Asburgo. Alla battaglia parteciparono anche alcuni patrioti italiani tra cui il giovane poeta Ugo Foscolo, luogotenente della Repubblica Cisalpina, che fu ferito durante l'assalto alle posizioni austriache dei Due Fratelli. Dopo la fine dell'era napoleonica e l'annessione di Genova al Regno di Sardegna, il forte subì delle trasformazioni e degli ampliamenti ad opera del Genio Militare Sardo assumendo così il suo aspetto odierno
La Casa dei cantautori Genovesi.
10 recommandé par les habitants
viadelcampo29rosso. La casa dei cantautori genovesi
29R Via del Campo
10 recommandé par les habitants
La Casa dei cantautori Genovesi.
La basilica di San Siro, una delle più antiche chiese di Genova, in Liguria, è un luogo di culto cattolico situato nell'omonima via, nel quartiere della Maddalena. Eretta secondo la tradizione nel IV secolo, fu inizialmente intitolata ai Dodici Apostoli; vi fu seppellito il santo vescovo Siro e divenne la prima cattedrale di Genova. La sua comunità parrocchiale fa parte del vicariato "Centro Ovest" dell'arcidiocesi di Genova. Il ricchissimo interno è fra i più rappresentativi del barocco genovese.
10 recommandé par les habitants
St Syrus’s Basilica
4 Via S. Siro
10 recommandé par les habitants
La basilica di San Siro, una delle più antiche chiese di Genova, in Liguria, è un luogo di culto cattolico situato nell'omonima via, nel quartiere della Maddalena. Eretta secondo la tradizione nel IV secolo, fu inizialmente intitolata ai Dodici Apostoli; vi fu seppellito il santo vescovo Siro e divenne la prima cattedrale di Genova. La sua comunità parrocchiale fa parte del vicariato "Centro Ovest" dell'arcidiocesi di Genova. Il ricchissimo interno è fra i più rappresentativi del barocco genovese.
La struttura del Teatro di sant'Agostino nacque nel 1701 per iniziativa del nobile Nicolò Maria Pallavicino e, passato poi alla famiglia Durazzo, si identificò come primo teatro pubblico della città di Genova. Costruito con la tipica forma del teatro all'italiana (sala a ferro di cavallo e struttura con sei ordini di palchi), per tutto il Settecento rappresentò insieme al Teatro del Falcone la principale scena lirica della città.
29 recommandé par les habitants
Teatro della Tosse
4 Piazza Renato Negri
29 recommandé par les habitants
La struttura del Teatro di sant'Agostino nacque nel 1701 per iniziativa del nobile Nicolò Maria Pallavicino e, passato poi alla famiglia Durazzo, si identificò come primo teatro pubblico della città di Genova. Costruito con la tipica forma del teatro all'italiana (sala a ferro di cavallo e struttura con sei ordini di palchi), per tutto il Settecento rappresentò insieme al Teatro del Falcone la principale scena lirica della città.
Il Teatro dell'Archivolto nasce nel 1976 come compagnia teatrale di Genova. Rifondato nel 1986 da Pina Rando e Giorgio Gallione ha portato avanti un'attività di produzione di spettacoli per più di 30 anni. Nel 1997 la compagnia del Teatro dell'Archivolto ha restaurato lo storico Teatro Gustavo Modena. Da quel momento in poi ha affiancato all'attività di produzione spettacoli l'organizzazione di stagioni teatrali vere e proprie.
Teatro dell'Archivolto
3 Piazza Gustavo Modena
Il Teatro dell'Archivolto nasce nel 1976 come compagnia teatrale di Genova. Rifondato nel 1986 da Pina Rando e Giorgio Gallione ha portato avanti un'attività di produzione di spettacoli per più di 30 anni. Nel 1997 la compagnia del Teatro dell'Archivolto ha restaurato lo storico Teatro Gustavo Modena. Da quel momento in poi ha affiancato all'attività di produzione spettacoli l'organizzazione di stagioni teatrali vere e proprie.
La storia del teatro Duse risale al periodo fra gli anni quaranta e cinquanta, quando il capoluogo ligure era alla ricerca di nuovi spazi per dare vita alla una ripresa artistico-culturale dopo la seconda guerra mondiale; tale ricerca di spazi vedeva in concorrenza numerose compagnie concorrenti allora operanti sul territorio. La struttura prende il nome da una sala quasi omonima attiva nell'immediato secondo dopoguerra a piazza Tommaseo: il piccolo teatro Eleonora Duse, già sede della compagnia filodrammatica Dicea.
Teatro Duse
6 Via Nicolò Bacigalupo
La storia del teatro Duse risale al periodo fra gli anni quaranta e cinquanta, quando il capoluogo ligure era alla ricerca di nuovi spazi per dare vita alla una ripresa artistico-culturale dopo la seconda guerra mondiale; tale ricerca di spazi vedeva in concorrenza numerose compagnie concorrenti allora operanti sul territorio. La struttura prende il nome da una sala quasi omonima attiva nell'immediato secondo dopoguerra a piazza Tommaseo: il piccolo teatro Eleonora Duse, già sede della compagnia filodrammatica Dicea.
Il teatro Carlo Felice è il principale teatro genovese ed uno dei più noti in Italia. Vi si tengono la stagione d'Opera lirica e Balletto e la stagione Sinfonica, oltre a recital e manifestazioni varie. Dal 1991 è la sede principale delle stagioni musicali della Giovine Orchestra Genovese, onlus che organizza, produce e promuove concerti di musica da camera dal 1912, la cui sede si trova nella vicinissima Galleria Mazzini.
62 recommandé par les habitants
Théâtre Carlo Felice
4 Passo Eugenio Montale
62 recommandé par les habitants
Il teatro Carlo Felice è il principale teatro genovese ed uno dei più noti in Italia. Vi si tengono la stagione d'Opera lirica e Balletto e la stagione Sinfonica, oltre a recital e manifestazioni varie. Dal 1991 è la sede principale delle stagioni musicali della Giovine Orchestra Genovese, onlus che organizza, produce e promuove concerti di musica da camera dal 1912, la cui sede si trova nella vicinissima Galleria Mazzini.
La struttura ha sede in via Pastorino 23R a Genova Bolzaneto, in Valpolcevera, ricavata da un antico cinema-teatro, il "Verdi", destinato alla chiusura. Con quasi quattrocento posti a sedere e il palcoscenico secondo in Liguria per ampiezza[1], la sede è stata completamente ristrutturata a partire dalla fine degli anni novanta. A curare il recupero della struttura è stata l'Associazione Amici del Teatro Rina e Gilberto Govi, costituita appositamente nel 1999 con l'intento di dotare la Valpolcevera d'un fulcro di aggregazione socio-culturale. Il recupero ha visto una ristrutturazione e una messa a norma di tutti gli impianti e locali. L'opera di restauro, durata sei anni, è stata sostenuta con finanziamenti delle istituzioni locali. Il nuovo teatro è operativo dal 17 febbraio 2007.
Teatro Rina e Gilberto Govi
23 Via Pasquale Pastorino
La struttura ha sede in via Pastorino 23R a Genova Bolzaneto, in Valpolcevera, ricavata da un antico cinema-teatro, il "Verdi", destinato alla chiusura. Con quasi quattrocento posti a sedere e il palcoscenico secondo in Liguria per ampiezza[1], la sede è stata completamente ristrutturata a partire dalla fine degli anni novanta. A curare il recupero della struttura è stata l'Associazione Amici del Teatro Rina e Gilberto Govi, costituita appositamente nel 1999 con l'intento di dotare la Valpolcevera d'un fulcro di aggregazione socio-culturale. Il recupero ha visto una ristrutturazione e una messa a norma di tutti gli impianti e locali. L'opera di restauro, durata sei anni, è stata sostenuta con finanziamenti delle istituzioni locali. Il nuovo teatro è operativo dal 17 febbraio 2007.
L’Albergo dei Poveri ha cessato la sua funzione assistenziale originaria solo da pochi anni, alla fine del XX secolo, ed è stato acquisito nel 2003, in concessione cinquantennale, dall’Università degli Studi di Genova che ne sta curando la ristrutturazione interna e l’adeguamento alle nuove esigenze di utilizzo. a costruzione di questo edificio monumentale, progettato a metà Seicento, concluse una lunga fase di riflessioni sul problema del pauperismo e dell’assistenza e di tentativi pratici di risolverlo. Con la sua struttura grandiosa l’Albergo si è inserito con forza nel panorama urbanistico della città divenendone un’emergenza visiva, situazione che conserva tuttora, specie arrivando per via di mare. Dalla metà del Cinquecento, con l’apertura di Strada Nuova, cui seguì, all’inizio del Seicento, quella di Strada Balbi, l’espansione della città si era spostata verso ponente occupando gli spazi ancora non edificati all’interno della cinta muraria del 1536-1540. Accanto ad interventi come questi di tipo privato, la Repubblica varò una serie consistente di opere pubbliche in parte motivate dal coinvolgimento dei propri territori nella Guerra dei Trent’anni (1618-1648).
Albergo dei Poveri
2 Piazzale Emanuele Brignole
L’Albergo dei Poveri ha cessato la sua funzione assistenziale originaria solo da pochi anni, alla fine del XX secolo, ed è stato acquisito nel 2003, in concessione cinquantennale, dall’Università degli Studi di Genova che ne sta curando la ristrutturazione interna e l’adeguamento alle nuove esigenze di utilizzo. a costruzione di questo edificio monumentale, progettato a metà Seicento, concluse una lunga fase di riflessioni sul problema del pauperismo e dell’assistenza e di tentativi pratici di risolverlo. Con la sua struttura grandiosa l’Albergo si è inserito con forza nel panorama urbanistico della città divenendone un’emergenza visiva, situazione che conserva tuttora, specie arrivando per via di mare. Dalla metà del Cinquecento, con l’apertura di Strada Nuova, cui seguì, all’inizio del Seicento, quella di Strada Balbi, l’espansione della città si era spostata verso ponente occupando gli spazi ancora non edificati all’interno della cinta muraria del 1536-1540. Accanto ad interventi come questi di tipo privato, la Repubblica varò una serie consistente di opere pubbliche in parte motivate dal coinvolgimento dei propri territori nella Guerra dei Trent’anni (1618-1648).
Il Nazario Sauro è un sottomarino a propulsione diesel della Marina Militare Italiana, capostipite della prima serie della classe Sauro, consegnato alla Marina il 12 febbraio 1980. Attualmente è una nave museo ormeggiato nel porto antico di Genova, e costituisce uno dei tre sottomarini esposti in Italia insieme all'Enrico Toti (S 506) a Milano e all'Enrico Dandolo (S 513) a Venezia (tutti e due della classe precedente, la classe Toti).
14 recommandé par les habitants
Sous-marin Nazario Sauro
1 Calata de' Mari
14 recommandé par les habitants
Il Nazario Sauro è un sottomarino a propulsione diesel della Marina Militare Italiana, capostipite della prima serie della classe Sauro, consegnato alla Marina il 12 febbraio 1980. Attualmente è una nave museo ormeggiato nel porto antico di Genova, e costituisce uno dei tre sottomarini esposti in Italia insieme all'Enrico Toti (S 506) a Milano e all'Enrico Dandolo (S 513) a Venezia (tutti e due della classe precedente, la classe Toti).
La Biosfera, comunemente conosciuta come la Bolla di Renzo Piano è una struttura di vetro e acciaio collocata nel Porto Antico di Genova e costruita nel 2001. La struttura, di forma sferica, con un diametro di 20 m, un peso complessivo di 60 t ed una superficie espositiva di circa 200 m², è sospesa sul mare, a ponte Spinola, nelle immediate vicinanze dell'acquario.
17 recommandé par les habitants
La Biosphère
Ponte Spinola
17 recommandé par les habitants
La Biosfera, comunemente conosciuta come la Bolla di Renzo Piano è una struttura di vetro e acciaio collocata nel Porto Antico di Genova e costruita nel 2001. La struttura, di forma sferica, con un diametro di 20 m, un peso complessivo di 60 t ed una superficie espositiva di circa 200 m², è sospesa sul mare, a ponte Spinola, nelle immediate vicinanze dell'acquario.
Alcune Raccolte d'arte hanno nella loro stessa genesi la vocazione didattica: il caso dei musei collegati alle Accademie di Belle Arti; nascono nel XVIII secolo come supporto, come collezione di modelli esemplari per i giovani artisti, stimolo, tra teoria e prassi, allo studio e al lavoro nel più perfetto esempio di didattica illuminista. Dal XVIII secolo ad oggi molte collezioni delle Accademie d'arte si sono separate dal loro corpo antico diventando veri e propri musei con vita autonoma rispetto alle scuole di istruzione artistica come il Museo di Brera a Milano e il Museo dell'Accademia di Venezia.
Accademia ligustica di Belle Arti
4 Largo Pertini
Alcune Raccolte d'arte hanno nella loro stessa genesi la vocazione didattica: il caso dei musei collegati alle Accademie di Belle Arti; nascono nel XVIII secolo come supporto, come collezione di modelli esemplari per i giovani artisti, stimolo, tra teoria e prassi, allo studio e al lavoro nel più perfetto esempio di didattica illuminista. Dal XVIII secolo ad oggi molte collezioni delle Accademie d'arte si sono separate dal loro corpo antico diventando veri e propri musei con vita autonoma rispetto alle scuole di istruzione artistica come il Museo di Brera a Milano e il Museo dell'Accademia di Venezia.
A Genova per Acquasola si intende la spianata dell'Acquasola o parco dell'acquasola, una piana situata nel centro della città che si estende a partire da piazza Corvetto fino al ponte monumentale (Via XX Settembre). L'area dove sorge l'attuale parco poggia su antiche mura del XIV secolo, fatte erigere a fortificazione della città a causa della minaccia di Castruccio Castracani, signore di Lucca, in guerra contro la Repubblica genovese, presente ormai alle porte della città dopo la conquista di Chiavari e Rapallo. In questa serie di mura fu costruita una delle molte porte di accesso alla città, chiamata appunto Porta dell'Acquasola, andata poi distrutta. L'area è sempre stata adibita a parco pubblico, tranne che nel XVII secolo, in occasione dell'epidemia di peste che colpì Genova intorno all'anno 1657. In quel periodo il parco venne usato come fossa comune per seppellirvi le vittime del contagio. Ancora oggi escursioni di speleologi possono osservare i resti ancora conservati a pochi metri di profondità sotto il manto stradale. Nel XIX secolo il parco raggiunse il suo massimo splendore. Tutt'oggi, pur essendo interessata ad un progetto di parcheggio, è un polmone verde sfruttato dai genovesi per i giochi dei bambini.
6 recommandé par les habitants
Spianata dell'acquasola
Viale IV Novembre
6 recommandé par les habitants
A Genova per Acquasola si intende la spianata dell'Acquasola o parco dell'acquasola, una piana situata nel centro della città che si estende a partire da piazza Corvetto fino al ponte monumentale (Via XX Settembre). L'area dove sorge l'attuale parco poggia su antiche mura del XIV secolo, fatte erigere a fortificazione della città a causa della minaccia di Castruccio Castracani, signore di Lucca, in guerra contro la Repubblica genovese, presente ormai alle porte della città dopo la conquista di Chiavari e Rapallo. In questa serie di mura fu costruita una delle molte porte di accesso alla città, chiamata appunto Porta dell'Acquasola, andata poi distrutta. L'area è sempre stata adibita a parco pubblico, tranne che nel XVII secolo, in occasione dell'epidemia di peste che colpì Genova intorno all'anno 1657. In quel periodo il parco venne usato come fossa comune per seppellirvi le vittime del contagio. Ancora oggi escursioni di speleologi possono osservare i resti ancora conservati a pochi metri di profondità sotto il manto stradale. Nel XIX secolo il parco raggiunse il suo massimo splendore. Tutt'oggi, pur essendo interessata ad un progetto di parcheggio, è un polmone verde sfruttato dai genovesi per i giochi dei bambini.
Il borgo di Boccadasse, alla fine del lungomare di Corso Italia, è un antico borgo di pescatori che si è mantenuto integro. I pescatori fanno ancora la parte del padrone, insieme ai tanti genovesi che vi si ritrovano, in tutte le stagioni, a mangiarsi un gelato.
212 recommandé par les habitants
Boccadasse
212 recommandé par les habitants
Il borgo di Boccadasse, alla fine del lungomare di Corso Italia, è un antico borgo di pescatori che si è mantenuto integro. I pescatori fanno ancora la parte del padrone, insieme ai tanti genovesi che vi si ritrovano, in tutte le stagioni, a mangiarsi un gelato.
La casa natale di Cristoforo Colombo sorge a ridosso di porta Soprana ed è raggiungibile dalla centralissima Piazza Dante. Cristoforo Colombo, figlio di Domenico e Susanna Fontanarossa, venne ad abitare in questa casa alla giovane età di quattro anni. La casa è composta, al piano terra, da un vano ampio usato come bottega vera e propria, da un retrobottega e da un vano di dimensioni minori svolgeva funzioni di disimpegno per raggiungere il primo piano adibito ad abitazione, il servizio igienico era posto nel vano del sottoscala. La casa natale di Cristoforo Colombo è visitabile.
68 recommandé par les habitants
Maison de Christophe Colomb
Via di Porta Soprana
68 recommandé par les habitants
La casa natale di Cristoforo Colombo sorge a ridosso di porta Soprana ed è raggiungibile dalla centralissima Piazza Dante. Cristoforo Colombo, figlio di Domenico e Susanna Fontanarossa, venne ad abitare in questa casa alla giovane età di quattro anni. La casa è composta, al piano terra, da un vano ampio usato come bottega vera e propria, da un retrobottega e da un vano di dimensioni minori svolgeva funzioni di disimpegno per raggiungere il primo piano adibito ad abitazione, il servizio igienico era posto nel vano del sottoscala. La casa natale di Cristoforo Colombo è visitabile.
La nascita della Casa Paganini deriva dal recupero, tramite ristrutturazione e restauro, delle aree del complesso monumentale del "Monastero di S. Maria delle Grazie la Nuova" situato in Piazza S. Maria in Passione, nel cuore della medievale zona di Castello nei pressi della Facoltà di Architettura. La chiesa ? stata trasformata in una sala per concerti con 230 posti e un palco rialzato idoneo ad ospitare un'orchestra da camera. Gli altri spazi saranno adibiti ad esposizione museale, biblioteca, sala dedicata a Paganini, sala conferenze, etc.
Casa Paganini
34 Piazza di Santa Maria in Passione
La nascita della Casa Paganini deriva dal recupero, tramite ristrutturazione e restauro, delle aree del complesso monumentale del "Monastero di S. Maria delle Grazie la Nuova" situato in Piazza S. Maria in Passione, nel cuore della medievale zona di Castello nei pressi della Facoltà di Architettura. La chiesa ? stata trasformata in una sala per concerti con 230 posti e un palco rialzato idoneo ad ospitare un'orchestra da camera. Gli altri spazi saranno adibiti ad esposizione museale, biblioteca, sala dedicata a Paganini, sala conferenze, etc.
I resti del chiostro del convento di Sant'Andrea sono ubicati tra la casa natale di Cristoforo Colombo e le torri di porta Soprana. La struttura era probabilmente del secolo XII.
Chiostro di Sant'Andrea
12 Via di Porta Soprana
I resti del chiostro del convento di Sant'Andrea sono ubicati tra la casa natale di Cristoforo Colombo e le torri di porta Soprana. La struttura era probabilmente del secolo XII.
Galleria Mazzini a Genova riprende i canoni stilistici della Galleria Vittorio Emanuele di Milano ed ? una galleria vetrata coperta ed è ubicata immediatamente dietro il Teatro dell'Opera Carlo Felice di Genova. La Galleria Mazzini è parallela a Via Roma. Al suo interno sono presenti numerosi esercizi commerciali e in alcuni periodi dell'anno si svolgono mercatini di antiquariato e la Fiera del libro.
13 recommandé par les habitants
Galleria Giuseppe Mazzini
Galleria Giuseppe Mazzini
13 recommandé par les habitants
Galleria Mazzini a Genova riprende i canoni stilistici della Galleria Vittorio Emanuele di Milano ed ? una galleria vetrata coperta ed è ubicata immediatamente dietro il Teatro dell'Opera Carlo Felice di Genova. La Galleria Mazzini è parallela a Via Roma. Al suo interno sono presenti numerosi esercizi commerciali e in alcuni periodi dell'anno si svolgono mercatini di antiquariato e la Fiera del libro.
La Loggia della Mercanzia anche detta di San Pietro in Banchi fu costruita, tra il 1589 e il 1595, da Andrea Ceresola, detto il Vannone, e G. Donzello, nel cuore commerciale della città antica. L'edificio fu voluto dai Padri del Comune, amministratori della città, che avevano previsto un piano di ristrutturazione della piazza dei Banchi. La Loggia, che presenta una struttura unitaria, fu ceduta alla Camera di Commercio nel 1839, e venne in seguito restaurata, su progetto di G. B. Resasco, e chiusa con le volte a vetrate. Dal 1855 ospitò la Borsa Merci Italiana trasferita nel 1912 in Piazza De Ferrari. Con il bombardamento del 1942 venne distrutta la copertura e solamente nel 1950 dopo i restauri la Loggia fu riaperta e destinata ad attività culturali. Attualmente ospita mostre e eventi culturali.
Loggia di Banchi
Piazza Banchi
La Loggia della Mercanzia anche detta di San Pietro in Banchi fu costruita, tra il 1589 e il 1595, da Andrea Ceresola, detto il Vannone, e G. Donzello, nel cuore commerciale della città antica. L'edificio fu voluto dai Padri del Comune, amministratori della città, che avevano previsto un piano di ristrutturazione della piazza dei Banchi. La Loggia, che presenta una struttura unitaria, fu ceduta alla Camera di Commercio nel 1839, e venne in seguito restaurata, su progetto di G. B. Resasco, e chiusa con le volte a vetrate. Dal 1855 ospitò la Borsa Merci Italiana trasferita nel 1912 in Piazza De Ferrari. Con il bombardamento del 1942 venne distrutta la copertura e solamente nel 1950 dopo i restauri la Loggia fu riaperta e destinata ad attività culturali. Attualmente ospita mostre e eventi culturali.
Il lungomare di Corso Italia si trova nel levante di Genova. Inizia dalla Fiera del mare e termina nel caratteristico borgo di pescatori di Boccadasse. E' lungo 5 chilometri, in un susseguirsi di spiagge attrezzate e belle ville. Il lungomare è stato ristrutturato nel 1992.
Lungomare
Corso Italia
Il lungomare di Corso Italia si trova nel levante di Genova. Inizia dalla Fiera del mare e termina nel caratteristico borgo di pescatori di Boccadasse. E' lungo 5 chilometri, in un susseguirsi di spiagge attrezzate e belle ville. Il lungomare è stato ristrutturato nel 1992.
L'edificio dei Magazzini dell'Abbondanza, attualmente adibito a sede del Centro di formazione dell'Università di Genova, è un complesso del Cinquecento posto nell'area portuale (dove adesso sorge l'area ludica del Porto Antico) nel quartiere del Molo. Venne costruito dalla Repubblica di Genova al fine di immagazzinare i beni nei periodi di abbondanza (da qui il nome) per poi redistruibirli nei periodi di carestia, tramite il Magistrato dell'Abbondanza costituito nel 1565 (i magazzini sembrano essere immediatamente antecedenti).
Green Palace - Warehouses of Abundance
65r Via del Molo
L'edificio dei Magazzini dell'Abbondanza, attualmente adibito a sede del Centro di formazione dell'Università di Genova, è un complesso del Cinquecento posto nell'area portuale (dove adesso sorge l'area ludica del Porto Antico) nel quartiere del Molo. Venne costruito dalla Repubblica di Genova al fine di immagazzinare i beni nei periodi di abbondanza (da qui il nome) per poi redistruibirli nei periodi di carestia, tramite il Magistrato dell'Abbondanza costituito nel 1565 (i magazzini sembrano essere immediatamente antecedenti).
Le Mura di Malapaga sono un tratto dell'antica cinta muraria che partendo da porta Siberia (nell'attuale zona del Porto Antico) raggiungeva il Casone della Malapaga (ossia l'attuale Piazza Cavour, in prossimità della Caserma della Guardia di Finanza), Il Casone della Malapaga era la prigione dei debitori inadempienti che fu costruita nello stesso periodo. Le Mura di Malapaga sono ancor oggi quasi integralmente visibili e conservate. Partendo dalla porta Siberia si può vedere, passando dall'interno del Porto Antico, le mura che erano lambite dal mare (oggi sono presenti cantieri navali ad offuscare la vista del mare), mentre passando dall'interno, ossia dal quartiere del molo, è anche possibile salire sulle mura. Le mura di Malapaga sono diventate "famose" negli anni '60 grazie ad un film francese con Jean Gabin dal titolo "Le mura di Malapaga" girato a Genova.
Via Mura di Malapaga
Via Mura di Malapaga
Le Mura di Malapaga sono un tratto dell'antica cinta muraria che partendo da porta Siberia (nell'attuale zona del Porto Antico) raggiungeva il Casone della Malapaga (ossia l'attuale Piazza Cavour, in prossimità della Caserma della Guardia di Finanza), Il Casone della Malapaga era la prigione dei debitori inadempienti che fu costruita nello stesso periodo. Le Mura di Malapaga sono ancor oggi quasi integralmente visibili e conservate. Partendo dalla porta Siberia si può vedere, passando dall'interno del Porto Antico, le mura che erano lambite dal mare (oggi sono presenti cantieri navali ad offuscare la vista del mare), mentre passando dall'interno, ossia dal quartiere del molo, è anche possibile salire sulle mura. Le mura di Malapaga sono diventate "famose" negli anni '60 grazie ad un film francese con Jean Gabin dal titolo "Le mura di Malapaga" girato a Genova.
Nel moderno edificio che, su progetto di Mario Labò, ha sostituito la villa distrutta dai bombardamenti del 1942, ha sede dal 1971 il Museo d'Arte Orientale "Edoardo Chiossone". Il suo patrimonio artistico è frutto dell'attività collezionistica svolta da Edoardo Chiossone, incisore genovese, durante 23 anni di permanenza in Giappone (1875-98), dove si era trasferito dietro invito del Governo Imperiale per fondare e dirigere l'Officina Carte e Valori dell'Istituto Poligrafico presso il Ministero delle Finanze: sue sono, infatti, tutte le produzioni di banconote, francobolli e carte valori con le quali all'epoca veniva diffusa la moderna immagine della finanza giapponese di Stato. Al centro d'un ambiente di intense relazioni culturali, Chiossone aveva sviluppato un profondo amore per l'arte giapponese che in quell'epoca abbondava sul mercato antiquariale. Costituite da circa 15.000 pezzi, le collezioni rappresentano un caso importante nel panorama mondiale del collezionismo occidentale d'arte giapponese del secolo XIX, e testimoniano il vivissimo interesse di Chiossone per l'intero corpus delle tradizioni figurative e decorative del Giappone. L'esposizione delle opere, recentemente rinnovata (Marzo 1998), illustra i fondamentali fenomeni della storia della cultura nell'arcipelago giapponese, con riferimenti ai rapporti del Giappone con l'Asia Orientale Continentale. Le cinque gallerie a sbalzo sono collegate da rampe di scale e creano un percorso continuo.
27 recommandé par les habitants
Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone
4 Piazzale Giuseppe Mazzini
27 recommandé par les habitants
Nel moderno edificio che, su progetto di Mario Labò, ha sostituito la villa distrutta dai bombardamenti del 1942, ha sede dal 1971 il Museo d'Arte Orientale "Edoardo Chiossone". Il suo patrimonio artistico è frutto dell'attività collezionistica svolta da Edoardo Chiossone, incisore genovese, durante 23 anni di permanenza in Giappone (1875-98), dove si era trasferito dietro invito del Governo Imperiale per fondare e dirigere l'Officina Carte e Valori dell'Istituto Poligrafico presso il Ministero delle Finanze: sue sono, infatti, tutte le produzioni di banconote, francobolli e carte valori con le quali all'epoca veniva diffusa la moderna immagine della finanza giapponese di Stato. Al centro d'un ambiente di intense relazioni culturali, Chiossone aveva sviluppato un profondo amore per l'arte giapponese che in quell'epoca abbondava sul mercato antiquariale. Costituite da circa 15.000 pezzi, le collezioni rappresentano un caso importante nel panorama mondiale del collezionismo occidentale d'arte giapponese del secolo XIX, e testimoniano il vivissimo interesse di Chiossone per l'intero corpus delle tradizioni figurative e decorative del Giappone. L'esposizione delle opere, recentemente rinnovata (Marzo 1998), illustra i fondamentali fenomeni della storia della cultura nell'arcipelago giapponese, con riferimenti ai rapporti del Giappone con l'Asia Orientale Continentale. Le cinque gallerie a sbalzo sono collegate da rampe di scale e creano un percorso continuo.
L'origine del Museo risale al 5 maggio del 1915, lo stesso giorno che D'Annunzio dallo scoglio di Quarto arringava la folla con un appassionato discorso. Già esisteva nella casa natale di Mazzini il "Sacrario", con cimeli e documenti relativi al grande esule; il nuovo Museo, dedicato all'età risorgimentale da Balilla a Roma capitale trovòspazio all'ultimo piano di Palazzo Bianco in via Garibaldi. Allora Palazzo Bianco rappresentava il Museo della città; oltre alla quadreria vi erano reperti archeologici, tardo romani e medievali, una sala colombiana, trasformata poi in sala navale e una sala d'armi. L'età risorgimentale completava così l'ampio panorama storico-artistico della città di Genova. Il curatore Achille Neri compilò un catalogo in due volumi unendo alle opere esposte anche le raccolte bibliografiche e archivistiche relative al Risorgimento, conservate nei depositi di Palazzo Rosso. Nel 1934 il Museo fu trasferito in via Lomellini e divenne con l'archivio e la biblioteca una delle componenti del complesso dell'Istituto Mazziniano. Oggi la parte espositiva si snoda su nove sale con uno sviluppo lineare alle pareti di 292 metri ed un percorso che, grazie alle strutture poste al centro delle sale, supera i 700 metri lineari. La tipologia dei documenti esposti è molto varia. In totale si presentano 928 unità, tra dipinti, stampe, manifesti, bandiere, fazzoletti, armi, uniformi e cimeli di varia natura. Il percorso museale segue un itinerario cronologico, diviso per "capitoli", dall'età di Balilla a Roma capitale. Da questo criterio si staccano due sezioni; una è dedicata all'uniformologia, alla militaria e all'oggettistica storica in generale; la seconda, significativamente coincidente negli spazi allo storico Sacrario mazziniano, vuole essere il centro vitale del Museo: ? dedicata alla figura e all'opera di Giuseppe Mazzini, che del Risorgimento italiano rappresentò gli ideali più elevati.
Museo del Risorgimento Istituto Mazziniano
11 Via Lomellini
L'origine del Museo risale al 5 maggio del 1915, lo stesso giorno che D'Annunzio dallo scoglio di Quarto arringava la folla con un appassionato discorso. Già esisteva nella casa natale di Mazzini il "Sacrario", con cimeli e documenti relativi al grande esule; il nuovo Museo, dedicato all'età risorgimentale da Balilla a Roma capitale trovòspazio all'ultimo piano di Palazzo Bianco in via Garibaldi. Allora Palazzo Bianco rappresentava il Museo della città; oltre alla quadreria vi erano reperti archeologici, tardo romani e medievali, una sala colombiana, trasformata poi in sala navale e una sala d'armi. L'età risorgimentale completava così l'ampio panorama storico-artistico della città di Genova. Il curatore Achille Neri compilò un catalogo in due volumi unendo alle opere esposte anche le raccolte bibliografiche e archivistiche relative al Risorgimento, conservate nei depositi di Palazzo Rosso. Nel 1934 il Museo fu trasferito in via Lomellini e divenne con l'archivio e la biblioteca una delle componenti del complesso dell'Istituto Mazziniano. Oggi la parte espositiva si snoda su nove sale con uno sviluppo lineare alle pareti di 292 metri ed un percorso che, grazie alle strutture poste al centro delle sale, supera i 700 metri lineari. La tipologia dei documenti esposti è molto varia. In totale si presentano 928 unità, tra dipinti, stampe, manifesti, bandiere, fazzoletti, armi, uniformi e cimeli di varia natura. Il percorso museale segue un itinerario cronologico, diviso per "capitoli", dall'età di Balilla a Roma capitale. Da questo criterio si staccano due sezioni; una è dedicata all'uniformologia, alla militaria e all'oggettistica storica in generale; la seconda, significativamente coincidente negli spazi allo storico Sacrario mazziniano, vuole essere il centro vitale del Museo: ? dedicata alla figura e all'opera di Giuseppe Mazzini, che del Risorgimento italiano rappresentò gli ideali più elevati.
Il museo di Sant'Agostino è un museo espressamente dedicato alla scultura e della pittura ligure nel periodo che va dalla fine del X secolo alla fine del XVIII secolo. Il museo di Sant'Agostino deve il suo nome dal fatto di essere ospitato all'interno del complesso del convento di Sant'Agostino, complesso che risale al XIII secolo. Il complesso di Sant'Agostino è formato da una vasta area anticamente adibita a convento eretta intorno a due chiostri, uno triangolare, visibile prima di entrare al museo, ed uno quadrangolare seicentesco non direttamente visibile senza entrare nel percorso espositivo. Fa sempre parte del complesso anche la bellissima chiesa duecentesca di Sant'Agostino che però attualmente non viene utilizzata come sede espositiva permanente. All'interno del Museo di Sant'Agostino anche una sala per conferenze, spazi per mostre ed una sezione didattica interna.
22 recommandé par les habitants
Museo di Sant'Agostino
35 Piazza di Sarzano
22 recommandé par les habitants
Il museo di Sant'Agostino è un museo espressamente dedicato alla scultura e della pittura ligure nel periodo che va dalla fine del X secolo alla fine del XVIII secolo. Il museo di Sant'Agostino deve il suo nome dal fatto di essere ospitato all'interno del complesso del convento di Sant'Agostino, complesso che risale al XIII secolo. Il complesso di Sant'Agostino è formato da una vasta area anticamente adibita a convento eretta intorno a due chiostri, uno triangolare, visibile prima di entrare al museo, ed uno quadrangolare seicentesco non direttamente visibile senza entrare nel percorso espositivo. Fa sempre parte del complesso anche la bellissima chiesa duecentesca di Sant'Agostino che però attualmente non viene utilizzata come sede espositiva permanente. All'interno del Museo di Sant'Agostino anche una sala per conferenze, spazi per mostre ed una sezione didattica interna.
Bellissimo palazzo liberty sulla principale piazza de Ferrari, progettato da Gino Coppede' nel 1912, ha ospitato fino agli anni '90 la borsa valori di Genova. Attualmente sede della Camera di Commercio, ospita mostre e esposizioni.
Palazzo della Borsa
44 Via XX Settembre
Bellissimo palazzo liberty sulla principale piazza de Ferrari, progettato da Gino Coppede' nel 1912, ha ospitato fino agli anni '90 la borsa valori di Genova. Attualmente sede della Camera di Commercio, ospita mostre e esposizioni.
Il palazzo di piazza De Ferrari 1, attualmente sede della Regione Liguria, è un bellissimo esempio di architettura eclettica dell'inizio del XX secolo. Il palazzo della Regione Liguria è stato in precedenza, è viene ancora conosciuto a Genova, sede della Fondiara e poi sede della Navigazione Italia. Il palazzo è ubicato in Piazza De Ferrari tra il palazzo della Borsa e il Palazzo Ducale ed ha la particolarità di essere un unicum con la Chiesa del Gesù di Piazza Matteotti.
Palazzo della Regione Liguria
1 Piazza Raffaele de Ferrari
Il palazzo di piazza De Ferrari 1, attualmente sede della Regione Liguria, è un bellissimo esempio di architettura eclettica dell'inizio del XX secolo. Il palazzo della Regione Liguria è stato in precedenza, è viene ancora conosciuto a Genova, sede della Fondiara e poi sede della Navigazione Italia. Il palazzo è ubicato in Piazza De Ferrari tra il palazzo della Borsa e il Palazzo Ducale ed ha la particolarità di essere un unicum con la Chiesa del Gesù di Piazza Matteotti.
Il Palazzo Ducale di Genova è uno dei principali edifici storici cittadini. Anticamente sede del dogato dell'antica Repubblica di Genova, è attualmente uno dei principali poli museali del capoluogo ligure, nonchè importante luogo di aggregazione in quanto ubicato nella centralissima Piazza De Ferrari. Lasciato in abbandono per lungo tempo, e adibito a sede degli uffici giudiziari prima della costruzione negli anni Settanta del nuovo palazzo di giustizia di Portoria, è stato finalmente restaurato nei primi anni '90 e aperto al pubblico grazie all'inserimento di numerose attività e all'utilizzo come sede per numerose mostre. La costruzione del palazzo avvenne alla fine del Duecento, in un momento di grande splendore dell'antica repubblica marinara. Al periodo medievale risale anche una parte della Torre Grimaldina che venne sopraelevata nel 1539. Allo stesso periodo risale l'ampliamento del palazzo che solo a partire dalla fine del Cinquecento fu riedificato con l'adozione di cortili che ancor oggi sono una delle parti più spettacolari dal punto di vista architettonico dell'intero complesso. Nel 1777 una parte dell'edificio venne distrutta da un incendio. Nel XIX secolo la costruzione della centrale piazza De Ferrari rese necessario progettare un affaccio su questa piazza centrale. Da qui l'ideazione di una apposita facciata (quella che oggi è considerata la principale) e un'entrata alternativa rispetto a quella che si protende sulla piazza Matteotti.
255 recommandé par les habitants
Palais des Doges
9 Piazza Giacomo Matteotti
255 recommandé par les habitants
Il Palazzo Ducale di Genova è uno dei principali edifici storici cittadini. Anticamente sede del dogato dell'antica Repubblica di Genova, è attualmente uno dei principali poli museali del capoluogo ligure, nonchè importante luogo di aggregazione in quanto ubicato nella centralissima Piazza De Ferrari. Lasciato in abbandono per lungo tempo, e adibito a sede degli uffici giudiziari prima della costruzione negli anni Settanta del nuovo palazzo di giustizia di Portoria, è stato finalmente restaurato nei primi anni '90 e aperto al pubblico grazie all'inserimento di numerose attività e all'utilizzo come sede per numerose mostre. La costruzione del palazzo avvenne alla fine del Duecento, in un momento di grande splendore dell'antica repubblica marinara. Al periodo medievale risale anche una parte della Torre Grimaldina che venne sopraelevata nel 1539. Allo stesso periodo risale l'ampliamento del palazzo che solo a partire dalla fine del Cinquecento fu riedificato con l'adozione di cortili che ancor oggi sono una delle parti più spettacolari dal punto di vista architettonico dell'intero complesso. Nel 1777 una parte dell'edificio venne distrutta da un incendio. Nel XIX secolo la costruzione della centrale piazza De Ferrari rese necessario progettare un affaccio su questa piazza centrale. Da qui l'ideazione di una apposita facciata (quella che oggi è considerata la principale) e un'entrata alternativa rispetto a quella che si protende sulla piazza Matteotti.
Piazza De Ferrari è il punto di connessione tra la città antica e la zona liberty di Via XX settembre, e come tale è l'epicentro della vita genovese, il luogo assoluto di aggregazione e delle grandi manifestazioni. Su un lato della piazza si fronteggiano due capolavori: il palazzo della Borsa di Gino Coppedè e l'entrata secondaria (costruita proprio in concomitanza con la costruzione della piazza) di Palazzo Ducale. Sull'altro lato, più profondo, si fronteggiano il palazzo della Regione e il teatro Carlo Felice ricostruito dopo i danni della seconda guerra mondiale. Al centro di questa grande piazza la fontana circolare costruita nel 1936 e donata dalla famiglia Piaggio, fontana che è stata arricchita in occasione del G8 del 2001 con importanti giochi d'acqua (oltre che da una nuova suddivisione della piazza).
129 recommandé par les habitants
Piazza De Ferrari
Piazza Raffaele de Ferrari
129 recommandé par les habitants
Piazza De Ferrari è il punto di connessione tra la città antica e la zona liberty di Via XX settembre, e come tale è l'epicentro della vita genovese, il luogo assoluto di aggregazione e delle grandi manifestazioni. Su un lato della piazza si fronteggiano due capolavori: il palazzo della Borsa di Gino Coppedè e l'entrata secondaria (costruita proprio in concomitanza con la costruzione della piazza) di Palazzo Ducale. Sull'altro lato, più profondo, si fronteggiano il palazzo della Regione e il teatro Carlo Felice ricostruito dopo i danni della seconda guerra mondiale. Al centro di questa grande piazza la fontana circolare costruita nel 1936 e donata dalla famiglia Piaggio, fontana che è stata arricchita in occasione del G8 del 2001 con importanti giochi d'acqua (oltre che da una nuova suddivisione della piazza).
Piazza delle Erbe è una grande piazza (grande per Genova e la tipologia del centro storico) situata a ridosso di Palazzo Ducale. Leggermente degradante verso un'area restaurata recentemente dopo i danni della seconda guerra mondiale, la piazza è il fulcro della movida genovese, con i suoi locali di tendenza sempre pieni soprattutto i venerd? e sabati sera d'autunno e primavera.
93 recommandé par les habitants
Piazza delle Erbe
16r Piazza delle Erbe
93 recommandé par les habitants
Piazza delle Erbe è una grande piazza (grande per Genova e la tipologia del centro storico) situata a ridosso di Palazzo Ducale. Leggermente degradante verso un'area restaurata recentemente dopo i danni della seconda guerra mondiale, la piazza è il fulcro della movida genovese, con i suoi locali di tendenza sempre pieni soprattutto i venerd? e sabati sera d'autunno e primavera.
La costruzione della Porta dei Vacca venne iniziata tra il 1155 e il 1159 subito dopo la copertura del rivo Carbonara ed era prevista dal sistema difensivo della terza cerchia di mura per far fronte a eventuali aggressioni di Federico Barbarossa. La porta venne chiamata di Santa Fede per la vicinanza con l'omonima chiesa, di cui oggi rimangono i resti all'interno di una struttura ad uso di ufficio comunale. Dal XII secolo, prese il nome di Porta dei Vacca, dal nome della famiglia Vachero proprietaria di alcune abitazioni nella zona. Usata a lungo come prigione, fu teatro di giudizi ed esecuzioni capitali. Nel 1782 le due torri vennero rivestite con materiale lapideo dal Pellegrini che aprì anche finestre e poggioli e incorporò la torre nord nel contiguo Palazzo Serra. Nel 1960 elementi caratteristici della torre posta sul versante mare vennero riportati alla luce dell'architetto Mazzino.
Porta dei Vacca
Porta dei Vacca
La costruzione della Porta dei Vacca venne iniziata tra il 1155 e il 1159 subito dopo la copertura del rivo Carbonara ed era prevista dal sistema difensivo della terza cerchia di mura per far fronte a eventuali aggressioni di Federico Barbarossa. La porta venne chiamata di Santa Fede per la vicinanza con l'omonima chiesa, di cui oggi rimangono i resti all'interno di una struttura ad uso di ufficio comunale. Dal XII secolo, prese il nome di Porta dei Vacca, dal nome della famiglia Vachero proprietaria di alcune abitazioni nella zona. Usata a lungo come prigione, fu teatro di giudizi ed esecuzioni capitali. Nel 1782 le due torri vennero rivestite con materiale lapideo dal Pellegrini che aprì anche finestre e poggioli e incorporò la torre nord nel contiguo Palazzo Serra. Nel 1960 elementi caratteristici della torre posta sul versante mare vennero riportati alla luce dell'architetto Mazzino.
La bellissima Porta Soprana era la porta principale di accesso alla città sulla sommità del Piano di Sant'Andrea (e infatti la Porta è conosciuta anche come Porta di Sant'Andrea) in prossimità del quartiere di Ravecca. Ancora oggi Porta Soprana permette l'accesso alla città medievale da Piazza Dante (in cui è anche ubicata la Casa di Cristoforo Colombo). Costruita nel 1155 la Porta Soprana è costituita da due torri sul piano sopraelevato di Sant'Andrea (da qui il nome Superana quindi Soprana). Nell'arco interno della porta iscrizioni dedicate al Barbarossa in cui si chiede il rispetto per la città di Genova. Restaurate sono visitabili internamente grazie all'associazione Amici di Porta Soprana.
34 recommandé par les habitants
Porta Soprana
Via San Pietro della Porta
34 recommandé par les habitants
La bellissima Porta Soprana era la porta principale di accesso alla città sulla sommità del Piano di Sant'Andrea (e infatti la Porta è conosciuta anche come Porta di Sant'Andrea) in prossimità del quartiere di Ravecca. Ancora oggi Porta Soprana permette l'accesso alla città medievale da Piazza Dante (in cui è anche ubicata la Casa di Cristoforo Colombo). Costruita nel 1155 la Porta Soprana è costituita da due torri sul piano sopraelevato di Sant'Andrea (da qui il nome Superana quindi Soprana). Nell'arco interno della porta iscrizioni dedicate al Barbarossa in cui si chiede il rispetto per la città di Genova. Restaurate sono visitabili internamente grazie all'associazione Amici di Porta Soprana.
Il nome sottoripa deriva dal fatto che furono costruiti a ridosso della mare, ad un livello più basso, allo scopo di sfruttare l'ottima posizione mercantile, in quanto proprio in quel punto le navi scaricavano le merci. Iniziati nel 1125 sono tra i più antichi portici pubblici italiani. Ancora oggi sotto i portici di sottoripa sono presenti negozi, botteghe, bar che offrono un aspetto variegato e pittoresco della città.
10 recommandé par les habitants
Sottoripa
1 Via di Sottoripa
10 recommandé par les habitants
Il nome sottoripa deriva dal fatto che furono costruiti a ridosso della mare, ad un livello più basso, allo scopo di sfruttare l'ottima posizione mercantile, in quanto proprio in quel punto le navi scaricavano le merci. Iniziati nel 1125 sono tra i più antichi portici pubblici italiani. Ancora oggi sotto i portici di sottoripa sono presenti negozi, botteghe, bar che offrono un aspetto variegato e pittoresco della città.
Costruita ad inizio '900 per l'incremento dei traffici verso le americhe, la stazione marittima di ponte dei mille a Genova è una struttura bellissima, ancora utilizzata per le crociere.
Gare Maritime
1 Ponte Dei Mille
Costruita ad inizio '900 per l'incremento dei traffici verso le americhe, la stazione marittima di ponte dei mille a Genova è una struttura bellissima, ancora utilizzata per le crociere.
Della Villetta di Negro rimane soltanto il bel giardino dominante piazza Corvetto e tutta la città di Genova. Attualmente al posto della Villa è presente il Museo di Arte Orientale Edoardo Chiossone che è stato costruito nel 1956. Nel 1802 il marchese Gian Carlo Di Negro (1769-1857) acquistò il sito dal Governo della Repubblica per eleggerlo a propria residenza. Si impegnò altresì a fondarvi una scuola di botanica e a finanziarla per sei anni. Nello stesso anno iniziò la costruzione di un casinò e di una villetta su disegno di Carlo Barabino, che divenne in effetti la sua residenza. Nel 1863, qualche anno dopo la morte di Di Negro, il Comune acquistò la Villetta con lo scopo di valorizzarne l'utilizzo come verde pubblico. Per questo dal 1873 al 1942 la villa del marchese fu trasformata, seguendo i modelli positivisti dell'epoca, per ospitare in un primo periodo (1873-1912) il Museo di Storia Naturale con annesso zoo, quindi tra il 1912 e il 1928 il Museo Geologico e dal 1929 il Museo Archeologico, al quale vennero poi, tra il 1935 e il 1940, annesse le collezioni di Etnografia e del Costume. I bombardamenti della seconda guerra mondiale, nel 1942 distrussero la villetta, ma rimanendo l'importante parco, nel 1948 il Comune decise di costruire un nuovo edificio (che è poi quello attuale) da destinare a sede stabile e definitiva del Museo Chiossone, nello stesso punto dove anticamente si trovava la villetta del marchese Di Negro.
29 recommandé par les habitants
Villetta di Negro
Piazzale Giuseppe Mazzini
29 recommandé par les habitants
Della Villetta di Negro rimane soltanto il bel giardino dominante piazza Corvetto e tutta la città di Genova. Attualmente al posto della Villa è presente il Museo di Arte Orientale Edoardo Chiossone che è stato costruito nel 1956. Nel 1802 il marchese Gian Carlo Di Negro (1769-1857) acquistò il sito dal Governo della Repubblica per eleggerlo a propria residenza. Si impegnò altresì a fondarvi una scuola di botanica e a finanziarla per sei anni. Nello stesso anno iniziò la costruzione di un casinò e di una villetta su disegno di Carlo Barabino, che divenne in effetti la sua residenza. Nel 1863, qualche anno dopo la morte di Di Negro, il Comune acquistò la Villetta con lo scopo di valorizzarne l'utilizzo come verde pubblico. Per questo dal 1873 al 1942 la villa del marchese fu trasformata, seguendo i modelli positivisti dell'epoca, per ospitare in un primo periodo (1873-1912) il Museo di Storia Naturale con annesso zoo, quindi tra il 1912 e il 1928 il Museo Geologico e dal 1929 il Museo Archeologico, al quale vennero poi, tra il 1935 e il 1940, annesse le collezioni di Etnografia e del Costume. I bombardamenti della seconda guerra mondiale, nel 1942 distrussero la villetta, ma rimanendo l'importante parco, nel 1948 il Comune decise di costruire un nuovo edificio (che è poi quello attuale) da destinare a sede stabile e definitiva del Museo Chiossone, nello stesso punto dove anticamente si trovava la villetta del marchese Di Negro.
La ferrovia Genova Casella, meglio conosciuta dai genovesi come "Trenino di Casella", parte dalla piccola stazione ubicata sopra piazza Manin, a ridosso delle Mura di San Bartolomeo e vicino al castello Mackenzie di Gino Coppedé. Dalla stazione della ferrovia Genova - Casella di Piazza Manin è possibile partire per un viaggio indietro nel tempo in una delle poche ferrovie a scartamento ridotto rimaste funzionanti in Italia. Il percorso si snoda per 25 chilometri lungo i monti dell'entroterra di Genova fino a giungere alla stazione finale di Casella. In alcuni casi é possibile anche viaggiare sulle antiche carrozze storiche.
Casella station
La ferrovia Genova Casella, meglio conosciuta dai genovesi come "Trenino di Casella", parte dalla piccola stazione ubicata sopra piazza Manin, a ridosso delle Mura di San Bartolomeo e vicino al castello Mackenzie di Gino Coppedé. Dalla stazione della ferrovia Genova - Casella di Piazza Manin è possibile partire per un viaggio indietro nel tempo in una delle poche ferrovie a scartamento ridotto rimaste funzionanti in Italia. Il percorso si snoda per 25 chilometri lungo i monti dell'entroterra di Genova fino a giungere alla stazione finale di Casella. In alcuni casi é possibile anche viaggiare sulle antiche carrozze storiche.
La chiesa dei Santi Vittore e Carlo in Via Balbi a Genova fu progettata dal grande architetto Bartolomeo Bianco nel 1629, fu terminata nel 1635 dai frati Carmelitani Scalzi , i quali la officiarono fino al 1974. All'anno 1743 risale la facciata a loggiato, costruita a spese di Eugenio Durazzo e decorata con marmi e stucchi. Tramite una doppia scalinata si accede all'interno, a una sola navata su pianta a croce latina, scandita da sei cappelle laterali e coronata dalla cupola; tutta la decorazione, escluse le settecentesche figure di "Virtù" dipinte da Domenico Parodi, fu eseguita sotto la direzione di Maurizio Dufour (1890-98). L'imponente altare maggiore è il risultato di una trasformazione operata nel 1867, quando venne trasferito l'altare della chiesa di San Domenico che era stata demolita. All'interno è presente un ricco il corredo pittorico e sono presenti numerose statue. Tra i quadri più interessanti, un "San Giovanni della Croce" di Domenico Piola, "Santa Teresa" di Andrea Carlone, i "Santi Anna, Francesco da Paola e Liborio" di Lorenzo De Ferrari, oltre a tele di Orazio De Ferrari ("Presepe" e "Adorazione dei Magi") e del Mulinaretto ("Decapitazione di Sant'Agostino"). Tra le sculture figurano un'opera lignea di scuola del Maragliano, le statue di Alessandro Algardi nella cappella Franzoni e una "Madonna del Carmine" (1678) oltre ad angeli e due santi (1680) di Filippo Parodi. Una menzione particolare va alla seicentesca statua lignea raffigurante la "Madonna col Bambino", conosciuta popolarmente come Madonna della Fortuna e assai venerata dai Genovesi.
Santi Vittore e Carlo, Genoa
7 Via Balbi
La chiesa dei Santi Vittore e Carlo in Via Balbi a Genova fu progettata dal grande architetto Bartolomeo Bianco nel 1629, fu terminata nel 1635 dai frati Carmelitani Scalzi , i quali la officiarono fino al 1974. All'anno 1743 risale la facciata a loggiato, costruita a spese di Eugenio Durazzo e decorata con marmi e stucchi. Tramite una doppia scalinata si accede all'interno, a una sola navata su pianta a croce latina, scandita da sei cappelle laterali e coronata dalla cupola; tutta la decorazione, escluse le settecentesche figure di "Virtù" dipinte da Domenico Parodi, fu eseguita sotto la direzione di Maurizio Dufour (1890-98). L'imponente altare maggiore è il risultato di una trasformazione operata nel 1867, quando venne trasferito l'altare della chiesa di San Domenico che era stata demolita. All'interno è presente un ricco il corredo pittorico e sono presenti numerose statue. Tra i quadri più interessanti, un "San Giovanni della Croce" di Domenico Piola, "Santa Teresa" di Andrea Carlone, i "Santi Anna, Francesco da Paola e Liborio" di Lorenzo De Ferrari, oltre a tele di Orazio De Ferrari ("Presepe" e "Adorazione dei Magi") e del Mulinaretto ("Decapitazione di Sant'Agostino"). Tra le sculture figurano un'opera lignea di scuola del Maragliano, le statue di Alessandro Algardi nella cappella Franzoni e una "Madonna del Carmine" (1678) oltre ad angeli e due santi (1680) di Filippo Parodi. Una menzione particolare va alla seicentesca statua lignea raffigurante la "Madonna col Bambino", conosciuta popolarmente come Madonna della Fortuna e assai venerata dai Genovesi.
L'edificio sacro - progettato dal gesuita Giuseppe Valeriani - fu costruito tra il 1589 e il 1606. Venne realizzato nell'area - anticamente chiamata Brolio - su cui mille anni prima si era insediata una colonia milanese (in fuga dall'invasione longobarda sotto la guida del metropolita Onorato), che vi aveva edificato la prima chiesa di Sant'Ambrogio, poi demolita alla metà del '500. Il nuovo tempio della compagnia di Gesù fu eretto a spese del padre Marcello Pallavicino, il quale la dedicò al Nome di Gesù, riservando per sè e la sua famiglia il privilegio del presbiterio e di una cappella. Nel 1637 fu completato il rivestimento della parte bassa della facciata, mentre quella superiore - in pietra rosa di Finale e marmo - venne ultimata solo a fine Ottocento secondo il disegno originario; il campanile è del 1928. L'interno è costituito da un'aula unica, con cupola centrale e pilastrate nella parte anteriore e in quella presbiteriale, a formare sei grandi campate laterali coronate da piccole cupole; nel '600 furono aggiunte le due cappelle che concludono le navate laterali. Uno splendido rivestimento in marmi policromi orna pilastri, cappelle, pulpito e pavimento; al di sopra della trabeazione la decorazione è ottenuta con stucchi dorati. Controfacciata, navata centrale, transetto e presbiterio sono ricoperti da un ciclo di affreschi realizzati nella seconda metà del Seicento da G.B. Carlone, con l'"Annunciazione", "Cristo giudice tra la Vergine e il Battista", l'"Ascensione", l'"Entrata di Cristo in Gerusalemme", il "Sollevamento della Croce", l'"Incoronazione della Vergine", l'"Assunzione della Vergine" (nella cupola) e i "Quattro Evangelisti" (nei peducci). La decorazione delle cupolette, invece, oltre a essere più tarda, non segue un'iconografia unitaria, ma varia a seconda della dedicazione delle cappelle; è in gran parte opera di Lorenzo De Ferrari, eccettuate la prima cappella a destra (Sebastiano Galeotti) e la quarta a sinistra (Antonio Giolfi). Da notare anche il grande organo nella controfacciata - in parte ricostruito nell'Ottocento - dovuto al fiammingo Willem Hermans (gl'intagli della cantoria sono di Filippo Santacroce). Corredo artistico Il corredo artistico - specie quello pittorico - custodito dal Gesù è uno fra i più importanti delle chiese genovesi; eccolo, diviso per comodità in settori e cappelle. Navata destra Prima cappella: sull'altare, "Sant'Ambrogio vieta l'ingresso al tempio a Teodosio" di Giovanni Andrea De Ferrari; nelle nicchie ai lati, "San Carlo Borromeo" e "Sant'Ambrogio", statue di Domenico Scorticone (XVII secolo). Seconda cappella: sull'altare, "Le Marie e San Giovanni ai piedi del Crocifisso" di Simon Vouet (1621-22); sotto, "Presepio", marmo di Tommaso Orsolino; ai lati, "Cristo redentore" ed "Ecce Homo", statue di Bernardo Carlone (attribuite anche a Francesco Fanelli). Terza cappella: sull'altare, "Assunzione" di Guido Reni (1616-17); ai lati, "San Giuseppe" e "Davide", statue della bottega dei Carlone. Quarta cappella: sull'altare, "Immacolata Concezione e San Stanislao con Gesù" di Andrea Pozzo (fine XVII secolo); ai lati, "San Giovanni Battista" e "Maddalena", statue di Bernardo Carlone. Sacrestia (passaggio dietro l'altare della cappella in cima alla navata): armadi del XVI secolo. Presbiterio Dietro l'altare maggiore, "Circoncisione", famosissima tela eseguita nel 1605 da Peter Paul Rubens per Niccolò Pallavicino; tra le quattro colonne, "San Pietro" e "San Paolo", statue cinquecentesche di Giuseppe Carlone; sulle pareti laterali, grandi lunette con la "Strage degli innecenti" di G.B. Merano e il "Riposo durante la fuga in Egitto" di Domenico Piola. Navata sinistra Cappella a fianco della maggiore: sull'altare, "San Francesco Saverio" (scuola di Guido Reni); ai lati, "Scene della vita del santo" di Domenico Fiasella; sulla volta, altre "Scene della vita del santo", dl Valerio Castello; nelle nicchie, statue rappresentanti "Verginità", "Fortezza", "Carità" e "Umiltà" (XVII-XVIIl sec.). Quarta cappella: "Lapidazione di Santo Stefano", pala di G.B. Paggi; ai lati, "San Lorenzo" e "San Vincenzo", statue attribuite a Bernardo Carlone. Terza cappella: "Sant'Ignazio guarisce un'ossessa", capolavoro realizzato da Rubens attorno al 1615 e commissionatogli da Niccolò Pallavicino; ai lati, "Abramo" e "Davide", statue di Bernardo Falcone. Seconda cappella: "Battesimo di Cristo" del Passignano (fine XVI sec.). Prima cappella: "San Francesco Borgia", tela di Andrea Pozzo (fine '600).
16 recommandé par les habitants
Chiesa del Gesu e dei Santi Ambrogio e Andrea
2 Via di Porta Soprana
16 recommandé par les habitants
L'edificio sacro - progettato dal gesuita Giuseppe Valeriani - fu costruito tra il 1589 e il 1606. Venne realizzato nell'area - anticamente chiamata Brolio - su cui mille anni prima si era insediata una colonia milanese (in fuga dall'invasione longobarda sotto la guida del metropolita Onorato), che vi aveva edificato la prima chiesa di Sant'Ambrogio, poi demolita alla metà del '500. Il nuovo tempio della compagnia di Gesù fu eretto a spese del padre Marcello Pallavicino, il quale la dedicò al Nome di Gesù, riservando per sè e la sua famiglia il privilegio del presbiterio e di una cappella. Nel 1637 fu completato il rivestimento della parte bassa della facciata, mentre quella superiore - in pietra rosa di Finale e marmo - venne ultimata solo a fine Ottocento secondo il disegno originario; il campanile è del 1928. L'interno è costituito da un'aula unica, con cupola centrale e pilastrate nella parte anteriore e in quella presbiteriale, a formare sei grandi campate laterali coronate da piccole cupole; nel '600 furono aggiunte le due cappelle che concludono le navate laterali. Uno splendido rivestimento in marmi policromi orna pilastri, cappelle, pulpito e pavimento; al di sopra della trabeazione la decorazione è ottenuta con stucchi dorati. Controfacciata, navata centrale, transetto e presbiterio sono ricoperti da un ciclo di affreschi realizzati nella seconda metà del Seicento da G.B. Carlone, con l'"Annunciazione", "Cristo giudice tra la Vergine e il Battista", l'"Ascensione", l'"Entrata di Cristo in Gerusalemme", il "Sollevamento della Croce", l'"Incoronazione della Vergine", l'"Assunzione della Vergine" (nella cupola) e i "Quattro Evangelisti" (nei peducci). La decorazione delle cupolette, invece, oltre a essere più tarda, non segue un'iconografia unitaria, ma varia a seconda della dedicazione delle cappelle; è in gran parte opera di Lorenzo De Ferrari, eccettuate la prima cappella a destra (Sebastiano Galeotti) e la quarta a sinistra (Antonio Giolfi). Da notare anche il grande organo nella controfacciata - in parte ricostruito nell'Ottocento - dovuto al fiammingo Willem Hermans (gl'intagli della cantoria sono di Filippo Santacroce). Corredo artistico Il corredo artistico - specie quello pittorico - custodito dal Gesù è uno fra i più importanti delle chiese genovesi; eccolo, diviso per comodità in settori e cappelle. Navata destra Prima cappella: sull'altare, "Sant'Ambrogio vieta l'ingresso al tempio a Teodosio" di Giovanni Andrea De Ferrari; nelle nicchie ai lati, "San Carlo Borromeo" e "Sant'Ambrogio", statue di Domenico Scorticone (XVII secolo). Seconda cappella: sull'altare, "Le Marie e San Giovanni ai piedi del Crocifisso" di Simon Vouet (1621-22); sotto, "Presepio", marmo di Tommaso Orsolino; ai lati, "Cristo redentore" ed "Ecce Homo", statue di Bernardo Carlone (attribuite anche a Francesco Fanelli). Terza cappella: sull'altare, "Assunzione" di Guido Reni (1616-17); ai lati, "San Giuseppe" e "Davide", statue della bottega dei Carlone. Quarta cappella: sull'altare, "Immacolata Concezione e San Stanislao con Gesù" di Andrea Pozzo (fine XVII secolo); ai lati, "San Giovanni Battista" e "Maddalena", statue di Bernardo Carlone. Sacrestia (passaggio dietro l'altare della cappella in cima alla navata): armadi del XVI secolo. Presbiterio Dietro l'altare maggiore, "Circoncisione", famosissima tela eseguita nel 1605 da Peter Paul Rubens per Niccolò Pallavicino; tra le quattro colonne, "San Pietro" e "San Paolo", statue cinquecentesche di Giuseppe Carlone; sulle pareti laterali, grandi lunette con la "Strage degli innecenti" di G.B. Merano e il "Riposo durante la fuga in Egitto" di Domenico Piola. Navata sinistra Cappella a fianco della maggiore: sull'altare, "San Francesco Saverio" (scuola di Guido Reni); ai lati, "Scene della vita del santo" di Domenico Fiasella; sulla volta, altre "Scene della vita del santo", dl Valerio Castello; nelle nicchie, statue rappresentanti "Verginità", "Fortezza", "Carità" e "Umiltà" (XVII-XVIIl sec.). Quarta cappella: "Lapidazione di Santo Stefano", pala di G.B. Paggi; ai lati, "San Lorenzo" e "San Vincenzo", statue attribuite a Bernardo Carlone. Terza cappella: "Sant'Ignazio guarisce un'ossessa", capolavoro realizzato da Rubens attorno al 1615 e commissionatogli da Niccolò Pallavicino; ai lati, "Abramo" e "Davide", statue di Bernardo Falcone. Seconda cappella: "Battesimo di Cristo" del Passignano (fine XVI sec.). Prima cappella: "San Francesco Borgia", tela di Andrea Pozzo (fine '600).
La chiesa delle Scuole Pie si trova a pochi passi dalla Cattedrale di Genova, in una piazza rettangolare che si apre su vico del Filo, vicolo perpendicolare alla Cattedrale di San Lorenzo. Il luogo ha una forte valenza storica, l'area attualmente occupata dalla chiesa delle Scuole Pie, restò non edificata fino ai primi secoli dell'impero e nella sua parte più settentrionale forse ospitò un sepolcreto, testimoniato dalla presenza di una tomba a cassa in laterizi reimpiegati e da resti di altre sepolture. La zona, non lontana dal tracciato della via costiera, ora ricalcato da via Canneto il Lungo e da via San Luca, doveva quindi essere esterna, anche se limitrofa, alla città, per la nota legge che impediva in età romana, di seppellire entro l'area abitata. Gran parte della zona fu utilizzata come discarica di materiali edilizi frutto della demolizione di ricche abitazioni del I secolo a.C. - I secolo d.C. esistenti nelle vicinanze. Solo dagli inizi del III secolo in prossimità di piazza delle Scuole Pie fu edificato un muro, presto soggetto a dissesti statici, poi distrutto e spianato. Su un ulteriore accumulo di suolo agricolo, forse porzione di orto o di un giardino poi coperto di macerie, fu costruito, nel IV-V secolo, un edificio, di cui si è potuto esplorare un vano, pavimentato in cocciopesto. Dal VI-VII secolo in poi l'area fu occupata da abitazioni di cui si sono documentate le varie fasi di vita. La Chiesa attuale è di origine barocca.
Church of the Holy Name of Mary and of the Guardian Angels
3 Piazza delle Scuole Pie
La chiesa delle Scuole Pie si trova a pochi passi dalla Cattedrale di Genova, in una piazza rettangolare che si apre su vico del Filo, vicolo perpendicolare alla Cattedrale di San Lorenzo. Il luogo ha una forte valenza storica, l'area attualmente occupata dalla chiesa delle Scuole Pie, restò non edificata fino ai primi secoli dell'impero e nella sua parte più settentrionale forse ospitò un sepolcreto, testimoniato dalla presenza di una tomba a cassa in laterizi reimpiegati e da resti di altre sepolture. La zona, non lontana dal tracciato della via costiera, ora ricalcato da via Canneto il Lungo e da via San Luca, doveva quindi essere esterna, anche se limitrofa, alla città, per la nota legge che impediva in età romana, di seppellire entro l'area abitata. Gran parte della zona fu utilizzata come discarica di materiali edilizi frutto della demolizione di ricche abitazioni del I secolo a.C. - I secolo d.C. esistenti nelle vicinanze. Solo dagli inizi del III secolo in prossimità di piazza delle Scuole Pie fu edificato un muro, presto soggetto a dissesti statici, poi distrutto e spianato. Su un ulteriore accumulo di suolo agricolo, forse porzione di orto o di un giardino poi coperto di macerie, fu costruito, nel IV-V secolo, un edificio, di cui si è potuto esplorare un vano, pavimentato in cocciopesto. Dal VI-VII secolo in poi l'area fu occupata da abitazioni di cui si sono documentate le varie fasi di vita. La Chiesa attuale è di origine barocca.
Costruito ai piedi delle alture dell'Olivella e di Carbonara, nel luogo dove si trovava un'antica cappella intitolata all'Annunziata, il complesso del Carmine sorse tra il 1262 e l'inizio del XIV secolo, nei decenni che videro svilupparsi numerosi insediamenti monastici nella città. Nel Trecento furono edificati il convento (distrutto nel 1870, per tracciare la nuova strada di accesso all'Albergo dei Poveri) e il chiostro, di cui resta qualche traccia; la chiesa, nata a una sola navata, fu ampliata una prima volta nel secolo successivo, e poi ancora modificata nel Cinquecento (con l'apertura delle cappelle esterne nella navata destra) e nell'Ottocento. L'interno, nonostante i ripetuti interventi, conserva un'impronta gotica (anche grazie ai restauri "interpretativi" del 1928-36, che hanno rimosso gli ornati ottocenteschi, uniformando tutti gli elementi della chiesa all'originale bicromia bianca e nera); l'impianto è a tre navate, con la centrale - illuminata da monofore e coperta da volte a crociera e forti costoloni - molto più alta. Caratteristica - unica del genere a Genova- l'abisode a pianta quadrata. Il campanile originario venne ricostruito nel 1417 e rialzato alla metà del XVII secolo. La quadreria è ricchissima, anche perchè incorporò quella della vicina chiesa di Sant'Agnese, edificata nel 1192, chiusa nel 1798 e cancellata dal Piano comunale di risanamento del 1820. Tra gli altri, dipinti di Giovanni Battista Carlone ("Anime del Purgatorio", "Circoncisione" e "Cena in Emmaus"), Gioacchino Assereto ("Pentecoste"), Giovanni David ("Tentazioni di Sant'Agnese"), Giovanni Battista Paggi ("Natività" e "Assunzione della Vergine", datata 1596), Bernardo Castello ("San Francesco da Paola") e Domenico Piola ("La Vergine con San Simone Stock", ex voto della peste del 1656).
Chiesa di Nostra Signora del Carmine e Sant'Agnese
Via Brignole de Ferrari
Costruito ai piedi delle alture dell'Olivella e di Carbonara, nel luogo dove si trovava un'antica cappella intitolata all'Annunziata, il complesso del Carmine sorse tra il 1262 e l'inizio del XIV secolo, nei decenni che videro svilupparsi numerosi insediamenti monastici nella città. Nel Trecento furono edificati il convento (distrutto nel 1870, per tracciare la nuova strada di accesso all'Albergo dei Poveri) e il chiostro, di cui resta qualche traccia; la chiesa, nata a una sola navata, fu ampliata una prima volta nel secolo successivo, e poi ancora modificata nel Cinquecento (con l'apertura delle cappelle esterne nella navata destra) e nell'Ottocento. L'interno, nonostante i ripetuti interventi, conserva un'impronta gotica (anche grazie ai restauri "interpretativi" del 1928-36, che hanno rimosso gli ornati ottocenteschi, uniformando tutti gli elementi della chiesa all'originale bicromia bianca e nera); l'impianto è a tre navate, con la centrale - illuminata da monofore e coperta da volte a crociera e forti costoloni - molto più alta. Caratteristica - unica del genere a Genova- l'abisode a pianta quadrata. Il campanile originario venne ricostruito nel 1417 e rialzato alla metà del XVII secolo. La quadreria è ricchissima, anche perchè incorporò quella della vicina chiesa di Sant'Agnese, edificata nel 1192, chiusa nel 1798 e cancellata dal Piano comunale di risanamento del 1820. Tra gli altri, dipinti di Giovanni Battista Carlone ("Anime del Purgatorio", "Circoncisione" e "Cena in Emmaus"), Gioacchino Assereto ("Pentecoste"), Giovanni David ("Tentazioni di Sant'Agnese"), Giovanni Battista Paggi ("Natività" e "Assunzione della Vergine", datata 1596), Bernardo Castello ("San Francesco da Paola") e Domenico Piola ("La Vergine con San Simone Stock", ex voto della peste del 1656).
Il Bigo è una struttura architettonica presente nel Porto antico di Genova. Progettata da Renzo Piano per le Colombiadi del 1992, il nome e il design si ispirano al bigo, ovvero la gru usata per il carico e lo scarico in ambiente navale. Il Bigo possiede, oltre a una funzione di immagine, anche una funzione strutturale (sostenere il tendone della piazza delle feste lì vicino) e una turistica: possiede infatti un ascensore panoramico che sale fino a 40 m di altezza e ruota a 360 gradi; al suo interno, la vista della città di Genova è guidata, con sottofondo musicale, tramite pannelli scritti e voce guida in diverse lingue che indicano i palazzi e le strutture degne di nota. Quando è attivo, l'ascensore parte da terra ogni 10 minuti.
27 recommandé par les habitants
Bigo
5 Calata Cattaneo
27 recommandé par les habitants
Il Bigo è una struttura architettonica presente nel Porto antico di Genova. Progettata da Renzo Piano per le Colombiadi del 1992, il nome e il design si ispirano al bigo, ovvero la gru usata per il carico e lo scarico in ambiente navale. Il Bigo possiede, oltre a una funzione di immagine, anche una funzione strutturale (sostenere il tendone della piazza delle feste lì vicino) e una turistica: possiede infatti un ascensore panoramico che sale fino a 40 m di altezza e ruota a 360 gradi; al suo interno, la vista della città di Genova è guidata, con sottofondo musicale, tramite pannelli scritti e voce guida in diverse lingue che indicano i palazzi e le strutture degne di nota. Quando è attivo, l'ascensore parte da terra ogni 10 minuti.
Percorrendo l'ultimo tratto di corso Firenze in direzione ponente, circa a metà del breve rettifilo che porta a incrociare corso Ugo Bassi si stacca a destra Ia lunga salita di San Barnaba. Soffocata dai moderni condomini che la fiancheggiano, l'antica creuza conduce fino alla chiesa di San Barnaba, edificata alla metà del XIII secolo: le sue antiche origini sono testimoniate da una trifora (affiorata in facciata durante alcuni recenti restauri) e da due lapidi, una del 1286 e l'altra del 1362. Nata come cappella destinata ad un cenacolo di monache cistercensi, nel 1538 - dopo molti anni d'abbandono - fu affidata insieme al convento ai padri Cappuccini, che vi sistemarono il loro noviziato; tra queste mura visse (dal 1597 al 1608, quando lasciò l'ordine per sostenere finanziariamente la famiglia) il grande pittore Bernardo Strozzi, dedicandosi a soggetti devozionali. La piccola chiesa subì profonde trasformazioni nel Seicento e soprattutto nell'Ottocento; dei quadri dello Strozzi è conservata soltanto la replica di un'opera giovanile, il "San Felice da Cantalice" della chiesa della Santissima Concezione. San Barnaba rappresentò nell'Ottocento e nei primi anni del Novecento una delle tappe del famoso "itinerario dei presepi" - Cappuccini-Madonnetta-San Barnaba-Oregina - che costituiva una tradizione natalizia assai cara alle famiglie genovesi; il presepio qui esposto possiede alcune figurine attribuite ai Bissoni e al Maragliano.
Church of St. Barnabas
29 Piazza di San Barnaba
Percorrendo l'ultimo tratto di corso Firenze in direzione ponente, circa a metà del breve rettifilo che porta a incrociare corso Ugo Bassi si stacca a destra Ia lunga salita di San Barnaba. Soffocata dai moderni condomini che la fiancheggiano, l'antica creuza conduce fino alla chiesa di San Barnaba, edificata alla metà del XIII secolo: le sue antiche origini sono testimoniate da una trifora (affiorata in facciata durante alcuni recenti restauri) e da due lapidi, una del 1286 e l'altra del 1362. Nata come cappella destinata ad un cenacolo di monache cistercensi, nel 1538 - dopo molti anni d'abbandono - fu affidata insieme al convento ai padri Cappuccini, che vi sistemarono il loro noviziato; tra queste mura visse (dal 1597 al 1608, quando lasciò l'ordine per sostenere finanziariamente la famiglia) il grande pittore Bernardo Strozzi, dedicandosi a soggetti devozionali. La piccola chiesa subì profonde trasformazioni nel Seicento e soprattutto nell'Ottocento; dei quadri dello Strozzi è conservata soltanto la replica di un'opera giovanile, il "San Felice da Cantalice" della chiesa della Santissima Concezione. San Barnaba rappresentò nell'Ottocento e nei primi anni del Novecento una delle tappe del famoso "itinerario dei presepi" - Cappuccini-Madonnetta-San Barnaba-Oregina - che costituiva una tradizione natalizia assai cara alle famiglie genovesi; il presepio qui esposto possiede alcune figurine attribuite ai Bissoni e al Maragliano.
La chiesa di S. Donato fu edificata all'inizio del XII secolo e ampliata un secolo più tardi. La chiesa di San Donato rappresenta l'esempio più rilevante di romanico genovese: in particolare per il bellissimo campanile (che sarebbe più opportuno definire "torre nolare", tipica dello stile arcaico) ottagonale, decorato con fregi a dente di sega e un doppio ordine di bifore e trifore, di cui il terzo ordinre fu aggiunto solamente durante i restauri di D'Andrade della fine dell'800. La facciata non rispecchia quella originaria, poichè fu alterata dai due restauri integrativi del 1888 (effettuato da Alfredo D'Andrade) e del 1925, che aggiunsero il rosone e il protiro ed eliminaro gli intonaci successivi al XVI secolo; originali sono invece il portale strombato e l'architrave romano. La chiesa di San Donato, all'interno è divisa in tre navate in cui la tipologia delle colonne indica le varie fasi costruttive: romane di reimpiego quelle della prima edificazione; collocate durante l'ampliamento del tardo 1100 quelle a rocchi, sormontate da capitelli, coeve alle bifore del falso matroneo. La moderna copertura a capriate della navata centrale ha sostituito quella distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Notevoli le opere conservate all'interno, tra cui vanno segnalate: una "Madonna" del XIV secolo di Nicolò da Voltri; "San Giuseppe", pala d'altare di Domenico Piola; "Il battesimo di Cristo", rilievo marmoreo con statue opera Iniziato da Ignazio Peschiera e completato dal suo allievo Carlo Rubatto; e, soprattutto, lo splendido trittico di Joos van Cleve (1515) raffigurante "L'adorazione dei Magi" (al centro), "Il committente Stefano Raggi col santo protettore" (sportello di sinistra), la "Maddalena" (sportello di destra) e il "Crocifisso tra Maria e San Giovanni" (in alto). Le opere del Piola e del van Cleve sono conservate nella cappella laterale della navata di sinistra. Approfondimenti sul sito della chiesa di San Donato e sul sito della parrocchia.
11 recommandé par les habitants
San Donato, Genoa
10 Via S. Donato
11 recommandé par les habitants
La chiesa di S. Donato fu edificata all'inizio del XII secolo e ampliata un secolo più tardi. La chiesa di San Donato rappresenta l'esempio più rilevante di romanico genovese: in particolare per il bellissimo campanile (che sarebbe più opportuno definire "torre nolare", tipica dello stile arcaico) ottagonale, decorato con fregi a dente di sega e un doppio ordine di bifore e trifore, di cui il terzo ordinre fu aggiunto solamente durante i restauri di D'Andrade della fine dell'800. La facciata non rispecchia quella originaria, poichè fu alterata dai due restauri integrativi del 1888 (effettuato da Alfredo D'Andrade) e del 1925, che aggiunsero il rosone e il protiro ed eliminaro gli intonaci successivi al XVI secolo; originali sono invece il portale strombato e l'architrave romano. La chiesa di San Donato, all'interno è divisa in tre navate in cui la tipologia delle colonne indica le varie fasi costruttive: romane di reimpiego quelle della prima edificazione; collocate durante l'ampliamento del tardo 1100 quelle a rocchi, sormontate da capitelli, coeve alle bifore del falso matroneo. La moderna copertura a capriate della navata centrale ha sostituito quella distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Notevoli le opere conservate all'interno, tra cui vanno segnalate: una "Madonna" del XIV secolo di Nicolò da Voltri; "San Giuseppe", pala d'altare di Domenico Piola; "Il battesimo di Cristo", rilievo marmoreo con statue opera Iniziato da Ignazio Peschiera e completato dal suo allievo Carlo Rubatto; e, soprattutto, lo splendido trittico di Joos van Cleve (1515) raffigurante "L'adorazione dei Magi" (al centro), "Il committente Stefano Raggi col santo protettore" (sportello di sinistra), la "Maddalena" (sportello di destra) e il "Crocifisso tra Maria e San Giovanni" (in alto). Le opere del Piola e del van Cleve sono conservate nella cappella laterale della navata di sinistra. Approfondimenti sul sito della chiesa di San Donato e sul sito della parrocchia.
La chiesa di San Giorgio, di fondazione molto antica - una fonte la cita anteriormente al Mille - potè vantare per secoli il privilegio di custodire il vessillo cittadino e di celebrare i riti civili; del resto il culto del santo (primo patrono della città) fu introdotto molto presto a Genova. Nel secolo XI la piazza omonima era un fiorente mercato (il più antico fra quelli cittadini situati immediatamente a ridosso dell'area portuale), posta in posizione strategica lungo l'asse - l'odierna via Giustiniani - che collegava il porto con Porta Soprana. Nulla rimane, però, dell'edificio primitivo: infatti il tempio venne rifondato alla fine del XVII secolo dai padri Teatini, che l'avevano acquisito nel 1629. La costruzione, a pianta ottagonale, si presenta con cupola rotonda e facciata curvilinea, rifatta a metà dell'Ottocento e decorata in stile neoclassico; il campanile risulta impostato su di una casa vicina, poichè si tratta del riadattamento della torre medievale degli Alberici. All'interno si conservano nel presbiterio tre tele di Luca Cambiaso che illustrano il "Martirio di San Giorgio" (seconda metà del '500), appartenenti alla chiesa precedente; inoltre si possono ammirare un "Cristo paziente e Santa Caterina Fieschi" di Domenico Guidobono e "San Gaetano da Thiene che riceve dalla Vergine il Bambino" di Domenico Piola (rispettivamente, al primo e terzo altare a destra) e una "Pietà" di A. Sanchez Coello (sec. XVI).
Chiesa di San Giorgio
Piazza San Giorgio
La chiesa di San Giorgio, di fondazione molto antica - una fonte la cita anteriormente al Mille - potè vantare per secoli il privilegio di custodire il vessillo cittadino e di celebrare i riti civili; del resto il culto del santo (primo patrono della città) fu introdotto molto presto a Genova. Nel secolo XI la piazza omonima era un fiorente mercato (il più antico fra quelli cittadini situati immediatamente a ridosso dell'area portuale), posta in posizione strategica lungo l'asse - l'odierna via Giustiniani - che collegava il porto con Porta Soprana. Nulla rimane, però, dell'edificio primitivo: infatti il tempio venne rifondato alla fine del XVII secolo dai padri Teatini, che l'avevano acquisito nel 1629. La costruzione, a pianta ottagonale, si presenta con cupola rotonda e facciata curvilinea, rifatta a metà dell'Ottocento e decorata in stile neoclassico; il campanile risulta impostato su di una casa vicina, poichè si tratta del riadattamento della torre medievale degli Alberici. All'interno si conservano nel presbiterio tre tele di Luca Cambiaso che illustrano il "Martirio di San Giorgio" (seconda metà del '500), appartenenti alla chiesa precedente; inoltre si possono ammirare un "Cristo paziente e Santa Caterina Fieschi" di Domenico Guidobono e "San Gaetano da Thiene che riceve dalla Vergine il Bambino" di Domenico Piola (rispettivamente, al primo e terzo altare a destra) e una "Pietà" di A. Sanchez Coello (sec. XVI).
Fondata nel 1188 da Oberto Spinola, la chiesa fu eretta in Collegiata da Innocenzo VIII nel 1485; Sisto V nel 1589 la confermò come parrocchia gentilizia delle famiglie Spinola e Grimaldi. Rifatto nelle forme attuali tra il 1626 e il 1650 dall'architetto lombardo Carlo Mutone, il tempio presenta all'interno uno splendido ciclo decorativo. Realizzati negli ultimi anni del '600 da Domenico Piola insieme al quadraturista Anton Maria Haffner, la serie di affreschi raffigura l'"Incoronazione della Vergine" nella cupola, le "Storie di San Luca" nel coro e figure allegoriche di "Virtù" a monocromo nella controfacciata e nelle cappelle laterali. La chiesa conserva altre opere importanti: come la statua in marmo con l'"Immacolata" sull'altare maggiore e il "Cristo deposto" in legno (dipinto dal Piola), entrambe di Filippo Parodi (fine XVII secolo); o il quattrocentesco reliquiario a tabernacolo collocato nel retro dell'abside, accessibile dal corridoio della sacrestia; ma soprattutto la "Natività", capolavoro assoluto di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (1645). I restauri degli ultimi anni stanno restituendo a San Luca il posto che merita nella storia dell'arte genovese: in particolare quello della cupola, i cui affreschi sono stati riportati all'antico spledore nella primavera del 2000.
Church of St. Luke
1 Piazza S. Luca
Fondata nel 1188 da Oberto Spinola, la chiesa fu eretta in Collegiata da Innocenzo VIII nel 1485; Sisto V nel 1589 la confermò come parrocchia gentilizia delle famiglie Spinola e Grimaldi. Rifatto nelle forme attuali tra il 1626 e il 1650 dall'architetto lombardo Carlo Mutone, il tempio presenta all'interno uno splendido ciclo decorativo. Realizzati negli ultimi anni del '600 da Domenico Piola insieme al quadraturista Anton Maria Haffner, la serie di affreschi raffigura l'"Incoronazione della Vergine" nella cupola, le "Storie di San Luca" nel coro e figure allegoriche di "Virtù" a monocromo nella controfacciata e nelle cappelle laterali. La chiesa conserva altre opere importanti: come la statua in marmo con l'"Immacolata" sull'altare maggiore e il "Cristo deposto" in legno (dipinto dal Piola), entrambe di Filippo Parodi (fine XVII secolo); o il quattrocentesco reliquiario a tabernacolo collocato nel retro dell'abside, accessibile dal corridoio della sacrestia; ma soprattutto la "Natività", capolavoro assoluto di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (1645). I restauri degli ultimi anni stanno restituendo a San Luca il posto che merita nella storia dell'arte genovese: in particolare quello della cupola, i cui affreschi sono stati riportati all'antico spledore nella primavera del 2000.
a chiesetta di San Marcellino fu edificata nell'XI secolo come chiesa gentilizia della famiglia Cybo. Al suo interno venne battezzato il papa Innocenzo VIII. Ricostruita nelle forme attuali nel XVII, conserva al suo interno gli arredi ottocenteschi. Questa piccola chiesa è ubicata tra via Gramsci e via Del Campo. Ristrutturata esternamente in occasione di Genova 2004 - Città Europea della Cultura.
Associazione San Marcellino
3 Piazza Bandiera
a chiesetta di San Marcellino fu edificata nell'XI secolo come chiesa gentilizia della famiglia Cybo. Al suo interno venne battezzato il papa Innocenzo VIII. Ricostruita nelle forme attuali nel XVII, conserva al suo interno gli arredi ottocenteschi. Questa piccola chiesa è ubicata tra via Gramsci e via Del Campo. Ristrutturata esternamente in occasione di Genova 2004 - Città Europea della Cultura.
La chiesa di San Marco al molo venne eretta sotto l'arcivescovo Ugone Della Volta (ossia tra il 1163 e il 1188). Il documento che ne parla è datato gennaio 1173 e informa che i Consoli di Genova concessero "sito et licentia" a un tal Striggiaporco figlio di Giovanni Nepitelli, affinchè edificasse la chiesa di San Marco Evangelista. La costruzione si concluse nel 1177; fu lo stesso arcivescovo Ugone a concedere dopo poco tempo la parrocchialità, e il suo successore Bonifacio a consacrare il tempio nel 1189. San Marco ebbe come proprio rettore nel XIV secolo Giovanni da Carignano, che è il primo cartografo genovese del quale si abbia notizia; nel 1440 furono eseguiti alcuni lavori di restauro. Nel 1594 la chiesa venne ampliata e dotata di una nuova facciata; questo insieme ad altri interventi effettuati nel 1646 (intonacatura e nuovi altari barocchi) e successivamente nel 1736, la trasformarono in senso barocco. Il restauro attuato del 1947-48 ha riportato le strutture interne originarie; oggi l'edificio, che risulta orientato in senso opposto rispetto alla primitiva costruzione romanica, ha pianta basilicale a tre navate, voltate a botte nel Seicento. Sul fianco sinistro è murata una lapide con bassorilievo, raffigurante il leone di San Marco: fu strappata alla città di Pola nel 1380, quando i Genovesi la saccheggiarono. All'interno, accanto alla parete d'ingresso, "Assunta", statua lignea del Maragliano (1736); al secondo altare della navata destra, "Madonna e i santi Nazario e Celso", gruppo marmoreo di Francesco Maria Schiaffino (1735). Tra i quadri conservati, un "Martirio di Santa Barbara" di Domenico Fiasella (1622) nel presbiterio, una tela coi "Santi Agostino e Chiara" di Antonio Giolfi, le "Nozze mistiche di Santa Caterina" di Orazio De Ferrari (1630 c.) e "Anime purganti", dipinto seicentesco di Giulio Benso.
Chiesa di San Marco al Molo
La chiesa di San Marco al molo venne eretta sotto l'arcivescovo Ugone Della Volta (ossia tra il 1163 e il 1188). Il documento che ne parla è datato gennaio 1173 e informa che i Consoli di Genova concessero "sito et licentia" a un tal Striggiaporco figlio di Giovanni Nepitelli, affinchè edificasse la chiesa di San Marco Evangelista. La costruzione si concluse nel 1177; fu lo stesso arcivescovo Ugone a concedere dopo poco tempo la parrocchialità, e il suo successore Bonifacio a consacrare il tempio nel 1189. San Marco ebbe come proprio rettore nel XIV secolo Giovanni da Carignano, che è il primo cartografo genovese del quale si abbia notizia; nel 1440 furono eseguiti alcuni lavori di restauro. Nel 1594 la chiesa venne ampliata e dotata di una nuova facciata; questo insieme ad altri interventi effettuati nel 1646 (intonacatura e nuovi altari barocchi) e successivamente nel 1736, la trasformarono in senso barocco. Il restauro attuato del 1947-48 ha riportato le strutture interne originarie; oggi l'edificio, che risulta orientato in senso opposto rispetto alla primitiva costruzione romanica, ha pianta basilicale a tre navate, voltate a botte nel Seicento. Sul fianco sinistro è murata una lapide con bassorilievo, raffigurante il leone di San Marco: fu strappata alla città di Pola nel 1380, quando i Genovesi la saccheggiarono. All'interno, accanto alla parete d'ingresso, "Assunta", statua lignea del Maragliano (1736); al secondo altare della navata destra, "Madonna e i santi Nazario e Celso", gruppo marmoreo di Francesco Maria Schiaffino (1735). Tra i quadri conservati, un "Martirio di Santa Barbara" di Domenico Fiasella (1622) nel presbiterio, una tela coi "Santi Agostino e Chiara" di Antonio Giolfi, le "Nozze mistiche di Santa Caterina" di Orazio De Ferrari (1630 c.) e "Anime purganti", dipinto seicentesco di Giulio Benso.
La chiesa di San Matteo fu fondata nel 1125 da Martino Doria come chiesa gentilizia della propria famiglia e completamente modificata in forme gotiche nel 1278. La chiesa di San Matteo si affaccia sulla piazza omonima, che rappresenta forse l'angolo meglio conservato della Genova medioevale. L'edificio fu rinnovato a metà del XVI secolo per volere di Andrea Doria da Giovanni Angelo Montorsoli (presbiterio e cupola); e poi nel 1557-59 su progetto di Giovanni Battista Castello (navate e decorazione, realizzata insieme a Luca Cambiaso). Della sistemazione gotica si è conservato l'interno a tre navate e, soprattutto, l'intatta facciata a strisce bianche e nere, tripartita da lesene incorniciate da archetti; il paramento bicromo è arricchito da un grande rosone centrale e da due bifore (prive di colonnina interna) ai lati. Nel prospetto è inserito un sarcofago tardoromano - secondo l'uso locale, attestato anche in San Lorenzo - con "Allegoria dell'autunno", già sepoltura di Lamba Doria, che lo riportò da Curzola. Sul fianco sinistro della chiesa si trova il chiostro di San Matteo di forma quadrangolare del 1308, ad archi acuti su colonnine binate; all'interno, la cantoria, l'altare con trofei, i due pulpiti e le urne del presbiterio sono attribuiti a Silvio Cosini e al Montorsoli (autore pure delle statue che ornano le nicchie dell'abside). Nella volta della navata centrale si trovano il "Miracolo del dragone d'Etiopia" di Luca Cambiaso e la "Vocazione di San Matteo" di G. B. Castello; da notare una "Deposizione", scultura lignea del Maragliano, e la tomba di Andrea Doria, opera del Montorsoli, nella cripta.
20 recommandé par les habitants
Church of San Matteo
18 Piazza di S. Matteo
20 recommandé par les habitants
La chiesa di San Matteo fu fondata nel 1125 da Martino Doria come chiesa gentilizia della propria famiglia e completamente modificata in forme gotiche nel 1278. La chiesa di San Matteo si affaccia sulla piazza omonima, che rappresenta forse l'angolo meglio conservato della Genova medioevale. L'edificio fu rinnovato a metà del XVI secolo per volere di Andrea Doria da Giovanni Angelo Montorsoli (presbiterio e cupola); e poi nel 1557-59 su progetto di Giovanni Battista Castello (navate e decorazione, realizzata insieme a Luca Cambiaso). Della sistemazione gotica si è conservato l'interno a tre navate e, soprattutto, l'intatta facciata a strisce bianche e nere, tripartita da lesene incorniciate da archetti; il paramento bicromo è arricchito da un grande rosone centrale e da due bifore (prive di colonnina interna) ai lati. Nel prospetto è inserito un sarcofago tardoromano - secondo l'uso locale, attestato anche in San Lorenzo - con "Allegoria dell'autunno", già sepoltura di Lamba Doria, che lo riportò da Curzola. Sul fianco sinistro della chiesa si trova il chiostro di San Matteo di forma quadrangolare del 1308, ad archi acuti su colonnine binate; all'interno, la cantoria, l'altare con trofei, i due pulpiti e le urne del presbiterio sono attribuiti a Silvio Cosini e al Montorsoli (autore pure delle statue che ornano le nicchie dell'abside). Nella volta della navata centrale si trovano il "Miracolo del dragone d'Etiopia" di Luca Cambiaso e la "Vocazione di San Matteo" di G. B. Castello; da notare una "Deposizione", scultura lignea del Maragliano, e la tomba di Andrea Doria, opera del Montorsoli, nella cripta.
La chiesa di San Pancrazio, nota fin dall'XI secolo, venne ricostruita su progetto di Antonio Ricca dopo il bombardamento navale francese del 1684 in forme tardo barocche. Gia' parrocchia gentilizia delle famiglie Calvi e Pallavicini, l'edificio, danneggiato pesantemente dai bombardamenti dell'ultima guerra, è attualmente sede della Delegazione Ligure del Sovrano Militare Ordine di Malta. L'interno, a pianta centrale coronata da un'alta cupola, con mosse pareti perimetrali scandite da lesene, contiene affreschi di Giacomo Antonio Boni nell'abside; raffinati gli stucchi del cornicione. Tra le opere d'arte, notevoli l'altare marmoreo, con paliotto e statua di "San Pancrazio" (Filippo Parodi, XVII secolo) e la settecentesca statua della "Madonna della Misericordia" di Francesco Maria Schiaffino. Il vero gioiello di questa chiesa è però rappresentato dallo splendido trittico fiammingo illustrante la vita di San Pancrazio (inizio del '500), protetto da sportelli dipinti e collocato dietro l'altare maggiore. Il sabato alle 17 nella chiesa di San Pancrazio viene tenuta la messa in latino.
Chiesa Di San Pancrazio
Piazza San Pancrazio
La chiesa di San Pancrazio, nota fin dall'XI secolo, venne ricostruita su progetto di Antonio Ricca dopo il bombardamento navale francese del 1684 in forme tardo barocche. Gia' parrocchia gentilizia delle famiglie Calvi e Pallavicini, l'edificio, danneggiato pesantemente dai bombardamenti dell'ultima guerra, è attualmente sede della Delegazione Ligure del Sovrano Militare Ordine di Malta. L'interno, a pianta centrale coronata da un'alta cupola, con mosse pareti perimetrali scandite da lesene, contiene affreschi di Giacomo Antonio Boni nell'abside; raffinati gli stucchi del cornicione. Tra le opere d'arte, notevoli l'altare marmoreo, con paliotto e statua di "San Pancrazio" (Filippo Parodi, XVII secolo) e la settecentesca statua della "Madonna della Misericordia" di Francesco Maria Schiaffino. Il vero gioiello di questa chiesa è però rappresentato dallo splendido trittico fiammingo illustrante la vita di San Pancrazio (inizio del '500), protetto da sportelli dipinti e collocato dietro l'altare maggiore. Il sabato alle 17 nella chiesa di San Pancrazio viene tenuta la messa in latino.
La chiesa di San Pietro in Banchi venne costruita sull'area anticamente occupata dalla chiesetta di San Pietro della Porta, distrutta nel 1398 da un incendio appiccato durante uno scontro fra guelfi e ghibellini, ed é uno dei tre edifici religiosi (gli altri sono il Duomo e San Bernardo) fatti erigere a Genova dal governo della Repubblica. Dedicata dal Senato genovese a Maria Immacolata per adempiere a un voto legato alla fine di un'epidemia, la chiesa fu finanziata, insieme alla vicina Loggia dei Mercanti, posteriore di pochi anni, grazie all'affitto e alla vendita di alcune botteghe collocate sotto di essa. Questo aspetto obbligò Bernardino Cantone a concepire nel 1572 un progetto - a pianta centrale con cupola ottagonale e quattro pinnacoli, di cui solo tre poi realizzati - in cui l'intera costruzione, collocata su una terrazza, rimanesse sopraelevata rispetto al livello della strada, cui la raccorda uno scenografico scalone. La fabbrica fu compiuta entro il 1585 da Giovanni Ponzello e dal Vannone; alla decorazione della facciata, mai completata, si sostituirono motivi architettonici affrescati, insufficienti però a togliere al tempio quell'aria dimessa e "non finita" che ne caratterizza l'esterno. Di segno opposto appare il ricco interno, decorato a paraste corinzie e nobilitato dai bellissimi stucchi del coro (in cattivo stato di conservazione) con le "Storie della Passione di Cristo", realizzati dall'urbinate Marcello Sparzo e da Stefano Storace nel 1603; da segnalare pure le statue di santi - collocate, quattro per parte, in nicchie all'interno delle due cappelle maggiori - scolpite all'inizio del Seicento dai ticinesi Taddeo Carlone e Daniele Casella. Quanto al corredo pittorico, la seconda cappella di sinistra ospita una tela di Andrea Semino con l'"Immacolata" (1588), sovrastata da affreschi, assai deteriorati, di Andrea Ansaldo ("Madonna in trono" e "Presentazione al Tempio", 1630 c.); dirimpetto, "Decollazione del Battista", pala di Benedetto Brandimarte (1590). In condizioni non migliori dei dipinti murali dell'Ansaldo appaiono altri affreschi, che ornano il vestibolo (medaglie con santi e scorci di angeli, opera di G. B. Baiardo, 1650) e i peducci della cupola ("Profeti" di Paolo Gerolamo Piola, fine XVIII secolo).
San Pietro in Banchi
Piazza Banchi
La chiesa di San Pietro in Banchi venne costruita sull'area anticamente occupata dalla chiesetta di San Pietro della Porta, distrutta nel 1398 da un incendio appiccato durante uno scontro fra guelfi e ghibellini, ed é uno dei tre edifici religiosi (gli altri sono il Duomo e San Bernardo) fatti erigere a Genova dal governo della Repubblica. Dedicata dal Senato genovese a Maria Immacolata per adempiere a un voto legato alla fine di un'epidemia, la chiesa fu finanziata, insieme alla vicina Loggia dei Mercanti, posteriore di pochi anni, grazie all'affitto e alla vendita di alcune botteghe collocate sotto di essa. Questo aspetto obbligò Bernardino Cantone a concepire nel 1572 un progetto - a pianta centrale con cupola ottagonale e quattro pinnacoli, di cui solo tre poi realizzati - in cui l'intera costruzione, collocata su una terrazza, rimanesse sopraelevata rispetto al livello della strada, cui la raccorda uno scenografico scalone. La fabbrica fu compiuta entro il 1585 da Giovanni Ponzello e dal Vannone; alla decorazione della facciata, mai completata, si sostituirono motivi architettonici affrescati, insufficienti però a togliere al tempio quell'aria dimessa e "non finita" che ne caratterizza l'esterno. Di segno opposto appare il ricco interno, decorato a paraste corinzie e nobilitato dai bellissimi stucchi del coro (in cattivo stato di conservazione) con le "Storie della Passione di Cristo", realizzati dall'urbinate Marcello Sparzo e da Stefano Storace nel 1603; da segnalare pure le statue di santi - collocate, quattro per parte, in nicchie all'interno delle due cappelle maggiori - scolpite all'inizio del Seicento dai ticinesi Taddeo Carlone e Daniele Casella. Quanto al corredo pittorico, la seconda cappella di sinistra ospita una tela di Andrea Semino con l'"Immacolata" (1588), sovrastata da affreschi, assai deteriorati, di Andrea Ansaldo ("Madonna in trono" e "Presentazione al Tempio", 1630 c.); dirimpetto, "Decollazione del Battista", pala di Benedetto Brandimarte (1590). In condizioni non migliori dei dipinti murali dell'Ansaldo appaiono altri affreschi, che ornano il vestibolo (medaglie con santi e scorci di angeli, opera di G. B. Baiardo, 1650) e i peducci della cupola ("Profeti" di Paolo Gerolamo Piola, fine XVIII secolo).
Nel gennaio dell'anno 1141, su richiesta di un canonico Ansaldo, i Consoli di Genova diedero in dono "14 tavole di terra" per la costruzione di una chiesa nel campo di Sarzano, che all'epoca ospitava manifestazioni pubbliche e parate ufficiali. Da questo fatto nascerà la chiesa di San Salvatore in Sarzano. San Salvatore risulta citata come parrocchia soltanto in documenti del 1191. Nell'anno 1611 si decise di ampliare ed ammodernare l'edificio religoso, dopo aver preso in considerazione vari progetti di ampliamento presentati fin dal 1578. La data, contenuta in un documento d'archivio scritto da un rettore del tempo, è emersa da studi recenti, e contraddice quella del 1653, tradizionalmente accettata dagli storici. La chiesa fu dotata di un'ampia navata unica; il campanile, eretto nello stesso periodo, venne in seguito restaurato e le sue campane aumentate a cinque. Nel 1692 ebbe l'organo, poi riformato e arricchito nel 1844; in quel periodo San Salvatore era ricca di opere d'arte, anche perchè nel 1809 aveva incamerato i beni della parrocchia di Santa Croce, soppressa dal cardinale Giuseppe Spina. La chiesa subì per ben due volte gravi danni dalle bombe. La prima a causa del bombardamento navale francese del 1684, che provocò il crollo del soffitto; la seconda nel 1942, quando fu incendiata e distrutta. Dopo la guerra l'edificio è rimasto per decenni in rovina, finchè - nell'ambito dei lavori per la collocazione della facoltà di Architettura sull'area del bombardato convento di San Silvestro in stradone Sant'Agostino - è stato completamente ristrutturato per ospitare l'aula magna del complesso universitario. Vista la capienza - può accogliere fino a 340 spettatori - viene utilizzato anche come sede per concerti.
Chiesa Di San Pancrazio
Piazza San Pancrazio
Nel gennaio dell'anno 1141, su richiesta di un canonico Ansaldo, i Consoli di Genova diedero in dono "14 tavole di terra" per la costruzione di una chiesa nel campo di Sarzano, che all'epoca ospitava manifestazioni pubbliche e parate ufficiali. Da questo fatto nascerà la chiesa di San Salvatore in Sarzano. San Salvatore risulta citata come parrocchia soltanto in documenti del 1191. Nell'anno 1611 si decise di ampliare ed ammodernare l'edificio religoso, dopo aver preso in considerazione vari progetti di ampliamento presentati fin dal 1578. La data, contenuta in un documento d'archivio scritto da un rettore del tempo, è emersa da studi recenti, e contraddice quella del 1653, tradizionalmente accettata dagli storici. La chiesa fu dotata di un'ampia navata unica; il campanile, eretto nello stesso periodo, venne in seguito restaurato e le sue campane aumentate a cinque. Nel 1692 ebbe l'organo, poi riformato e arricchito nel 1844; in quel periodo San Salvatore era ricca di opere d'arte, anche perchè nel 1809 aveva incamerato i beni della parrocchia di Santa Croce, soppressa dal cardinale Giuseppe Spina. La chiesa subì per ben due volte gravi danni dalle bombe. La prima a causa del bombardamento navale francese del 1684, che provocò il crollo del soffitto; la seconda nel 1942, quando fu incendiata e distrutta. Dopo la guerra l'edificio è rimasto per decenni in rovina, finchè - nell'ambito dei lavori per la collocazione della facoltà di Architettura sull'area del bombardato convento di San Silvestro in stradone Sant'Agostino - è stato completamente ristrutturato per ospitare l'aula magna del complesso universitario. Vista la capienza - può accogliere fino a 340 spettatori - viene utilizzato anche come sede per concerti.
La prima edificazione della chiesa avvenne tra il 1088 e il 1093, in forme romaniche, per ricordare una grande vittoria di genovesi e pisani contro la flotta araba. Il vittorioso scontro era avvenuto il 6 agosto del 1087: di qui, secondo l'uso medievale, la dedica a papa Sisto II, festeggiato in quel giorno. Affidato alle cure dei monaci benedettini dell'abbazia di San Michele della Chiusa, in Val di Susa (meglio conosciuta come "Sacra di San Michele"), che la ressero - salvo un'interruzione tra il 1217 e il 1241 - fino al 1479, il tempio passò ai commendatari e quindi al clero secolare. Nel Settecento la chiesa subì un restauro; ma nel 1825 fu distrutta per consentire il tracciamento della nuova strada Carlo Alberto (oggi via Gramsci), primo tratto di quella Circonvallazione a mare che sarà completata cinquant'anni dopo. San Sisto venne riedificata in forme neoclassiche - con un interno di composta monumentalit&sgrave; - entro il 1827, su progetto di G. B. Resasco e Pietro Pellegrini; quest'ultimo - impegnato in quegli stessi anni a Genova nell'ampliamento del palazzo Interiano Pallavicini - è l'autore della grande cupola, arricchita dal Resasco con l'inserimento di colonnati corinzi e affrescata da Michel Cesare Danielli. A metà Ottocento, oltre a vari lavori di sistemazione, fu posta sull'altar maggiore la statua di San Sisto, dovuta allo scultore Giovanni Battista Cevasco, e donata alla chiesa dal marchese Ignazio Alessandro Pallavicini.
San Sisto, Genoa
54 Via di Prè
La prima edificazione della chiesa avvenne tra il 1088 e il 1093, in forme romaniche, per ricordare una grande vittoria di genovesi e pisani contro la flotta araba. Il vittorioso scontro era avvenuto il 6 agosto del 1087: di qui, secondo l'uso medievale, la dedica a papa Sisto II, festeggiato in quel giorno. Affidato alle cure dei monaci benedettini dell'abbazia di San Michele della Chiusa, in Val di Susa (meglio conosciuta come "Sacra di San Michele"), che la ressero - salvo un'interruzione tra il 1217 e il 1241 - fino al 1479, il tempio passò ai commendatari e quindi al clero secolare. Nel Settecento la chiesa subì un restauro; ma nel 1825 fu distrutta per consentire il tracciamento della nuova strada Carlo Alberto (oggi via Gramsci), primo tratto di quella Circonvallazione a mare che sarà completata cinquant'anni dopo. San Sisto venne riedificata in forme neoclassiche - con un interno di composta monumentalit&sgrave; - entro il 1827, su progetto di G. B. Resasco e Pietro Pellegrini; quest'ultimo - impegnato in quegli stessi anni a Genova nell'ampliamento del palazzo Interiano Pallavicini - è l'autore della grande cupola, arricchita dal Resasco con l'inserimento di colonnati corinzi e affrescata da Michel Cesare Danielli. A metà Ottocento, oltre a vari lavori di sistemazione, fu posta sull'altar maggiore la statua di San Sisto, dovuta allo scultore Giovanni Battista Cevasco, e donata alla chiesa dal marchese Ignazio Alessandro Pallavicini.
Il culto di San Torpete fu importato a Genova dai mercanti pisani - devoti al loro concittadino, martire cristiano del primo secolo - che possedevano una loggia nella vicina area curiale dei Della Volta. La chiesa risalirebbe almeno al XII secolo (ma già nel 935 esisteva nella cinta della città una porta San Torpete); non molto tempo dopo i Pisani la cedettero alla famiglia Della Volta (poi Cattaneo), la quale ne ottenne nel 1180 il giuspatronato, che conserva tuttora; in seguito divenne parrocchiale. Originariamente costruito con pietre squadrate secondo lo stile lombardo, l'edificio sacro subì gravi danni durante il bombardamento navale francese del 1684 e dovette essere atterrato e poi totalmente ricostruito. La nuova chiesa fu realizzata nel 1730-33 su progetto di Giovanni Antonio Ricca il Giovane, e rappresenta il capolavoro dell'architetto imperiese; nel corso dell'Ottocento fu completata la facciata - coeva a quella prospiciente di San Giorgio - e nel 1933 si mise mano a un restauro generale sotto la direzione dell'ingegner Giuseppe Abbiate. Esternamente il tempio ha pianta rettangolare (ovale all'interno) con rientranze agli angoli; all'interno la bella cupola ellettica occupa interamente lo spazio, sottolineata dalle decorazioni a stucco, che danno continuità all'ambiente. Tra le opere conservate, "San torpete illeso tra le fiere" di Giovanni Carlone nella controfacciata, una "Madonna e santi" (fine XVI sec.) sull'altare destro e un seicentesco "San Filippo Neri in estasi" (attribuito alla scuola di G.B. Paggi) su quello sinistro. Nel 1887, durante un suo soggiorno a Genova, celebrò Messa per alcuni giorni in San Torpete monsignor Giuseppe Sarto, vescovo di Mantova e futuro papa Pio X.
San Torpete
Piazza San Giorgio
Il culto di San Torpete fu importato a Genova dai mercanti pisani - devoti al loro concittadino, martire cristiano del primo secolo - che possedevano una loggia nella vicina area curiale dei Della Volta. La chiesa risalirebbe almeno al XII secolo (ma già nel 935 esisteva nella cinta della città una porta San Torpete); non molto tempo dopo i Pisani la cedettero alla famiglia Della Volta (poi Cattaneo), la quale ne ottenne nel 1180 il giuspatronato, che conserva tuttora; in seguito divenne parrocchiale. Originariamente costruito con pietre squadrate secondo lo stile lombardo, l'edificio sacro subì gravi danni durante il bombardamento navale francese del 1684 e dovette essere atterrato e poi totalmente ricostruito. La nuova chiesa fu realizzata nel 1730-33 su progetto di Giovanni Antonio Ricca il Giovane, e rappresenta il capolavoro dell'architetto imperiese; nel corso dell'Ottocento fu completata la facciata - coeva a quella prospiciente di San Giorgio - e nel 1933 si mise mano a un restauro generale sotto la direzione dell'ingegner Giuseppe Abbiate. Esternamente il tempio ha pianta rettangolare (ovale all'interno) con rientranze agli angoli; all'interno la bella cupola ellettica occupa interamente lo spazio, sottolineata dalle decorazioni a stucco, che danno continuità all'ambiente. Tra le opere conservate, "San torpete illeso tra le fiere" di Giovanni Carlone nella controfacciata, una "Madonna e santi" (fine XVI sec.) sull'altare destro e un seicentesco "San Filippo Neri in estasi" (attribuito alla scuola di G.B. Paggi) su quello sinistro. Nel 1887, durante un suo soggiorno a Genova, celebrò Messa per alcuni giorni in San Torpete monsignor Giuseppe Sarto, vescovo di Mantova e futuro papa Pio X.
La basilica di Santa Maria Assunta nel quartiere di Carignano (intitolata anche ai santi Fabiano e Sebastiano) fu voluta dalla famiglia Sauli. I lavori cominciarono nel 1522 e continuarono per più di un secolo, sebbene si sia iniziato ad officiarvi fin dal 1564. Fu chiamato a progettarla Galeazzo Alessi, che volle un edificio a pianta quadrata, rivestito esternamente in pietra di Finale, con elementi decorativi in marmo bianco. La facciata principale, con lesene corinzie, è affiancata da due campanili; è probabile che questa, nel progetto, avrebbe dovuto essere la sistemazione definitiva di ciascun lato della costruzione. L'interno assai sobrio, prettamente cinquecentesco, è caratterizzato da quattro grandi pilastri che reggono la grandiosa cupola centrale, che ricorda le caratteristiche essenziali dei progetti di Bramante e Michelangelo per San Pietro in Vaticano. Vi sono conservate pregevoli opere d'arte, tra cui sculture di Pierre Puget e Filippo Parodi, tele di Domenico Piola, Luca Cambiaso, del Guercino e del Procaccini.
Santa Maria Assunta, Genoa
8 Piazza di Carignano
La basilica di Santa Maria Assunta nel quartiere di Carignano (intitolata anche ai santi Fabiano e Sebastiano) fu voluta dalla famiglia Sauli. I lavori cominciarono nel 1522 e continuarono per più di un secolo, sebbene si sia iniziato ad officiarvi fin dal 1564. Fu chiamato a progettarla Galeazzo Alessi, che volle un edificio a pianta quadrata, rivestito esternamente in pietra di Finale, con elementi decorativi in marmo bianco. La facciata principale, con lesene corinzie, è affiancata da due campanili; è probabile che questa, nel progetto, avrebbe dovuto essere la sistemazione definitiva di ciascun lato della costruzione. L'interno assai sobrio, prettamente cinquecentesco, è caratterizzato da quattro grandi pilastri che reggono la grandiosa cupola centrale, che ricorda le caratteristiche essenziali dei progetti di Bramante e Michelangelo per San Pietro in Vaticano. Vi sono conservate pregevoli opere d'arte, tra cui sculture di Pierre Puget e Filippo Parodi, tele di Domenico Piola, Luca Cambiaso, del Guercino e del Procaccini.
Santa Maria delle Vigne è uno degli edifici religiosi più antichi di Genova. Lo storico Domenico Cambiaso, oltre a confermare la preesistenza d'una chiesetta primitiva, sostiene (basandosi su un antichissimo calendario liturgico scoperto nel '700 nell'archivio delle Vigne) che la costruzione sarebbe avvenuta nell'anno 560. La chiesa attuale fu fondata intorno al 980 da Oberto Visconti e Guido di Carmandino; della basilica romanica risalente alla metà del XII secolo restano oggi il bellissimo campanile, con bifore e pentafore, e dotato di cuspide e pinnacoli, e il chiostro, quadrangolare con capitelli cubici e colonne molto arcaiche. Del '400 è il portale sul fianco destro, sormontato da statue attribuite a Donato Rodari e Giovanni Gagini e impreziosito nella lunetta da un affresco di Domenico Piola ("Madonna col Bambino e San Giovannino"). L'originario complesso romanico non fu alterato dai lavori eseguiti da Gaspare Della Corte sul finire del XVI secolo (1590 - 1596), che si limitarono alla parte absidale; l'ardita trasformazione barocca della chiesa avvenne dopo il 1640 per mano di Daniele Casella. L'architetto e scultore ticinese rifece le navate - rialzando quelle laterali con vele e abbassando quella centrale con una volta a botte posta sotto quella originaria a capriate - introducendo lo schema a colonne binate come in San Siro; inoltre una cupola ottagonale sostituì il tiburio. Tra il 1841 e il 1848 Italo Cremona realizzò la nuova facciata in marmo, di tardo stile neoclassico; l'8 gennaio 1983 la chiesa è stata insignita da papa Giovanni Paolo II del titolo di Basilica Minore. La decorazione avvenne in epoca più tarda rispetto alla trasformazione seicentesca, ad eccezione della volta del presbiterio, su cui Lazzaro Tavarone dipinse la "Gloria di Maria"; all'affrescatura della chiesa lavorarono Giuseppe Palmieri e Paolo Gerolamo Brusco ("L'Invenzione della Croce" e "Transito di Maria") durante il '700, e poi ancora nell'800 Giuseppe Paganelli, Santino Tagliafichi e Giuseppe Passano. Tra le moltissime opere d'arte custodite all'interno: tre scomparti di polittici del '400; "Cenacolo", tela di Simone Balli (inizio XVII sec.); "Annunciazione" di Andrea Carlone; "San Michele" di Gregorio De Ferrari (1680 c.); statue delle "Virtù teologali" di Filippo Parodi (1661 c.); tavoletta con "Madonna" della fine del '300, attribuita al senese Taddeo di Bartolo; nel catino absidale, "Immacolata" di Domenico Piola, autore anche di due tele con il "Trionfo della Croce" (1690 c.) e la "Visione di San Giovanni"; una scultura lignea policroma attribuita al Maragliano; "Presepio" e "Andata al Calvario", tele tradizionalmente attribuite a Bartolomeo Guidobono; "I diecimila Crocifissi" di Bernardo Castello (1580). Da notare anche l'altare maggiore, dovuto a Giacomo Ponsonelli (1730 c.), e un "Sant'Eligio", lastra tombale marmorea della corporazione degli orefici (1459); infatti in Santa Maria delle Vigne esistevano cappelle (o piuttosto altari) tradizionalmente appartenenti alle varie Confraternite d'Arti e Mestieri.
16 recommandé par les habitants
Santa Maria delle Vigne
5 Vico del Campanile delle Vigne
16 recommandé par les habitants
Santa Maria delle Vigne è uno degli edifici religiosi più antichi di Genova. Lo storico Domenico Cambiaso, oltre a confermare la preesistenza d'una chiesetta primitiva, sostiene (basandosi su un antichissimo calendario liturgico scoperto nel '700 nell'archivio delle Vigne) che la costruzione sarebbe avvenuta nell'anno 560. La chiesa attuale fu fondata intorno al 980 da Oberto Visconti e Guido di Carmandino; della basilica romanica risalente alla metà del XII secolo restano oggi il bellissimo campanile, con bifore e pentafore, e dotato di cuspide e pinnacoli, e il chiostro, quadrangolare con capitelli cubici e colonne molto arcaiche. Del '400 è il portale sul fianco destro, sormontato da statue attribuite a Donato Rodari e Giovanni Gagini e impreziosito nella lunetta da un affresco di Domenico Piola ("Madonna col Bambino e San Giovannino"). L'originario complesso romanico non fu alterato dai lavori eseguiti da Gaspare Della Corte sul finire del XVI secolo (1590 - 1596), che si limitarono alla parte absidale; l'ardita trasformazione barocca della chiesa avvenne dopo il 1640 per mano di Daniele Casella. L'architetto e scultore ticinese rifece le navate - rialzando quelle laterali con vele e abbassando quella centrale con una volta a botte posta sotto quella originaria a capriate - introducendo lo schema a colonne binate come in San Siro; inoltre una cupola ottagonale sostituì il tiburio. Tra il 1841 e il 1848 Italo Cremona realizzò la nuova facciata in marmo, di tardo stile neoclassico; l'8 gennaio 1983 la chiesa è stata insignita da papa Giovanni Paolo II del titolo di Basilica Minore. La decorazione avvenne in epoca più tarda rispetto alla trasformazione seicentesca, ad eccezione della volta del presbiterio, su cui Lazzaro Tavarone dipinse la "Gloria di Maria"; all'affrescatura della chiesa lavorarono Giuseppe Palmieri e Paolo Gerolamo Brusco ("L'Invenzione della Croce" e "Transito di Maria") durante il '700, e poi ancora nell'800 Giuseppe Paganelli, Santino Tagliafichi e Giuseppe Passano. Tra le moltissime opere d'arte custodite all'interno: tre scomparti di polittici del '400; "Cenacolo", tela di Simone Balli (inizio XVII sec.); "Annunciazione" di Andrea Carlone; "San Michele" di Gregorio De Ferrari (1680 c.); statue delle "Virtù teologali" di Filippo Parodi (1661 c.); tavoletta con "Madonna" della fine del '300, attribuita al senese Taddeo di Bartolo; nel catino absidale, "Immacolata" di Domenico Piola, autore anche di due tele con il "Trionfo della Croce" (1690 c.) e la "Visione di San Giovanni"; una scultura lignea policroma attribuita al Maragliano; "Presepio" e "Andata al Calvario", tele tradizionalmente attribuite a Bartolomeo Guidobono; "I diecimila Crocifissi" di Bernardo Castello (1580). Da notare anche l'altare maggiore, dovuto a Giacomo Ponsonelli (1730 c.), e un "Sant'Eligio", lastra tombale marmorea della corporazione degli orefici (1459); infatti in Santa Maria delle Vigne esistevano cappelle (o piuttosto altari) tradizionalmente appartenenti alle varie Confraternite d'Arti e Mestieri.
Eretto nel '400, l'oratorio assunse l'attuale aspetto barocco nella prima metà del Seicento, quando negli spazi delimitati dalle lesene e nel presbiterio furono inseriti i dodici grandi quadri per cui è famoso: non a caso è stato definito un museo della storia dell'arte genovese del '600, con opere dipinte da alcuni dei maggiori artisti liguri del periodo. La magnifica raccolta presenta firme ilustri: Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i Mori"), G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a re Ferdinando" e "Martirio di San Giacomo"), Valerio Castello ("San Pietro battezza San Giacomo"), Giovanni Domenico Cappellino ("Predicazione dell'apostolo"), Domenico Piola ("Martirio del santo"), Giovanni Lorenzo Bertolotto ("L'invenzione della spoglia") e Aurelio Lomi ("I figli di Zebedeo presentati a Gesù"). La quadreria è assai significativa anche perchè le tele rappresentano i momenti più importanti della vita e dell'iconografia di San Giacomo, e sono state donate da singoli o da gruppi di confratelli. Difatti la chiesa è sede di una delle confraternite che nel Sei e Settecento furono protagoniste - in un trionfo di stendardi, crocifissi e gruppi scolpiti coperti d'oro e argento - delle famose processioni delle "casacce". L'oratorio conserva pure una cassa d'organo e un gruppo processionale, entrambi opera del marsigliese H. Pellè, oltre a tre crocifissi e sei panconi settecenteschi. I recenti lavori di restauro ancora in corso hanno messo alla luce sia l'interno della chiesa, sia i bellissimi chiostri. Il complesso di Santa Maria di Castello è ricco di tesori. La chiesa, in particolare, attraverso la concessione delle cappelle alle grandi famiglie della nobiltà genovese ha incrementato enormemente durante i secoli il proprio corredo artistico (specie quello pittorico); eccolo, diviso per comodità in settori e cappelle. Controfacciata Al centro, statua marmorea di "San Domenico" (Francesco Maria Schiaffino); a sinistra, "Madonna col Bambino e i santi Domenico e Pietro martire", affresco di Lorenzo Fasolo (fine XV sec.) proveniente dalla demolita chiesa di San Domenico. Navata destra Primo altare: "San Pio V" di Alessandro Gherardini (XVIII sec.); sopra, una "Maddalena" settecentesca di Giuseppe Palmieri. Secondo altare: "San Pietro martire a colloquio col Crocifisso" di Francesco Boccaccino (sec. XVIlI). Terzo altare: "I santi Giovanni Battista, Antonino e Tommaso d'Aquino" di Pier Francesco Sacchi (1526), con affreschi coevi ("Storie del re Davide") e maioliche dipinte di scuola genovese del '500. Quarto altare: "Martirio di San Pietro da Verona" di Bernardo Castello (1597). Quinto altare: "Assunta" di Aurelio Lomi; alla testata del transetto, "Monumento funebre di Demetrio Canevari", di Tommaso Orsolino (1626). Cappella a destra del presbiterio: volta affrescata da Bernardo Castello; "San Giacinto" di Aurelio Lomi. Altare maggiore: gruppo marmoreo dell'"Assunzione", di Domenico Parodi (fine XVII secolo). Cappella a sinistra del presbiterio: "Santa Rosa da Lima" di Domenico Piola. Cappella del transetto sinistro: sull'altare, "La Vergine con le sante Caterina e Maddalena e l'effigie di San Domenico", del Greehetto; a sinistra, "Miracolo dei pani" di Francesco Boccaccino. Cappella del Crocifisso: sull'arco d'ingresso, affresco con la "Vergine addolorata" di Gregorio De Ferrari; copia del Crocifisso ligneo medievale (ora nella Biblioteca vecchia) col rivestimento originale barocco. Navata sinistra Quarta cappella, "Madonna del Rosario", gruppo ligneo di scuola del Maragliano (sec. XVIII). Terza cappella: "Il beato Sebastiano Maggi entra in Santa Maria di Castello" di Francesco Zignago (sec. XVIII). La visita al complesso di Santa Maria di Castello riprende nella navata sinistra della chiesa. Prima cappella (dedicata a San Vincenzo Ferrer): "Il transito del santo", attribuito a G.B. Paggi (primo '600); "Il santo intercede per una regina" di Andrea Ansaldo; "Predica del santo fanciullo" di Luciano Borzone. Battistero: polittico con "Nozze mistiche di Santa Caterina d'Alessandria e Santa Caterina da Siena", di maestri lombardi del XV secolo; sarcofago romano; tabernacolo per gli oli santi (sec. XV). Sacrestia (cui si accede dal transetto destro, attraverso un passaggio con un'acquasantiera di Giovanni Gagini), già cappella Grimaldi: "San Sebastiano", tela del 1738 di Giuseppe Palmieri; "portale maggiore", opera di matrice toscana dovuta a Leonardo Riccomanni e Giovanni Gagini (1452); sopra, lunetta gotica del '300 con la "Crocifissione". Atrio della Loggia dell'Annunciazione: sulla volta, affreschi con "I santi Pietro martire, Raimondo e Tommaso" di Giacomo Serfolio; sulla parete sinistra, "Predicazione di San Vincenzo Ferrer", affresco del secolo XV; di fronte, una "Madonna su ardesia" del '600; a destra, disegno preparatorio dell'affresco di Carlo Braccesco ora in Biblioteca. Loggia dell'Annunciazione (raggiungibile dall'atrio per una scala), aperta sul secondo chiostro. Al primo piano: "Annunciazione", affresco di Giusto d'Alemagna (1451); sulla volta, crociere con "foglie fiammeggianti" e tondi con "Sibille e Profeti" (sec. XV); sul fondo, portale d'ardesia con "San Domenico che invita al silenzio" nella lunetta; nel Refettorio, lunette con "Santi" dell'antica abside sinistra della chiesa (metà sec. XVI) e "Crocifisso" ligneo su tavola (sec. XIV). Al secondo piano, o Loggia superiore: statua rinascimentale di "Santa Caterina d'Alessandria"; tabernacolo marmoreo attribuito a Domenico Gagini (XV secolo); Biblioteca vecchia (portale quattrocentesco con "San Giorgio" di Giovanni Gagini; lapide di marmo del 1453 con cornice d'angeli; "Annunciazione e santi", polittico di Giovanni Mazone del 1470 c. con ricca cornice gotica, già in chiesa; "Crocifisso" ligneo medievale, già nella cappella del Crocifisso). Biblioteca nuova (visitabile su richiesta): codici e incunaboli di notevole interesse; "San Domenico che ritrova i suoi frati in Paradiso", prezioso affresco di Carlo Braccesco (fine Quattrocento).
21 recommandé par les habitants
Basilica di Santa Maria di Castello
15 Salita di Santa Maria di Castello
21 recommandé par les habitants
Eretto nel '400, l'oratorio assunse l'attuale aspetto barocco nella prima metà del Seicento, quando negli spazi delimitati dalle lesene e nel presbiterio furono inseriti i dodici grandi quadri per cui è famoso: non a caso è stato definito un museo della storia dell'arte genovese del '600, con opere dipinte da alcuni dei maggiori artisti liguri del periodo. La magnifica raccolta presenta firme ilustri: Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i Mori"), G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a re Ferdinando" e "Martirio di San Giacomo"), Valerio Castello ("San Pietro battezza San Giacomo"), Giovanni Domenico Cappellino ("Predicazione dell'apostolo"), Domenico Piola ("Martirio del santo"), Giovanni Lorenzo Bertolotto ("L'invenzione della spoglia") e Aurelio Lomi ("I figli di Zebedeo presentati a Gesù"). La quadreria è assai significativa anche perchè le tele rappresentano i momenti più importanti della vita e dell'iconografia di San Giacomo, e sono state donate da singoli o da gruppi di confratelli. Difatti la chiesa è sede di una delle confraternite che nel Sei e Settecento furono protagoniste - in un trionfo di stendardi, crocifissi e gruppi scolpiti coperti d'oro e argento - delle famose processioni delle "casacce". L'oratorio conserva pure una cassa d'organo e un gruppo processionale, entrambi opera del marsigliese H. Pellè, oltre a tre crocifissi e sei panconi settecenteschi. I recenti lavori di restauro ancora in corso hanno messo alla luce sia l'interno della chiesa, sia i bellissimi chiostri. Il complesso di Santa Maria di Castello è ricco di tesori. La chiesa, in particolare, attraverso la concessione delle cappelle alle grandi famiglie della nobiltà genovese ha incrementato enormemente durante i secoli il proprio corredo artistico (specie quello pittorico); eccolo, diviso per comodità in settori e cappelle. Controfacciata Al centro, statua marmorea di "San Domenico" (Francesco Maria Schiaffino); a sinistra, "Madonna col Bambino e i santi Domenico e Pietro martire", affresco di Lorenzo Fasolo (fine XV sec.) proveniente dalla demolita chiesa di San Domenico. Navata destra Primo altare: "San Pio V" di Alessandro Gherardini (XVIII sec.); sopra, una "Maddalena" settecentesca di Giuseppe Palmieri. Secondo altare: "San Pietro martire a colloquio col Crocifisso" di Francesco Boccaccino (sec. XVIlI). Terzo altare: "I santi Giovanni Battista, Antonino e Tommaso d'Aquino" di Pier Francesco Sacchi (1526), con affreschi coevi ("Storie del re Davide") e maioliche dipinte di scuola genovese del '500. Quarto altare: "Martirio di San Pietro da Verona" di Bernardo Castello (1597). Quinto altare: "Assunta" di Aurelio Lomi; alla testata del transetto, "Monumento funebre di Demetrio Canevari", di Tommaso Orsolino (1626). Cappella a destra del presbiterio: volta affrescata da Bernardo Castello; "San Giacinto" di Aurelio Lomi. Altare maggiore: gruppo marmoreo dell'"Assunzione", di Domenico Parodi (fine XVII secolo). Cappella a sinistra del presbiterio: "Santa Rosa da Lima" di Domenico Piola. Cappella del transetto sinistro: sull'altare, "La Vergine con le sante Caterina e Maddalena e l'effigie di San Domenico", del Greehetto; a sinistra, "Miracolo dei pani" di Francesco Boccaccino. Cappella del Crocifisso: sull'arco d'ingresso, affresco con la "Vergine addolorata" di Gregorio De Ferrari; copia del Crocifisso ligneo medievale (ora nella Biblioteca vecchia) col rivestimento originale barocco. Navata sinistra Quarta cappella, "Madonna del Rosario", gruppo ligneo di scuola del Maragliano (sec. XVIII). Terza cappella: "Il beato Sebastiano Maggi entra in Santa Maria di Castello" di Francesco Zignago (sec. XVIII). La visita al complesso di Santa Maria di Castello riprende nella navata sinistra della chiesa. Prima cappella (dedicata a San Vincenzo Ferrer): "Il transito del santo", attribuito a G.B. Paggi (primo '600); "Il santo intercede per una regina" di Andrea Ansaldo; "Predica del santo fanciullo" di Luciano Borzone. Battistero: polittico con "Nozze mistiche di Santa Caterina d'Alessandria e Santa Caterina da Siena", di maestri lombardi del XV secolo; sarcofago romano; tabernacolo per gli oli santi (sec. XV). Sacrestia (cui si accede dal transetto destro, attraverso un passaggio con un'acquasantiera di Giovanni Gagini), già cappella Grimaldi: "San Sebastiano", tela del 1738 di Giuseppe Palmieri; "portale maggiore", opera di matrice toscana dovuta a Leonardo Riccomanni e Giovanni Gagini (1452); sopra, lunetta gotica del '300 con la "Crocifissione". Atrio della Loggia dell'Annunciazione: sulla volta, affreschi con "I santi Pietro martire, Raimondo e Tommaso" di Giacomo Serfolio; sulla parete sinistra, "Predicazione di San Vincenzo Ferrer", affresco del secolo XV; di fronte, una "Madonna su ardesia" del '600; a destra, disegno preparatorio dell'affresco di Carlo Braccesco ora in Biblioteca. Loggia dell'Annunciazione (raggiungibile dall'atrio per una scala), aperta sul secondo chiostro. Al primo piano: "Annunciazione", affresco di Giusto d'Alemagna (1451); sulla volta, crociere con "foglie fiammeggianti" e tondi con "Sibille e Profeti" (sec. XV); sul fondo, portale d'ardesia con "San Domenico che invita al silenzio" nella lunetta; nel Refettorio, lunette con "Santi" dell'antica abside sinistra della chiesa (metà sec. XVI) e "Crocifisso" ligneo su tavola (sec. XIV). Al secondo piano, o Loggia superiore: statua rinascimentale di "Santa Caterina d'Alessandria"; tabernacolo marmoreo attribuito a Domenico Gagini (XV secolo); Biblioteca vecchia (portale quattrocentesco con "San Giorgio" di Giovanni Gagini; lapide di marmo del 1453 con cornice d'angeli; "Annunciazione e santi", polittico di Giovanni Mazone del 1470 c. con ricca cornice gotica, già in chiesa; "Crocifisso" ligneo medievale, già nella cappella del Crocifisso). Biblioteca nuova (visitabile su richiesta): codici e incunaboli di notevole interesse; "San Domenico che ritrova i suoi frati in Paradiso", prezioso affresco di Carlo Braccesco (fine Quattrocento).
La chiesa di via Assarotti - che rappresenta il maggior episodio di architettura neorinascimentale sacra a Genova - fu la prima nel mondo a essere dedicata all'Immacolata Concezione, dopo che l'8 dicembre 1854 papa Pio IX ne proclamò il dogma. I lavori iniziarono nel 1856, per iniziativa di Pietro Gambaro e su progetto dell'architetto Domenico Cervetto; ma due anni dopo il Gambaro morì e l'opera restò a lungo sospesa. A determinare la riapertura del cantiere intervenne una circostanza casuale: l'edizione della "Vita di Gesù" di Joseph-Ernest Renan, pubblicata il 24 giugno 1863, che negava la concezione immacolata di Maria. I cattolici genovesi la giudicarono empia e aprirono una pubblica sottoscrizione per terminare la chiesa come offerta espiatoria; anche Pio IX contribuì, offrendo la consistente somma (per allora) di quattromila lire in oro. Sotto la guida di un'apposita commissione di personalità i lavori ripresero: cosicchè il 19 maggio 1867 l'arcivescovo Andrea Charvaz benedisse la prima pietra, con l'intervento del sindaco Andrea Podestà e di una grande folla. Morto l'architetto Cervetto, la direzione dell'opera fu affidata a Maurizio Dufour; finalmente il nuovo tempio fu inaugurato il 27 aprile 1873, e dotato lo stesso anno del campanile. La cupola, invece, fu costruita nel 1882; sopra di essa fu posta la statua dell'Immacolata in bronzo dorato, eseguita da Giuseppe Pellas su modello dello scultore Giovanni Scanzi. La chiesa subì danni considerevoli da tre bombardamenti dell'ultima guerra: quelli tra il 6 e il 7 e tra il 7 e l'8 novembre 1942, e quello tra il 7 e l'8 agosto 1943. La facciata dell'Immacolata è ricchissima di ornamenti, marmi, sculture e mosaici. L'interno è a croce greca, con tre ampie navate e otto cappelle; nel corredo decorativo si segnalano un crocifisso ligneo seicentesco di G.B. Gaggini, gli affreschi di Nicolò Barabino con "Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina", i quindici finestroni istoriati e gli stalli lignei del coro, che - come i confessionali a cupola intarsiati di metallo e avorio - sono del 1900.
Basilica di Santa Maria Immacolata
24 Via Assarotti
La chiesa di via Assarotti - che rappresenta il maggior episodio di architettura neorinascimentale sacra a Genova - fu la prima nel mondo a essere dedicata all'Immacolata Concezione, dopo che l'8 dicembre 1854 papa Pio IX ne proclamò il dogma. I lavori iniziarono nel 1856, per iniziativa di Pietro Gambaro e su progetto dell'architetto Domenico Cervetto; ma due anni dopo il Gambaro morì e l'opera restò a lungo sospesa. A determinare la riapertura del cantiere intervenne una circostanza casuale: l'edizione della "Vita di Gesù" di Joseph-Ernest Renan, pubblicata il 24 giugno 1863, che negava la concezione immacolata di Maria. I cattolici genovesi la giudicarono empia e aprirono una pubblica sottoscrizione per terminare la chiesa come offerta espiatoria; anche Pio IX contribuì, offrendo la consistente somma (per allora) di quattromila lire in oro. Sotto la guida di un'apposita commissione di personalità i lavori ripresero: cosicchè il 19 maggio 1867 l'arcivescovo Andrea Charvaz benedisse la prima pietra, con l'intervento del sindaco Andrea Podestà e di una grande folla. Morto l'architetto Cervetto, la direzione dell'opera fu affidata a Maurizio Dufour; finalmente il nuovo tempio fu inaugurato il 27 aprile 1873, e dotato lo stesso anno del campanile. La cupola, invece, fu costruita nel 1882; sopra di essa fu posta la statua dell'Immacolata in bronzo dorato, eseguita da Giuseppe Pellas su modello dello scultore Giovanni Scanzi. La chiesa subì danni considerevoli da tre bombardamenti dell'ultima guerra: quelli tra il 6 e il 7 e tra il 7 e l'8 novembre 1942, e quello tra il 7 e l'8 agosto 1943. La facciata dell'Immacolata è ricchissima di ornamenti, marmi, sculture e mosaici. L'interno è a croce greca, con tre ampie navate e otto cappelle; nel corredo decorativo si segnalano un crocifisso ligneo seicentesco di G.B. Gaggini, gli affreschi di Nicolò Barabino con "Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina", i quindici finestroni istoriati e gli stalli lignei del coro, che - come i confessionali a cupola intarsiati di metallo e avorio - sono del 1900.
La chiesa di Santa Maria in Via Lata venne costruita accanto al palazzo Fieschi, dopo il 1336 e dominava la collina di Carignano. A causa della congiura dei Fieschi del 1547 i Doria distrussero il palazzo ma risparmiarono la chiesa che però perse la sua funzione originaria. Nel 1858 venne trasformata in falegnameria per poi essere acquistata, nel 1911, dalla Confraternita di Sant'Antonio Abate. Durante la seconda guerra mondiale venne gravemente danneggiata, ma con i lavori iniziati nel 1981 dalla Soprintendenza l'edificio riprese un sua dignità architettonica e oltre alla bellissima facciata a fasce bicrome é possibile ammirare all'interno alcune affreschi. L'interno é coperto da 3 capriate in legno. Possiede un'abside a forma quadra sormontato da una volta e crociera.
Chiesa di Santa Maria Maddalena
11 Piazza Santa Maria in Via Lata
La chiesa di Santa Maria in Via Lata venne costruita accanto al palazzo Fieschi, dopo il 1336 e dominava la collina di Carignano. A causa della congiura dei Fieschi del 1547 i Doria distrussero il palazzo ma risparmiarono la chiesa che però perse la sua funzione originaria. Nel 1858 venne trasformata in falegnameria per poi essere acquistata, nel 1911, dalla Confraternita di Sant'Antonio Abate. Durante la seconda guerra mondiale venne gravemente danneggiata, ma con i lavori iniziati nel 1981 dalla Soprintendenza l'edificio riprese un sua dignità architettonica e oltre alla bellissima facciata a fasce bicrome é possibile ammirare all'interno alcune affreschi. L'interno é coperto da 3 capriate in legno. Possiede un'abside a forma quadra sormontato da una volta e crociera.
La chiesa di via Assarotti - che rappresenta il maggior episodio di architettura neorinascimentale sacra a Genova - fu la prima nel mondo a essere dedicata all'Immacolata Concezione, dopo che l'8 dicembre 1854 papa Pio IX ne proclamò il dogma. I lavori iniziarono nel 1856, per iniziativa di Pietro Gambaro e su progetto dell'architetto Domenico Cervetto; ma due anni dopo il Gambaro morì e l'opera restò a lungo sospesa. A determinare la riapertura del cantiere intervenne una circostanza casuale: l'edizione della "Vita di Gesù" di Joseph-Ernest Renan, pubblicata il 24 giugno 1863, che negava la concezione immacolata di Maria. I cattolici genovesi la giudicarono empia e aprirono una pubblica sottoscrizione per terminare la chiesa come offerta espiatoria; anche Pio IX contribuì, offrendo la consistente somma (per allora) di quattromila lire in oro. Sotto la guida di un'apposita commissione di personalità i lavori ripresero: cosicchè il 19 maggio 1867 l'arcivescovo Andrea Charvaz benedisse la prima pietra, con l'intervento del sindaco Andrea Podestà e di una grande folla. Morto l'architetto Cervetto, la direzione dell'opera fu affidata a Maurizio Dufour; finalmente il nuovo tempio fu inaugurato il 27 aprile 1873, e dotato lo stesso anno del campanile. La cupola, invece, fu costruita nel 1882; sopra di essa fu posta la statua dell'Immacolata in bronzo dorato, eseguita da Giuseppe Pellas su modello dello scultore Giovanni Scanzi. La chiesa subì danni considerevoli da tre bombardamenti dell'ultima guerra: quelli tra il 6 e il 7 e tra il 7 e l'8 novembre 1942, e quello tra il 7 e l'8 agosto 1943. La facciata dell'Immacolata è ricchissima di ornamenti, marmi, sculture e mosaici. L'interno è a croce greca, con tre ampie navate e otto cappelle; nel corredo decorativo si segnalano un crocifisso ligneo seicentesco di G.B. Gaggini, gli affreschi di Nicolò Barabino con "Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina", i quindici finestroni istoriati e gli stalli lignei del coro, che - come i confessionali a cupola intarsiati di metallo e avorio - sono del 1900.
Basilica di Santa Maria Immacolata
24 Via Assarotti
La chiesa di via Assarotti - che rappresenta il maggior episodio di architettura neorinascimentale sacra a Genova - fu la prima nel mondo a essere dedicata all'Immacolata Concezione, dopo che l'8 dicembre 1854 papa Pio IX ne proclamò il dogma. I lavori iniziarono nel 1856, per iniziativa di Pietro Gambaro e su progetto dell'architetto Domenico Cervetto; ma due anni dopo il Gambaro morì e l'opera restò a lungo sospesa. A determinare la riapertura del cantiere intervenne una circostanza casuale: l'edizione della "Vita di Gesù" di Joseph-Ernest Renan, pubblicata il 24 giugno 1863, che negava la concezione immacolata di Maria. I cattolici genovesi la giudicarono empia e aprirono una pubblica sottoscrizione per terminare la chiesa come offerta espiatoria; anche Pio IX contribuì, offrendo la consistente somma (per allora) di quattromila lire in oro. Sotto la guida di un'apposita commissione di personalità i lavori ripresero: cosicchè il 19 maggio 1867 l'arcivescovo Andrea Charvaz benedisse la prima pietra, con l'intervento del sindaco Andrea Podestà e di una grande folla. Morto l'architetto Cervetto, la direzione dell'opera fu affidata a Maurizio Dufour; finalmente il nuovo tempio fu inaugurato il 27 aprile 1873, e dotato lo stesso anno del campanile. La cupola, invece, fu costruita nel 1882; sopra di essa fu posta la statua dell'Immacolata in bronzo dorato, eseguita da Giuseppe Pellas su modello dello scultore Giovanni Scanzi. La chiesa subì danni considerevoli da tre bombardamenti dell'ultima guerra: quelli tra il 6 e il 7 e tra il 7 e l'8 novembre 1942, e quello tra il 7 e l'8 agosto 1943. La facciata dell'Immacolata è ricchissima di ornamenti, marmi, sculture e mosaici. L'interno è a croce greca, con tre ampie navate e otto cappelle; nel corredo decorativo si segnalano un crocifisso ligneo seicentesco di G.B. Gaggini, gli affreschi di Nicolò Barabino con "Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina", i quindici finestroni istoriati e gli stalli lignei del coro, che - come i confessionali a cupola intarsiati di metallo e avorio - sono del 1900.
L'antichissima chiesa della Maddalena risale a prima del X secolo: se ne ha conferma indiretta dal Caffaro, a proposito di un incendio del 1140. Nel 1480 il tempio divenne Commenda; dal 1572 al 1575 fu officiato dai religiosi Teatini, che furono sostituiti l'anno successivo dai padri Somaschi. Un primo programma di lavori d'ampliamento venne varato nel 1577; fu chiesto un progetto all'architetto Giovanni Ponsello, che lo presentò nel 1581, ma per varie ragioni non fu mai realizzato. Successivamente i committenti si rivolsero al Vannone, che diresse personalmente il cantiere, aperto nel 1585; nel settembre del 1587 la chiesa, ad unica navata, era finita. Nel 1589 la costruzione vannoniana fu completata con l'innalzamento davanti alla chiesa di un portico, sorretto da colonne di marmo; nel 1622 venne ultimato anche il collegio dell'Ordine. Nel 1635 i Somaschi decisero la costruzione di una chiesa totalmente nuova, più ampia e più lunga, articolata in tre navate scandite da colonne binate; i lavori, sospesi nel 1646, ripresero nel 1660 e nel 1661 si poterono considerare finiti. Alle decorazioni pittoriche si provvide in fasi successivie, tra la fine del Sei e la metà del Settecento; il ciclo più importante è quello di Sebastiano Galeotti, che nel 1729 affrescò la volta della navata centrale, la cupola ("Gloria di Santa Maria Maddalena"), il presbiterio e l'abside, mentre le testate del transetto sono opera di Sigismondo Betti (1737). Gli altri affreschi (tutti del XVIII secolo) sono dovuti a G.B. Parodi, Paolo Gerolamo Piola, Domenico Parodi - che nel 1712 realizzò in una cappella della navata destra lo "Sposalizio e Natività della Vergine" e l'"Assunzione" - Giuseppe Palmieri e Giacomo Antonio Boni ("La Trinità e angeli"). Tra le opere conservate, "Madonna col Bambino e i santi Nicolò e Maddalena" di Bernardo Castello, una statua del '600 raffigurante la "Madonna col Bambino", un gruppo ligneo policromo con "San Gerolamo Emiliani, Crocifisso e angeli" di Agostino Storace (1747) e alcune tele sul tema della "Passione" di Enrico Vaymer e Giacomo Antonio Boni (1717).
Parish St. Maria Maddalena and St. Gerolamo Emiliani
11 Piazza della Maddalena
L'antichissima chiesa della Maddalena risale a prima del X secolo: se ne ha conferma indiretta dal Caffaro, a proposito di un incendio del 1140. Nel 1480 il tempio divenne Commenda; dal 1572 al 1575 fu officiato dai religiosi Teatini, che furono sostituiti l'anno successivo dai padri Somaschi. Un primo programma di lavori d'ampliamento venne varato nel 1577; fu chiesto un progetto all'architetto Giovanni Ponsello, che lo presentò nel 1581, ma per varie ragioni non fu mai realizzato. Successivamente i committenti si rivolsero al Vannone, che diresse personalmente il cantiere, aperto nel 1585; nel settembre del 1587 la chiesa, ad unica navata, era finita. Nel 1589 la costruzione vannoniana fu completata con l'innalzamento davanti alla chiesa di un portico, sorretto da colonne di marmo; nel 1622 venne ultimato anche il collegio dell'Ordine. Nel 1635 i Somaschi decisero la costruzione di una chiesa totalmente nuova, più ampia e più lunga, articolata in tre navate scandite da colonne binate; i lavori, sospesi nel 1646, ripresero nel 1660 e nel 1661 si poterono considerare finiti. Alle decorazioni pittoriche si provvide in fasi successivie, tra la fine del Sei e la metà del Settecento; il ciclo più importante è quello di Sebastiano Galeotti, che nel 1729 affrescò la volta della navata centrale, la cupola ("Gloria di Santa Maria Maddalena"), il presbiterio e l'abside, mentre le testate del transetto sono opera di Sigismondo Betti (1737). Gli altri affreschi (tutti del XVIII secolo) sono dovuti a G.B. Parodi, Paolo Gerolamo Piola, Domenico Parodi - che nel 1712 realizzò in una cappella della navata destra lo "Sposalizio e Natività della Vergine" e l'"Assunzione" - Giuseppe Palmieri e Giacomo Antonio Boni ("La Trinità e angeli"). Tra le opere conservate, "Madonna col Bambino e i santi Nicolò e Maddalena" di Bernardo Castello, una statua del '600 raffigurante la "Madonna col Bambino", un gruppo ligneo policromo con "San Gerolamo Emiliani, Crocifisso e angeli" di Agostino Storace (1747) e alcune tele sul tema della "Passione" di Enrico Vaymer e Giacomo Antonio Boni (1717).
La chiesa di Santa Marta ha preso le forme attuali a partire dal 1535. La tipologia a tre navate è propria delle chiese monastiche femminili, caratterizzate da un coro superiore che poggia sui due primi pilastri della navata, e assunse l'attuale aspetto fra XVII e XVIII secolo, quando l'intera superficie interna fu coperta di pitture e ornati. Oggi la chiesa si presenta come singolare punto di incontro dei migliori frescanti genovesi: vi si possono ammirare infatti opere di G.B. Carlone, Valerio Castello, Domenico Piola, Lorenzo De Ferrari, Paolo Gerolamo Piola e Domenico Parodi. Sull'altar maggiore campeggia la statua marmorea di Santa Marta, opera di Filippo Parodi, che - insieme al Crocifisso di G.B. Gaggini da Bissone e le tele di Domenico Fiasella, Carlo Giuseppe Ratti ed altri, fanno della chiesa un autentico museo del barocco genovese. Uscendo dalla chiesa attraverso la porta che affaccia su piazza Corvetto si può accedere alla Sala Capitolare, sede delle attività didattiche e culturali della Biblioteca Franzoniana. Per scoprire l'ultimo frammento di questo tesoro nascosto bisogna, ritornati su piazza Corvetto, accostare il chiosco liberty e avviarsi verso le gallerie commerciali di via XII Ottobre: qui, scendendo le scale, sulla destra, si scorge, dagli antichi ovali superstiti, la sala del refettorio delle monache decorata su tre lati da una serie di undici lunette e più ampi sottostanti affreschi. Si tratta di un ciclo pittorico degli inizi del XVI secolo.
Chiesa di Santa Marta Congr. O. E. Franzoniani
Piazza Santa Marta
La chiesa di Santa Marta ha preso le forme attuali a partire dal 1535. La tipologia a tre navate è propria delle chiese monastiche femminili, caratterizzate da un coro superiore che poggia sui due primi pilastri della navata, e assunse l'attuale aspetto fra XVII e XVIII secolo, quando l'intera superficie interna fu coperta di pitture e ornati. Oggi la chiesa si presenta come singolare punto di incontro dei migliori frescanti genovesi: vi si possono ammirare infatti opere di G.B. Carlone, Valerio Castello, Domenico Piola, Lorenzo De Ferrari, Paolo Gerolamo Piola e Domenico Parodi. Sull'altar maggiore campeggia la statua marmorea di Santa Marta, opera di Filippo Parodi, che - insieme al Crocifisso di G.B. Gaggini da Bissone e le tele di Domenico Fiasella, Carlo Giuseppe Ratti ed altri, fanno della chiesa un autentico museo del barocco genovese. Uscendo dalla chiesa attraverso la porta che affaccia su piazza Corvetto si può accedere alla Sala Capitolare, sede delle attività didattiche e culturali della Biblioteca Franzoniana. Per scoprire l'ultimo frammento di questo tesoro nascosto bisogna, ritornati su piazza Corvetto, accostare il chiosco liberty e avviarsi verso le gallerie commerciali di via XII Ottobre: qui, scendendo le scale, sulla destra, si scorge, dagli antichi ovali superstiti, la sala del refettorio delle monache decorata su tre lati da una serie di undici lunette e più ampi sottostanti affreschi. Si tratta di un ciclo pittorico degli inizi del XVI secolo.
Eretto nel '400, l'oratorio assunse l'attuale aspetto barocco nella prima metà del Seicento, quando negli spazi delimitati dalle lesene e nel presbiterio furono inseriti i dodici grandi quadri per cui è famoso: non a caso è stato definito un museo della storia dell'arte genovese del '600, con opere dipinte da alcuni dei maggiori artisti liguri del tempo. La magnifica raccolta presenta firme ilustri: Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i Mori"), G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a re Ferdinando" e "Martirio di San Giacomo"), Valerio Castello ("San Pietro battezza San Giacomo"), Giovanni Domenico Cappellino ("Predicazione dell'apostolo"), Domenico Piola ("Martirio del santo"), Giovanni Lorenzo Bertolotto ("L'invenzione della spoglia") e Aurelio Lomi ("I figli di Zebedeo presentati a Gesù"). La quadreria è assai significativa anche perchè le tele rappresentano i momenti più importanti della vita e dell'iconografia di San Giacomo, e sono state donate da singoli o da gruppi di confratelli. Difatti la chiesa è sede di una delle confraternite che nel Sei e Settecento furono protagoniste - in un trionfo di stendardi, crocifissi e gruppi scolpiti coperti d'oro e argento - delle famose processioni delle "casacce". L'oratorio conserva pure una cassa d'organo e un gruppo processionale, entrambi opera del marsigliese H. Pellè, oltre a tre crocifissi e sei panconi settecenteschi. Descrizione delle opere Il numero di capolavori contenuti all'interno della chiesa dell'Annunziata è davvero impressionante; eccoli, divisi per comodità in settori e cappelle. Navata centrale Sopra la porta, "Ultima Cena", grande tela di Giulio Cesare Procaccini; ai lati, due "Profeti" variamente attribuiti ora a Gioacchino Assereto, ora ad Andrea Ansaldo o a Giulio Benso; sulla volta, "Epifania", "Ingresso in Gerusalemme" e "Orazione nell'orto", di Giovanni Carlone, e "Resurrezione", "Gesù appare alla Madre" e "Incoronazione di Maria" di G.B. Carlone. Navata destra Prima cappella: sulla parete destra, "Presepe" attribuibito al Moncalvo; su quella di fronte, in alto, "Agar e l'angelo" di Giovanni Andrea De Ferrari; sul soffitto, "Miracoli di San Bernardino", affreschi di G.B. Carlone; sulla volta esterna, "I santi Simone e Giuda evangelizzano i Persiani", altro affresco dello stesso Carlone. Seconda cappella: sull'altare, "Miracolo di San Bernardino" di G.B. Carlone; sulla parete destra, "Miracolo di San Bernardino", probabilmente di Aurelio Lomi; su quella sinistra, altro "Miracolo del santo" di G.B. Vicino e vari affreschi di G.B. Carlone; sulla volta esterna ancora un affresco di di G.B. Carlone, "San Matteo catechizza la folla". Terza cappella: sulle pareti laterali, "San Tommaso d'Aquino davanti al Crocifisso", di Domenico Piola, e "San Diego risana un fanciullo cieco" di Simone Barabino; in alto, a destra "Martirio di San Sebastiano, di G.B. Carlone, e a sinistra "San Gerolamo" di Bernardo Strozzi; sulla volta esterna, "San Giacomo battezza un pagano", affresco di G.B. Carlone. Quarta cappella: sull'altare, "San Luigi di Francia", pala di Giovanni Bernardo Carbone; sulle pareti, due "Scene della vita del santo", attribuite a Claudio Francesco Beaumont; sulla volta esterna, "Sant'Andrea che adora la Croce", affresco di Domenico Fiasella. Quinta cappella: sull'altare, "San Pietro d'Alcantara che adora la Croce", pala di G.B. Carlone; sulla parete destra "Beata Giovanna francescana", attribuita a Daniele Crespi; su quella sinistra "Madonna e santi" di Antonio Maria Piola (sopra, "Cena in Emmaus" attribuita allo Strozzi); sulla volta esterna, "Predicazione di San Paolo", affresco di Domenico Fiasella. Sesta cappella: sull'altare, "Annunciazione" di Domenico Piola; sulle pareti laterali, "Presentazione", "Visitazione" e un "Profeta" di Andrea Carlone; sulla volta esterna, "San Pietro risana uno zoppo", affresco di Gioacchino Assereto. Transetto destro Nella nicchia del grandioso altare barocco (contornato da quattro colonne tortili) "Sant'Antonio da Padova che adora il Bambino e angeli", gruppo ligneo policromo progettato da Pierre Puget; sulla volta, "Pentecoste, e nella lunetta sopra l'arco d'accesso alla cappella in cima alla navata, "Incredulità di San Tommaso", affresco di Giovanni Carlone. Cappella a destra della maggiore A sinistra, "Il beato Andrea da Spello trae acqua da una pietra", tela di G.B. Carlone; sull'altare di fronte, "Madonna", scultura marmorea di Leonardo Mirano (1618); su quello a destra, "San Domenico Soriano", pala di Tommaso Clerici (a sinistra, "I tre arcangeli" dello stesso); sulla cupola, affresco di G.B. Carlone. Cupola della crociera: "Assunzione di Maria", affresco di Andrea Ansaldo restaurato all'inizio del '700 da Gregorio De Ferrari. Presbiterio Sull'altare maggiore, "Crocifisso" di Giacomo Antonio Ponsonelli; sul soffitto, "Annunciazione" e "Assunzione", affreschi di Giulio Benso; sulle pareti laterali, "Presentazione di Gesù al tempio", affresco dello stesso, e "Disputa coi dottori", dipinta da G.B. Carlone su disegno del Benso. Cappella a sinistra della maggiore. A destra, "Presepe", tela di Luciano Borzone; sotto, "Madonna e santi", altorilievo marmoreo di Santo Varni; sull'altare di fronte, "Madonna col Bambino", marmo di Leonardo Ferrandina; sull'altare a sinistra, "Le Marie e Giovanni ai piedi della Croce" di Francesco Scotto; a destra, "San Pietro rinnega Cristo e Giuseppe spiega i sogni", di Bernardo Strozzi; a sinistra, "Nozze di Cana" e "Cristo alla colonna", forse di Luca Saltarello; affreschi di Giuseppe Isola. Transetto sinistro Nella nicchia sopra l'altare, "San Pasquale che adora il Santissimo", gruppo ligneo policromo del Maragliano; sulla volta e nella lunetta sopra l'arco d'accesso alla cappella di fondo, "Ascensione" e "Cena in Emmaus", affreschi di Giovanni Carlone. Navata sinistra Sesta cappella: "San Francesco d'Assisi che riceve le stimmate", gruppo ligneo settecentesco; più in alto, sul timpano, "Madonna", marmo di Taddeo Carlone; sulla volta esterna, "Abramo offre il pane e il vino a Melchisedech", affresco di Gioacchino Assereto. Quinta cappella: ai lati dell'altare, "Speranza" e "Carità", statue marmoree di Giacomo Antonio Ponsonelli; sulla volta esterna, "Rebecca al pozzo", affresco di Domenico Fiasella. Quarta cappella: sull'altare, "Immacolata" di Domenico Piola. Terza cappella: sulla parete destra, "Crocifisso" di Luca Cambiaso; su quella sinistra, "San Francesco battezza i Mori" di G.B. Carlone. Seconda cappella: sull'altare, "Transito di Santa Chiara" di G.B. Paggi. Prima cappella: sull'altare e a una parete laterale, due tele con "Martirio di San Clemente", di G.B. Carlone; sopra, "San Lorenzo" e "Santo Stefano", tele di Gregorio De Ferrari; sulla volta esterna, "Giosuè attraversa il Giordano", affresco (mutilato) di G.B. Carlone.
12 recommandé par les habitants
Basilique de la Santissima Annunziata del Vastato
4 Piazza della Nunziata
12 recommandé par les habitants
Eretto nel '400, l'oratorio assunse l'attuale aspetto barocco nella prima metà del Seicento, quando negli spazi delimitati dalle lesene e nel presbiterio furono inseriti i dodici grandi quadri per cui è famoso: non a caso è stato definito un museo della storia dell'arte genovese del '600, con opere dipinte da alcuni dei maggiori artisti liguri del tempo. La magnifica raccolta presenta firme ilustri: Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i Mori"), G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a re Ferdinando" e "Martirio di San Giacomo"), Valerio Castello ("San Pietro battezza San Giacomo"), Giovanni Domenico Cappellino ("Predicazione dell'apostolo"), Domenico Piola ("Martirio del santo"), Giovanni Lorenzo Bertolotto ("L'invenzione della spoglia") e Aurelio Lomi ("I figli di Zebedeo presentati a Gesù"). La quadreria è assai significativa anche perchè le tele rappresentano i momenti più importanti della vita e dell'iconografia di San Giacomo, e sono state donate da singoli o da gruppi di confratelli. Difatti la chiesa è sede di una delle confraternite che nel Sei e Settecento furono protagoniste - in un trionfo di stendardi, crocifissi e gruppi scolpiti coperti d'oro e argento - delle famose processioni delle "casacce". L'oratorio conserva pure una cassa d'organo e un gruppo processionale, entrambi opera del marsigliese H. Pellè, oltre a tre crocifissi e sei panconi settecenteschi. Descrizione delle opere Il numero di capolavori contenuti all'interno della chiesa dell'Annunziata è davvero impressionante; eccoli, divisi per comodità in settori e cappelle. Navata centrale Sopra la porta, "Ultima Cena", grande tela di Giulio Cesare Procaccini; ai lati, due "Profeti" variamente attribuiti ora a Gioacchino Assereto, ora ad Andrea Ansaldo o a Giulio Benso; sulla volta, "Epifania", "Ingresso in Gerusalemme" e "Orazione nell'orto", di Giovanni Carlone, e "Resurrezione", "Gesù appare alla Madre" e "Incoronazione di Maria" di G.B. Carlone. Navata destra Prima cappella: sulla parete destra, "Presepe" attribuibito al Moncalvo; su quella di fronte, in alto, "Agar e l'angelo" di Giovanni Andrea De Ferrari; sul soffitto, "Miracoli di San Bernardino", affreschi di G.B. Carlone; sulla volta esterna, "I santi Simone e Giuda evangelizzano i Persiani", altro affresco dello stesso Carlone. Seconda cappella: sull'altare, "Miracolo di San Bernardino" di G.B. Carlone; sulla parete destra, "Miracolo di San Bernardino", probabilmente di Aurelio Lomi; su quella sinistra, altro "Miracolo del santo" di G.B. Vicino e vari affreschi di G.B. Carlone; sulla volta esterna ancora un affresco di di G.B. Carlone, "San Matteo catechizza la folla". Terza cappella: sulle pareti laterali, "San Tommaso d'Aquino davanti al Crocifisso", di Domenico Piola, e "San Diego risana un fanciullo cieco" di Simone Barabino; in alto, a destra "Martirio di San Sebastiano, di G.B. Carlone, e a sinistra "San Gerolamo" di Bernardo Strozzi; sulla volta esterna, "San Giacomo battezza un pagano", affresco di G.B. Carlone. Quarta cappella: sull'altare, "San Luigi di Francia", pala di Giovanni Bernardo Carbone; sulle pareti, due "Scene della vita del santo", attribuite a Claudio Francesco Beaumont; sulla volta esterna, "Sant'Andrea che adora la Croce", affresco di Domenico Fiasella. Quinta cappella: sull'altare, "San Pietro d'Alcantara che adora la Croce", pala di G.B. Carlone; sulla parete destra "Beata Giovanna francescana", attribuita a Daniele Crespi; su quella sinistra "Madonna e santi" di Antonio Maria Piola (sopra, "Cena in Emmaus" attribuita allo Strozzi); sulla volta esterna, "Predicazione di San Paolo", affresco di Domenico Fiasella. Sesta cappella: sull'altare, "Annunciazione" di Domenico Piola; sulle pareti laterali, "Presentazione", "Visitazione" e un "Profeta" di Andrea Carlone; sulla volta esterna, "San Pietro risana uno zoppo", affresco di Gioacchino Assereto. Transetto destro Nella nicchia del grandioso altare barocco (contornato da quattro colonne tortili) "Sant'Antonio da Padova che adora il Bambino e angeli", gruppo ligneo policromo progettato da Pierre Puget; sulla volta, "Pentecoste, e nella lunetta sopra l'arco d'accesso alla cappella in cima alla navata, "Incredulità di San Tommaso", affresco di Giovanni Carlone. Cappella a destra della maggiore A sinistra, "Il beato Andrea da Spello trae acqua da una pietra", tela di G.B. Carlone; sull'altare di fronte, "Madonna", scultura marmorea di Leonardo Mirano (1618); su quello a destra, "San Domenico Soriano", pala di Tommaso Clerici (a sinistra, "I tre arcangeli" dello stesso); sulla cupola, affresco di G.B. Carlone. Cupola della crociera: "Assunzione di Maria", affresco di Andrea Ansaldo restaurato all'inizio del '700 da Gregorio De Ferrari. Presbiterio Sull'altare maggiore, "Crocifisso" di Giacomo Antonio Ponsonelli; sul soffitto, "Annunciazione" e "Assunzione", affreschi di Giulio Benso; sulle pareti laterali, "Presentazione di Gesù al tempio", affresco dello stesso, e "Disputa coi dottori", dipinta da G.B. Carlone su disegno del Benso. Cappella a sinistra della maggiore. A destra, "Presepe", tela di Luciano Borzone; sotto, "Madonna e santi", altorilievo marmoreo di Santo Varni; sull'altare di fronte, "Madonna col Bambino", marmo di Leonardo Ferrandina; sull'altare a sinistra, "Le Marie e Giovanni ai piedi della Croce" di Francesco Scotto; a destra, "San Pietro rinnega Cristo e Giuseppe spiega i sogni", di Bernardo Strozzi; a sinistra, "Nozze di Cana" e "Cristo alla colonna", forse di Luca Saltarello; affreschi di Giuseppe Isola. Transetto sinistro Nella nicchia sopra l'altare, "San Pasquale che adora il Santissimo", gruppo ligneo policromo del Maragliano; sulla volta e nella lunetta sopra l'arco d'accesso alla cappella di fondo, "Ascensione" e "Cena in Emmaus", affreschi di Giovanni Carlone. Navata sinistra Sesta cappella: "San Francesco d'Assisi che riceve le stimmate", gruppo ligneo settecentesco; più in alto, sul timpano, "Madonna", marmo di Taddeo Carlone; sulla volta esterna, "Abramo offre il pane e il vino a Melchisedech", affresco di Gioacchino Assereto. Quinta cappella: ai lati dell'altare, "Speranza" e "Carità", statue marmoree di Giacomo Antonio Ponsonelli; sulla volta esterna, "Rebecca al pozzo", affresco di Domenico Fiasella. Quarta cappella: sull'altare, "Immacolata" di Domenico Piola. Terza cappella: sulla parete destra, "Crocifisso" di Luca Cambiaso; su quella sinistra, "San Francesco battezza i Mori" di G.B. Carlone. Seconda cappella: sull'altare, "Transito di Santa Chiara" di G.B. Paggi. Prima cappella: sull'altare e a una parete laterale, due tele con "Martirio di San Clemente", di G.B. Carlone; sopra, "San Lorenzo" e "Santo Stefano", tele di Gregorio De Ferrari; sulla volta esterna, "Giosuè attraversa il Giordano", affresco (mutilato) di G.B. Carlone.
Sede per secoli dell'abbazia benedettina fondata verso il Mille dal vescovo Teodolfo II per vangelizzare la zona orientale della città, la chiesa di Santo Stefano, così come appare oggi, venne costruita dai monaci bobbiesi alla fine del XII secolo e consacrata nel 1217. Nella stessa zona, molti secoli prima, si trovava una chiesetta dedicata a San Michele Arcangelo. Il monastero subì alterne vicende: parzialmente demolito nel Cinquecento per la costruzione della Porta d'Archi venne riedificato a metà del Seicento e definitivamente cancellato dal restauro di Alfredo D'Andrade nel 1912-16. La chiesa, a sua volta rimaneggiata nel Trecento (costruzione della cupola e della cella campanaria), ampliata dal 1453 al 1497 (ampliamento della cappella a nord, costruzione dell'altare dedicato a San Michele, edificazione della cantoria), dominava la Porta d'Archi al culmine di una collinetta che venne tagliata, assieme alle cappelle del lato destro di Santo Stefano, alla fine dell'Ottocento per il tracciamento di via XX Settembre. Nel 1908 accanto alla vecchia chiesa ne venne edificata una nuova, dotata di tredici altari. Entrambi gli edifici furono duramente colpiti dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Dal 1942 al 1955 la chiesa originaria venne riedificata nello stesso luogo seguendo lo stile romanico. La facciata della chiesa, a fasce bianche e nere, è probabilmente la prima a Genova decorata col paramento bicromo: la ornano un portale ogivale strombato, il grande rosone e una corona di archetti pensili. La parte di maggior pregio - e anche la più antica - è però l'abside, che si sviluppa sull'alto zoccolo con un motivo di arcate cieche sormontate da arcatelle. L'interno ha pianta ad aula e presbiterio sopraelevato; ai lati, accesso alla cripta preromanica (rifatta in seguito ai danni dell'ultima guerra), dove sono visibili un bassorilievo quattrocentesco con "San Michele che sconfigge il drago" e il fonte a cui sarebbe stato battezzato Cristoforo Colombo. Sulla parete destra si trova il "Martirio di Santo Stefano" (1524), uno tra i quadri più famosi di Giulio Romano; sulla controfacciata, resti della cantoria del '400. Notevoli anche una "Sacra Famiglia" di Domenico Piola, una "Madonna col Bambino, Santo Stefano e altri santi" di Bernardo Castello (in sacrestia) e dipinti di Valerio Castello, Giovan Battista Merano e Gregorio De Ferrari.
6 recommandé par les habitants
Chiesa di Santo Stefano
2 Piazza Santo Stefano
6 recommandé par les habitants
Sede per secoli dell'abbazia benedettina fondata verso il Mille dal vescovo Teodolfo II per vangelizzare la zona orientale della città, la chiesa di Santo Stefano, così come appare oggi, venne costruita dai monaci bobbiesi alla fine del XII secolo e consacrata nel 1217. Nella stessa zona, molti secoli prima, si trovava una chiesetta dedicata a San Michele Arcangelo. Il monastero subì alterne vicende: parzialmente demolito nel Cinquecento per la costruzione della Porta d'Archi venne riedificato a metà del Seicento e definitivamente cancellato dal restauro di Alfredo D'Andrade nel 1912-16. La chiesa, a sua volta rimaneggiata nel Trecento (costruzione della cupola e della cella campanaria), ampliata dal 1453 al 1497 (ampliamento della cappella a nord, costruzione dell'altare dedicato a San Michele, edificazione della cantoria), dominava la Porta d'Archi al culmine di una collinetta che venne tagliata, assieme alle cappelle del lato destro di Santo Stefano, alla fine dell'Ottocento per il tracciamento di via XX Settembre. Nel 1908 accanto alla vecchia chiesa ne venne edificata una nuova, dotata di tredici altari. Entrambi gli edifici furono duramente colpiti dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Dal 1942 al 1955 la chiesa originaria venne riedificata nello stesso luogo seguendo lo stile romanico. La facciata della chiesa, a fasce bianche e nere, è probabilmente la prima a Genova decorata col paramento bicromo: la ornano un portale ogivale strombato, il grande rosone e una corona di archetti pensili. La parte di maggior pregio - e anche la più antica - è però l'abside, che si sviluppa sull'alto zoccolo con un motivo di arcate cieche sormontate da arcatelle. L'interno ha pianta ad aula e presbiterio sopraelevato; ai lati, accesso alla cripta preromanica (rifatta in seguito ai danni dell'ultima guerra), dove sono visibili un bassorilievo quattrocentesco con "San Michele che sconfigge il drago" e il fonte a cui sarebbe stato battezzato Cristoforo Colombo. Sulla parete destra si trova il "Martirio di Santo Stefano" (1524), uno tra i quadri più famosi di Giulio Romano; sulla controfacciata, resti della cantoria del '400. Notevoli anche una "Sacra Famiglia" di Domenico Piola, una "Madonna col Bambino, Santo Stefano e altri santi" di Bernardo Castello (in sacrestia) e dipinti di Valerio Castello, Giovan Battista Merano e Gregorio De Ferrari.
La chiesa di San Filippo è uno dei capolavori del barocco genovese, insieme all'adiacente oratorio di San Filippo. La costruzione della chiesa e dell'oratorio ebbe inizio nella seconda met? del 1600 per essere completato un secolo dopo. Gli interni sono decorati ad affresco, in un tardo-barocco genovese il cui linguaggio si esprime oltre che con l'affresco con gli intagli lignei e marmorei, un trionfo di stucchi dorati e dipinti. Tra le opere presenti ricordiamo che la prospettiva e gli ornati sono opera di Antonio Maria Haffner. L'affresco della volta che raffigura "la Gloria di San Filippo Neri" è stato eseguito da Marcantonio Franceschini insieme ai dipinti a tempera posti sotto il cornicione rappresentanti la vita del Santo. Nelle cappelle sono da segnalare alcune opere: una Piet? lignea del Maragliano, alcune tele di Giacomo Boni, Domenico Piola e opere scultoree di Daniele Solari e Domenico Guidi. Bellissima, nell'oratorio di San Filippo, la statua dell'Immacolata realizzata da Pierre Puget. Interessanti anche gli affreschi eseguiti da Giacomo Boni e la tela raffigurante "San Filippo in estasi" di Simon Dubois.
San Filippo Neri, Genoa
10 Via Lomellini
La chiesa di San Filippo è uno dei capolavori del barocco genovese, insieme all'adiacente oratorio di San Filippo. La costruzione della chiesa e dell'oratorio ebbe inizio nella seconda met? del 1600 per essere completato un secolo dopo. Gli interni sono decorati ad affresco, in un tardo-barocco genovese il cui linguaggio si esprime oltre che con l'affresco con gli intagli lignei e marmorei, un trionfo di stucchi dorati e dipinti. Tra le opere presenti ricordiamo che la prospettiva e gli ornati sono opera di Antonio Maria Haffner. L'affresco della volta che raffigura "la Gloria di San Filippo Neri" è stato eseguito da Marcantonio Franceschini insieme ai dipinti a tempera posti sotto il cornicione rappresentanti la vita del Santo. Nelle cappelle sono da segnalare alcune opere: una Piet? lignea del Maragliano, alcune tele di Giacomo Boni, Domenico Piola e opere scultoree di Daniele Solari e Domenico Guidi. Bellissima, nell'oratorio di San Filippo, la statua dell'Immacolata realizzata da Pierre Puget. Interessanti anche gli affreschi eseguiti da Giacomo Boni e la tela raffigurante "San Filippo in estasi" di Simon Dubois.
Questo Santuario venne riedificato nel XVII secolo mantenendo l'originario campanile in stile Romanico e una cripta risalente al XI secolo ancora oggi visitabile. Gli affreschi all'interno sono opera di Giovanni Raffaele Badaracco, Giovanni Battista Resoaggi e Paolo Gerolamo Brusco. Le tele sugli altari sono invece opera di Antonio Maria e Paolo Gerolamo Piola.
Nostra Signora delle Grazie al Molo
Piazza delle Grazie
Questo Santuario venne riedificato nel XVII secolo mantenendo l'originario campanile in stile Romanico e una cripta risalente al XI secolo ancora oggi visitabile. Gli affreschi all'interno sono opera di Giovanni Raffaele Badaracco, Giovanni Battista Resoaggi e Paolo Gerolamo Brusco. Le tele sugli altari sono invece opera di Antonio Maria e Paolo Gerolamo Piola.
Eretto nel '400, l'oratorio assunse l'attuale aspetto barocco nella prima metà del Seicento, quando negli spazi delimitati dalle lesene e nel presbiterio furono inseriti i dodici grandi quadri per cui è famoso: non a caso è stato definito un museo della storia dell'arte genovese del '600, con opere dipinte da alcuni dei maggiori artisti liguri del tempo. La magnifica raccolta presenta firme ilustri: Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i Mori"), G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a re Ferdinando" e "Martirio di San Giacomo"), Valerio Castello ("San Pietro battezza San Giacomo"), Giovanni Domenico Cappellino ("Predicazione dell'apostolo"), Domenico Piola ("Martirio del santo"), Giovanni Lorenzo Bertolotto ("L'invenzione della spoglia") e Aurelio Lomi ("I figli di Zebedeo presentati a Gesù"). La quadreria è assai significativa anche perchè le tele rappresentano i momenti più importanti della vita e dell'iconografia di San Giacomo, e sono state donate da singoli o da gruppi di confratelli. Difatti la chiesa è sede di una delle confraternite che nel Sei e Settecento furono protagoniste - in un trionfo di stendardi, crocifissi e gruppi scolpiti coperti d'oro e argento - delle famose processioni delle "casacce". L'oratorio conserva pure una cassa d'organo e un gruppo processionale, entrambi opera del marsigliese H. Pellè, oltre a tre crocifissi e sei panconi settecenteschi; dal 1987 sono in corso lavori di restauro.
Oratory of San Giacomo della Marina
14-15 Mura delle Grazie
Eretto nel '400, l'oratorio assunse l'attuale aspetto barocco nella prima metà del Seicento, quando negli spazi delimitati dalle lesene e nel presbiterio furono inseriti i dodici grandi quadri per cui è famoso: non a caso è stato definito un museo della storia dell'arte genovese del '600, con opere dipinte da alcuni dei maggiori artisti liguri del tempo. La magnifica raccolta presenta firme ilustri: Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i Mori"), G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a re Ferdinando" e "Martirio di San Giacomo"), Valerio Castello ("San Pietro battezza San Giacomo"), Giovanni Domenico Cappellino ("Predicazione dell'apostolo"), Domenico Piola ("Martirio del santo"), Giovanni Lorenzo Bertolotto ("L'invenzione della spoglia") e Aurelio Lomi ("I figli di Zebedeo presentati a Gesù"). La quadreria è assai significativa anche perchè le tele rappresentano i momenti più importanti della vita e dell'iconografia di San Giacomo, e sono state donate da singoli o da gruppi di confratelli. Difatti la chiesa è sede di una delle confraternite che nel Sei e Settecento furono protagoniste - in un trionfo di stendardi, crocifissi e gruppi scolpiti coperti d'oro e argento - delle famose processioni delle "casacce". L'oratorio conserva pure una cassa d'organo e un gruppo processionale, entrambi opera del marsigliese H. Pellè, oltre a tre crocifissi e sei panconi settecenteschi; dal 1987 sono in corso lavori di restauro.
Posto frontemare a fianco della chiesa di San Salvatore, l'oratorio di Sant'Antonio Abate risale al primo decennio del XVII secolo; fu edificato come sede della "casaccia" (confraternita) omonima , e si arricchì (soprattutto nel Seicento) di un'importante quadreria, oggi in gran parte dispersa. Soppresso durante il periodo napoleonico, fu riaperto al culto nel 1816; nel 1828 subì un profondo restauro, sotto la guida di Carlo Barabino (autore del progetto) e con la collaborazione dello scultore Ignazio Peschiera. L'interno - pur senza poter più vantare il corredo artistico di un tempo - conserva ancora alcuni pezzi notevoli: una tavola coi "Santi Antonio e Paolo eremita" dovuta a Luca Cambiaso; il "Cristo Bianco" (1710), una tra le opere più significative di Anton Maria Maragliano; "San Giacomo Maggiore che abbatte i Mori", cassa processionale attribuita a Pasquale Navone; e il "Cristo Moro", crocifisso processionale di Domenico Bissoni (1639), assai popolare un tempo tra i Genovesi per la preziosità dei materiali di cui è composto (legni pregiati per la scultura del Cristo, rivestimento di tartaruga con decorazioni in oro e argento per la croce). Il "Cristo Moro" e la cassa del Navone non fanno parte del patrimonio storico di Sant'Antonio Abate, ma provengono dall'oratorio di San Giacomo delle Fucine, demolito nel 1872 per il tracciamento di via Roma.
Oratorio di Sant'Antonio Abate
Piazza Sant'Antonio Abate
Posto frontemare a fianco della chiesa di San Salvatore, l'oratorio di Sant'Antonio Abate risale al primo decennio del XVII secolo; fu edificato come sede della "casaccia" (confraternita) omonima , e si arricchì (soprattutto nel Seicento) di un'importante quadreria, oggi in gran parte dispersa. Soppresso durante il periodo napoleonico, fu riaperto al culto nel 1816; nel 1828 subì un profondo restauro, sotto la guida di Carlo Barabino (autore del progetto) e con la collaborazione dello scultore Ignazio Peschiera. L'interno - pur senza poter più vantare il corredo artistico di un tempo - conserva ancora alcuni pezzi notevoli: una tavola coi "Santi Antonio e Paolo eremita" dovuta a Luca Cambiaso; il "Cristo Bianco" (1710), una tra le opere più significative di Anton Maria Maragliano; "San Giacomo Maggiore che abbatte i Mori", cassa processionale attribuita a Pasquale Navone; e il "Cristo Moro", crocifisso processionale di Domenico Bissoni (1639), assai popolare un tempo tra i Genovesi per la preziosità dei materiali di cui è composto (legni pregiati per la scultura del Cristo, rivestimento di tartaruga con decorazioni in oro e argento per la croce). Il "Cristo Moro" e la cassa del Navone non fanno parte del patrimonio storico di Sant'Antonio Abate, ma provengono dall'oratorio di San Giacomo delle Fucine, demolito nel 1872 per il tracciamento di via Roma.
Il santuario della Madonetta é dedicato a Nostra Signora Assunta di Carbonara e si trova al culmine dell'omonima creuza, che sale da corso Firenze con secchi tornanti, aprendosi in suggestivi scorci panoramici sulla citt?. E' anche facilmente raggiungibile con la funicolare Zecca - Righi (che parte da Largo Zecca, nel centro di Genova) scendendo alla fermata "Madonnetta". Costruito tra il 1695 e il 1696 per gli Agostiniani dall'architetto imperiese Antonio Maria Ricca, nel luogo dove nel 1689 il predicatore Carlo Giacinto di Santa Maria aveva posto una statua in alabastro della Vergine, l'edificio - di mosse forme barocche - ? preceduto da un caratteristico sagrato, pavimentato a "rissoeu" (ciottoli bianchi e neri) disegnato d Bartolomeo Storace nel 1732. Lungo il perimetro del muro di cinta si apre una nicchia contenente la "Piet?, gruppo marmoreo di Domenico Parodi. L'interno, a navata unica, presenta una forma vagamente ovale; la zona centrale ha sei cappelle, ed ? unita al presbiterio (sopraelevato per la presenza della cripta) da due rampe di scale. La chiesa ? impreziosita dagli affreschi realizzati nel 1697 da Bartolomeo Guidobono: egli dipinse l'"Incoronazione della Vergine" sulla volta dello scurolo (ambiente ricavato sotto l'alto presbiterio), e la "Cena in Emmaus" - con la sua ricca cornice a cartella - sulla parete del refettorio del convento. Del corredo artistico fanno anche parte: la venerata statua gaginesca della "Madonnetta" e la "Piet?", gruppo ligneo di Anton Maria Maragliano (1733); "Ges? e i Santi Giacomo e Giovanni" di Giovanni Battista Paggi (1620); una tavola cinquecentesca con "L'Annunciazione" e l'"Assunta", piccola tela del Guidobono (entrambe in sacrestia). Il santuario della Madonnetta ospita il bellissimo Presepe (visitabile durante tutto l'arco dell'anno), con statuine del '600 e '700 inserite in uno scenario che ricostruisce angoli e mestieri dell'antica Genova.
Convent Sanctuary of Madonnetta
5 Salita della Madonnetta
Il santuario della Madonetta é dedicato a Nostra Signora Assunta di Carbonara e si trova al culmine dell'omonima creuza, che sale da corso Firenze con secchi tornanti, aprendosi in suggestivi scorci panoramici sulla citt?. E' anche facilmente raggiungibile con la funicolare Zecca - Righi (che parte da Largo Zecca, nel centro di Genova) scendendo alla fermata "Madonnetta". Costruito tra il 1695 e il 1696 per gli Agostiniani dall'architetto imperiese Antonio Maria Ricca, nel luogo dove nel 1689 il predicatore Carlo Giacinto di Santa Maria aveva posto una statua in alabastro della Vergine, l'edificio - di mosse forme barocche - ? preceduto da un caratteristico sagrato, pavimentato a "rissoeu" (ciottoli bianchi e neri) disegnato d Bartolomeo Storace nel 1732. Lungo il perimetro del muro di cinta si apre una nicchia contenente la "Piet?, gruppo marmoreo di Domenico Parodi. L'interno, a navata unica, presenta una forma vagamente ovale; la zona centrale ha sei cappelle, ed ? unita al presbiterio (sopraelevato per la presenza della cripta) da due rampe di scale. La chiesa ? impreziosita dagli affreschi realizzati nel 1697 da Bartolomeo Guidobono: egli dipinse l'"Incoronazione della Vergine" sulla volta dello scurolo (ambiente ricavato sotto l'alto presbiterio), e la "Cena in Emmaus" - con la sua ricca cornice a cartella - sulla parete del refettorio del convento. Del corredo artistico fanno anche parte: la venerata statua gaginesca della "Madonnetta" e la "Piet?", gruppo ligneo di Anton Maria Maragliano (1733); "Ges? e i Santi Giacomo e Giovanni" di Giovanni Battista Paggi (1620); una tavola cinquecentesca con "L'Annunciazione" e l'"Assunta", piccola tela del Guidobono (entrambe in sacrestia). Il santuario della Madonnetta ospita il bellissimo Presepe (visitabile durante tutto l'arco dell'anno), con statuine del '600 e '700 inserite in uno scenario che ricostruisce angoli e mestieri dell'antica Genova.
Raggiungibile con la NaveBus che parte dal Porto Antico, il complesso formato dalla villa e dal parco storico naturale fu realizzato tra il 1840 e il 1846 per volere di Ignazio Alessandro Pallavicini, nipote della marchesa Clelia Durazzo, che ne affidò la progettazione e la realizzazione a Michele Canzio (1787-1868), scenografo del teatro Carlo Felice e insegnante presso l'Accademia ligustica di belle arti.[1] All'inaugurazione, che si tenne nel 1846, in concomitanza con l'VIII Congresso degli Scienziati Italiani, parteciparono numerosi studiosi botanici invitati dal marchese Pallavicini.[4] La villa, in stile neoclassico, edificata in posizione dominante sulla collina di San Martino, alle spalle di Pegli, è il risultato del rifacimento del palazzo di villeggiatura settecentesco appartenuto a Giovanni Battista Grimaldi, doge della Repubblica di Genova dal 1752 al 1754 dal quale la proprietà passò per via ereditaria ad altri esponenti della famiglia Grimaldi. Il nipote Giuseppe, figlio di un altro doge, Pier Francesco Grimaldi, sposò Clelia Durazzo, appartenente ad un'altra importante famiglia genovese, botanica di fama internazionale, che nel 1794 fece realizzare il giardino botanico che porta il suo nome. Giuseppe Grimaldi morì nel 1820, Clelia Durazzo, ritiratasi nella villa dopo la morte del marito, vi morì nel 1837. I coniugi Grimaldi non avevano eredi diretti e quindi nel 1840, dopo una contrastata successione, il complesso divenne proprietà di Ignazio Alessandro Pallavicini, lontano nipote della marchesa. Affresco nel fortino Il complesso architettonico di Villa Durazzo Pallavicini non rappresenta una semplice riproposizione delle ville nobiliari suburbane dei secoli precedenti, edificate come sfarzosi luoghi di svago delle famiglie patrizie, esclusivi ed autocelebrativi: il rifacimento voluto da Ignazio Pallavicini, in forme neoclassiche e rielaborato nell'ottica del romanticismo, in linea con il pensiero artistico e culturale dell'epoca, si inquadrava nel contesto del rinnovamento urbanistico di Pegli, che di lì a poco, grazie anche alla costruzione della ferrovia Genova-Voltri, si sarebbe affermata come centro turistico di rinomanza europea. Il suo parco romantico, aperto al pubblico, sia pure a pagamento, a differenza degli esclusivi giardini delle antiche ville patrizie, divenne da subito motivo di grande richiamo vantando annualmente migliaia di visitatori.[1][6][7][8] Negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento si confermò il ruolo della villa come punto di attrazione della cittadina.[8] Da Ignazio Pallavicini, morto nel 1871, la villa passò alla figlia Teresa, moglie di Marcello Durazzo, entrambi unici discendenti delle rispettive famiglie, e da loro al nipote Giacomo Filippo Durazzo Pallavicini, che ottenne il diritto a portare il doppio cognome, da cui l'attuale denominazione, morto nel 1921. La vedova Matilde Giustiniani la donò al comune di Genova nel 1928, con il vincolo di destinare l'edificio ad uso culturale e mantenere il parco aperto al pubblico. Dal 1936 il palazzo ospita il museo di archeologia ligure.[ Negli anni sessanta il parco subì gravi danni in seguito ai lavori di costruzione della sottostante galleria autostradale, che ne causarono la chiusura, protrattasi fino alla fine degli anni ottanta. Dopo lunghi lavori di restauro il parco è stato riaperto al pubblico nel 1992. Terminati altri lavori di risistemazione iniziati nel 2014, che hanno comportato limitazioni alle visite, il parco è stato definitivamente riaperto al pubblico a settembre 2016.
43 recommandé par les habitants
Villa Durazzo Pallavicini
13 Via Ignazio Pallavicini
43 recommandé par les habitants
Raggiungibile con la NaveBus che parte dal Porto Antico, il complesso formato dalla villa e dal parco storico naturale fu realizzato tra il 1840 e il 1846 per volere di Ignazio Alessandro Pallavicini, nipote della marchesa Clelia Durazzo, che ne affidò la progettazione e la realizzazione a Michele Canzio (1787-1868), scenografo del teatro Carlo Felice e insegnante presso l'Accademia ligustica di belle arti.[1] All'inaugurazione, che si tenne nel 1846, in concomitanza con l'VIII Congresso degli Scienziati Italiani, parteciparono numerosi studiosi botanici invitati dal marchese Pallavicini.[4] La villa, in stile neoclassico, edificata in posizione dominante sulla collina di San Martino, alle spalle di Pegli, è il risultato del rifacimento del palazzo di villeggiatura settecentesco appartenuto a Giovanni Battista Grimaldi, doge della Repubblica di Genova dal 1752 al 1754 dal quale la proprietà passò per via ereditaria ad altri esponenti della famiglia Grimaldi. Il nipote Giuseppe, figlio di un altro doge, Pier Francesco Grimaldi, sposò Clelia Durazzo, appartenente ad un'altra importante famiglia genovese, botanica di fama internazionale, che nel 1794 fece realizzare il giardino botanico che porta il suo nome. Giuseppe Grimaldi morì nel 1820, Clelia Durazzo, ritiratasi nella villa dopo la morte del marito, vi morì nel 1837. I coniugi Grimaldi non avevano eredi diretti e quindi nel 1840, dopo una contrastata successione, il complesso divenne proprietà di Ignazio Alessandro Pallavicini, lontano nipote della marchesa. Affresco nel fortino Il complesso architettonico di Villa Durazzo Pallavicini non rappresenta una semplice riproposizione delle ville nobiliari suburbane dei secoli precedenti, edificate come sfarzosi luoghi di svago delle famiglie patrizie, esclusivi ed autocelebrativi: il rifacimento voluto da Ignazio Pallavicini, in forme neoclassiche e rielaborato nell'ottica del romanticismo, in linea con il pensiero artistico e culturale dell'epoca, si inquadrava nel contesto del rinnovamento urbanistico di Pegli, che di lì a poco, grazie anche alla costruzione della ferrovia Genova-Voltri, si sarebbe affermata come centro turistico di rinomanza europea. Il suo parco romantico, aperto al pubblico, sia pure a pagamento, a differenza degli esclusivi giardini delle antiche ville patrizie, divenne da subito motivo di grande richiamo vantando annualmente migliaia di visitatori.[1][6][7][8] Negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento si confermò il ruolo della villa come punto di attrazione della cittadina.[8] Da Ignazio Pallavicini, morto nel 1871, la villa passò alla figlia Teresa, moglie di Marcello Durazzo, entrambi unici discendenti delle rispettive famiglie, e da loro al nipote Giacomo Filippo Durazzo Pallavicini, che ottenne il diritto a portare il doppio cognome, da cui l'attuale denominazione, morto nel 1921. La vedova Matilde Giustiniani la donò al comune di Genova nel 1928, con il vincolo di destinare l'edificio ad uso culturale e mantenere il parco aperto al pubblico. Dal 1936 il palazzo ospita il museo di archeologia ligure.[ Negli anni sessanta il parco subì gravi danni in seguito ai lavori di costruzione della sottostante galleria autostradale, che ne causarono la chiusura, protrattasi fino alla fine degli anni ottanta. Dopo lunghi lavori di restauro il parco è stato riaperto al pubblico nel 1992. Terminati altri lavori di risistemazione iniziati nel 2014, che hanno comportato limitazioni alle visite, il parco è stato definitivamente riaperto al pubblico a settembre 2016.
La chiesa, intitolata anche a Gesù e Maria, fu costruita alla fine del Quattrocento su un terreno acquistato nel 1487 dal nobile Ludovico Centurione allo scopo di costruirvi un convento per i Padri Minimi, l'ordine religioso fondato da S. Francesco da Paola. Secondo la tradizione sarebbe stato lo stesso santo, di passaggio a Genova nel 1483, ad indicare il colle come sede di una chiesa intitolata a Gesù e Maria. La chiesa fu completamente rifatta nella forma attuale nel XVII secolo, per iniziativa di Veronica Spinola, principessa di Molfetta. Nell'Ottocento il convento fu espropriato dal governo sabaudo, tornando successivamente all'ordine religioso. Nel 1930 il santuario fu elevato a dignità di basilica dal papa Pio XI. Gravemente danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale fu sottoposto a lunghi lavori di restauro completati solo nel 1970.
Sanctuary of St. Francis of Paola
44 Salita S. Francesco da Paola
La chiesa, intitolata anche a Gesù e Maria, fu costruita alla fine del Quattrocento su un terreno acquistato nel 1487 dal nobile Ludovico Centurione allo scopo di costruirvi un convento per i Padri Minimi, l'ordine religioso fondato da S. Francesco da Paola. Secondo la tradizione sarebbe stato lo stesso santo, di passaggio a Genova nel 1483, ad indicare il colle come sede di una chiesa intitolata a Gesù e Maria. La chiesa fu completamente rifatta nella forma attuale nel XVII secolo, per iniziativa di Veronica Spinola, principessa di Molfetta. Nell'Ottocento il convento fu espropriato dal governo sabaudo, tornando successivamente all'ordine religioso. Nel 1930 il santuario fu elevato a dignità di basilica dal papa Pio XI. Gravemente danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale fu sottoposto a lunghi lavori di restauro completati solo nel 1970.
La Lanterna di Genova è il terzo faro più antico al mondo(o semplicemente "Lanterna", in genovese a Lanterna de Zena o a Lanterna) è il faro portuale del capoluogo della Liguria, la città un tempo definita la Superba o Dominante dei mari. Oltre che strumento indispensabile alla navigazione notturna delle navi in entrata ed uscita dal porto, la Lanterna è anche il monumento simbolo cittadino, quasi un totem alla genovesità, e come tale fa parte della storia della città. Con i suoi settantasette metri è il faro più alto del Mediterraneo ed il secondo in Europa dopo il Faro di Île Vierge, nel dipartimento francese di Finistère, che nel 1902 tolse alla Lanterna il primato superandola in altezza di circa cinque metri. Risulta attualmente essere il quinto faro più alto del mondo ed il secondo, sempre dietro quello di Île Vierge, fra quelli tradizionali, ossia costruiti dalle rispettive autorità portuali con lo scopo primario di supporto alla navigazione. Considerata nella sua monumentalità, che comprende anche lo storico scoglio sul quale si poggia, raggiunge i 117 metri d'altezza. L'edificio consiste in una torre su due ordini di sezione quadrata con terrazza alla sommità di ciascun ordine. Costruito nella sua struttura attuale nel 1543, è inoltre il terzo faro più antico al mondo fra quelli tuttora in attività, dopo la Torre di Hércules, faro della città spagnola di La Coruña e il faro di Kõpu, sull'isola estone di Hiiumaa.
62 recommandé par les habitants
Phare de Gênes
Rampa della Lanterna
62 recommandé par les habitants
La Lanterna di Genova è il terzo faro più antico al mondo(o semplicemente "Lanterna", in genovese a Lanterna de Zena o a Lanterna) è il faro portuale del capoluogo della Liguria, la città un tempo definita la Superba o Dominante dei mari. Oltre che strumento indispensabile alla navigazione notturna delle navi in entrata ed uscita dal porto, la Lanterna è anche il monumento simbolo cittadino, quasi un totem alla genovesità, e come tale fa parte della storia della città. Con i suoi settantasette metri è il faro più alto del Mediterraneo ed il secondo in Europa dopo il Faro di Île Vierge, nel dipartimento francese di Finistère, che nel 1902 tolse alla Lanterna il primato superandola in altezza di circa cinque metri. Risulta attualmente essere il quinto faro più alto del mondo ed il secondo, sempre dietro quello di Île Vierge, fra quelli tradizionali, ossia costruiti dalle rispettive autorità portuali con lo scopo primario di supporto alla navigazione. Considerata nella sua monumentalità, che comprende anche lo storico scoglio sul quale si poggia, raggiunge i 117 metri d'altezza. L'edificio consiste in una torre su due ordini di sezione quadrata con terrazza alla sommità di ciascun ordine. Costruito nella sua struttura attuale nel 1543, è inoltre il terzo faro più antico al mondo fra quelli tuttora in attività, dopo la Torre di Hércules, faro della città spagnola di La Coruña e il faro di Kõpu, sull'isola estone di Hiiumaa.
Secondo un atto notarile datato 1530 e conservato presso l'archivio storico della curia arcivescovile di Genova e secondo la tradizione della val Polcevera, la Madonna apparve al pastore Benedetto Pareto il 29 agosto 1490 (secondo alcuni studiosi, però, è più probabile che l'evento risalga al 1487). La Vergine chiese a Pareto di far costruire una cappella sul monte. Alcuni giorni dopo la Vergine guarì il pastore che era caduto da un albero ed era in gravissime condizioni. Questo avvenimento lo convinse a parlare delle visioni avute e a cercare aiuto per costruire la cappella.
7 recommandé par les habitants
Sanctuaire de Notre-Dame de la Garde
4 Piazza Santuario Nostra Signora della Guardia
7 recommandé par les habitants
Secondo un atto notarile datato 1530 e conservato presso l'archivio storico della curia arcivescovile di Genova e secondo la tradizione della val Polcevera, la Madonna apparve al pastore Benedetto Pareto il 29 agosto 1490 (secondo alcuni studiosi, però, è più probabile che l'evento risalga al 1487). La Vergine chiese a Pareto di far costruire una cappella sul monte. Alcuni giorni dopo la Vergine guarì il pastore che era caduto da un albero ed era in gravissime condizioni. Questo avvenimento lo convinse a parlare delle visioni avute e a cercare aiuto per costruire la cappella.
Il bacinetto di carenaggio gestito dalla Rimorchiatori Riuniti presente all'interno dell'area del Porto Antico (proprio di fronte alla Porta dei Vacca) è il più antico bacino di carenaggio in pietra del mediterraneo. Il bacinetto è ancora in funzioni ed utilizzato solitamente per la manutenzione dei rimorchiatori, anche se spesso sono visibili grandi yacht. La visita (dall'esterno, è sufficiente recarsi sul luogo) è altamente consigliata in quanto è possibile capire il funzionamento di un bacino di carenaggio. In particolar modo è interessante vedere il momento in cui la barca entra nel bacino pieno d'acqua, come viene ancorata (tramite lunghi assi di legno) in modo tale che una volta svuotato dell'acqua la barca rimanga in "piedi".
Bacinetto di Carenaggio della Rimorchiatori Riuniti
Via Antonio Gramsci
Il bacinetto di carenaggio gestito dalla Rimorchiatori Riuniti presente all'interno dell'area del Porto Antico (proprio di fronte alla Porta dei Vacca) è il più antico bacino di carenaggio in pietra del mediterraneo. Il bacinetto è ancora in funzioni ed utilizzato solitamente per la manutenzione dei rimorchiatori, anche se spesso sono visibili grandi yacht. La visita (dall'esterno, è sufficiente recarsi sul luogo) è altamente consigliata in quanto è possibile capire il funzionamento di un bacino di carenaggio. In particolar modo è interessante vedere il momento in cui la barca entra nel bacino pieno d'acqua, come viene ancorata (tramite lunghi assi di legno) in modo tale che una volta svuotato dell'acqua la barca rimanga in "piedi".
Il Galata Museo del Mare ? il pi? grande museo marittimo del Mediterraneo. L'edificio Galata ? la costruzione pi? antica sopravvissuta dell'arsenale della Repubblica. Nel '600 vi si costruivano le Galee genovesi. Oggi in continuità col passato è il luogo in cui conoscere il secolare rapporto tra l'uomo e il mare. In un allestimento innovativo e coinvolgente, le fedeli ricostruzione di una Galea genovese del '600, di un brigantino-goletta del '800, la suggestiva Sala Tempesta, la mostra "Transatlantici Italiani" e oltre 6000 oggetti originali raccontano l'affascinante avventura dell'uomo sul mare. Da Cristoforo Colombo fino al Rex.
133 recommandé par les habitants
Galata - Museo del mare
1 Calata Ansaldo De Mari
133 recommandé par les habitants
Il Galata Museo del Mare ? il pi? grande museo marittimo del Mediterraneo. L'edificio Galata ? la costruzione pi? antica sopravvissuta dell'arsenale della Repubblica. Nel '600 vi si costruivano le Galee genovesi. Oggi in continuità col passato è il luogo in cui conoscere il secolare rapporto tra l'uomo e il mare. In un allestimento innovativo e coinvolgente, le fedeli ricostruzione di una Galea genovese del '600, di un brigantino-goletta del '800, la suggestiva Sala Tempesta, la mostra "Transatlantici Italiani" e oltre 6000 oggetti originali raccontano l'affascinante avventura dell'uomo sul mare. Da Cristoforo Colombo fino al Rex.
Il Galeone "Neptune" con i suoi 63 metri di lunghezza e i 20 chilometri di cordame domina ormai da alcuni anni il porto antico di Genova, attrazione un po' kitsch ma indubbiamente attraente. Pur non essendo (chiaramente) un galeone originale, ha anch'esso una sua storia, venne infatti costruito nel 1986 come set per il film di Roman Polanski: Pirati. La fedele ricostruzione storica di un Galeone è comunque una vera e propria imbarcazione (anche se ormai da anni è ancorata nel medesimo angolo del porto Antico) immatricolata e funzionante. Tecnicamente il Galeone ha uno scafo in acciaio e un piccolo motore, ma le parti a vista sia esterne sia interne (visitabili a pagamento) sono studiate per riportare fedelmente l'imbarcazione dell'epoca.
13 recommandé par les habitants
Neptune
Molo Ponte Calvi
13 recommandé par les habitants
Il Galeone "Neptune" con i suoi 63 metri di lunghezza e i 20 chilometri di cordame domina ormai da alcuni anni il porto antico di Genova, attrazione un po' kitsch ma indubbiamente attraente. Pur non essendo (chiaramente) un galeone originale, ha anch'esso una sua storia, venne infatti costruito nel 1986 come set per il film di Roman Polanski: Pirati. La fedele ricostruzione storica di un Galeone è comunque una vera e propria imbarcazione (anche se ormai da anni è ancorata nel medesimo angolo del porto Antico) immatricolata e funzionante. Tecnicamente il Galeone ha uno scafo in acciaio e un piccolo motore, ma le parti a vista sia esterne sia interne (visitabili a pagamento) sono studiate per riportare fedelmente l'imbarcazione dell'epoca.
Il silos granario Hennebique è un'imponente costruzione (lunga 220 metri) ubicata a ridosso, sul lato di ponente, della stazione marittima. Il silos Hennebique venne costruito a fine '800 (nella parte centrale porta impresso l'anno 1901) allo scopo di contenere e smistare i carichi di grano provenienti via mare. La struttura smise di funzionare negli anni '70 e da allora è abbandonata. Il suo fascino è ancora intatto per l'imponenza del manufatto ma anche per la bellezza liberty dei particolari. Da anni è previsto lo spostamento della facoltà universitaria di ingegneria, o almeno di una parte di questa.
Hennebique
Il silos granario Hennebique è un'imponente costruzione (lunga 220 metri) ubicata a ridosso, sul lato di ponente, della stazione marittima. Il silos Hennebique venne costruito a fine '800 (nella parte centrale porta impresso l'anno 1901) allo scopo di contenere e smistare i carichi di grano provenienti via mare. La struttura smise di funzionare negli anni '70 e da allora è abbandonata. Il suo fascino è ancora intatto per l'imponenza del manufatto ma anche per la bellezza liberty dei particolari. Da anni è previsto lo spostamento della facoltà universitaria di ingegneria, o almeno di una parte di questa.
La Porta del Molo vecchio (detta anche Porta Siberia) è stata progettata e realizzata tra il 1550 e il 1553 dal grande architetto Galeazzo Alessi ed è considerata un capolavoro dell'architettura militare dell'epoca. La porta è collegata con le Mura di Malapaga da un lato e con il mandraccio (sempre in zona Porto Antico) dall'altro. Attualmente è nel pieno della zona del Porto Antico restaurata nel 1992 in occasione delle celebrazioni colombiane (500 anni della scoperta dell'America). La porta Siberia attualmente ospita all'interno un museo interamente dedicato a Emanuele Luzzati, ricavato dall'architetto Renzo Piano ristrutturando gli interni del manufatto.
Porta Siberia
La Porta del Molo vecchio (detta anche Porta Siberia) è stata progettata e realizzata tra il 1550 e il 1553 dal grande architetto Galeazzo Alessi ed è considerata un capolavoro dell'architettura militare dell'epoca. La porta è collegata con le Mura di Malapaga da un lato e con il mandraccio (sempre in zona Porto Antico) dall'altro. Attualmente è nel pieno della zona del Porto Antico restaurata nel 1992 in occasione delle celebrazioni colombiane (500 anni della scoperta dell'America). La porta Siberia attualmente ospita all'interno un museo interamente dedicato a Emanuele Luzzati, ricavato dall'architetto Renzo Piano ristrutturando gli interni del manufatto.